11.5 Il canto

11.5.1 Eloquio e canto

Nell'eloquio l'intonazione della voce varia con continuità senza mai stabilizzarsi su una frequenza particolare; quando invece tende a farsi determinata essa prende al nostro orecchio i caratteri del canto. In questo caso l'ambito tonale è solitamente maggiore che nell'eloquio così come, di solito, è maggiore l'intensità del suono emesso. Nel canto assumono importanza caratteri della voce che nell'eloquio non sono di fatto rilevanti.

11.5.2 Estensione vocale

Occorre distinguere fra possibilità d’emissione della voce e voce musicalmente utile. Il suono vocale, emesso con il comportamento respiratorio descritto per la produzione della [r] ha un'estensione di almeno una decimanona (= due ottave + una quinta) indipendentemente dalla classe vocale (vedi oltre) del soggetto. L'estensione della voce musicalmente utile è invece di circa due ottave e dipende dalla tecnica vocale adottata in funzione dei risultati perseguiti.

11.5.3 Classi vocali

La voce è un carattere antropometrico e come tale ha una variabilità. Dipende dalla costituzione dell'individuo e consente l'identificazione della persona. È inoltre un carattere sessuale secondario e come tale presenta un dimorfismo per il quale le voci femminili e quelle maschili costituiscono due gruppi separati. La differenza più evidente è che la variabilità in frequenza delle voci femminili si svolge all'ottava superiore di quelle maschili. La voce ha pure uno sviluppo legato all'età e, limitando il discorso agli aspetti musicali del fenomeno, le voci femminili e maschili in età prepuberale hanno un ambito di variabilità che rientra in quello femminile adulto. Con la pubertà nei maschi le dimensioni della laringe si accrescono più che nelle femmine mentre la posizione dell'organo nel collo si fa più bassa; la voce, cioè, "entra in muta" abbassandosi di un'ottava ed assumendo le caratteristiche maschili. La variabilità vocale è continua, ma le esigenze musicali hanno indotto i compositori a scrivere parti distinte per le voci basse, medie ed acute obbligando le voci a riunirsi in classi altrettanto distinte; dal basso all'acuto esse sono: basso, baritono, tenore (voci maschili); contralto, mezzosoprano, soprano (voci femminili). L'estensione delle diverse classi vocali è condizionata dalla tecnica vocale adottata e pertanto, parlando di cantanti, bisognerebbe indicarla specificando la tecnica cui ci si riferisce. Di fatto questo non avviene mai e pertanto in questa sede si sceglie di rimettersi all'autorità del lemma "Voce" del D.E.U.M.M. (Lupo, 1984): basso, re1-fa#3; baritono, la bem1-la3; tenore, do2-do#4; contralto, fa2-fa4; mezzosoprano: la bem2-si bem4; soprano: si2-do4. Le vicende stilistiche del melodramma ottocentesco hanno portato all'abbinamento delle classi vocali ai ruoli, motivo per cui si può genericamente dire che, nell'opera lirica, soprano e tenore sono i protagonisti, mezzosoprano e baritono gli antagonisti mentre contralto e basso rappresentano i personaggi di maggiore dignità sociale: re, sacerdoti, genitori, vecchi, ecc. Il processo di schematizzazione ha portato all'ulteriore suddivisione delle classi in sottoclassi più o meno ristrette e numerose, la cui nomenclatura dipende alquanto dall'opinione personale degli Autori, per un autorevole esempio della quale si rimanda al citato lemma del D.E.U.M.M. Ciò che importa è che i criteri di classificazione in uso sono legati a due parametri che dipendono molto dalla tecnica adottata: estensione e timbro. Quest'ultimo, peraltro valutato inevitabilmente ad orecchio, è determinante nella schematizzazione delle sottoclassi. Accade inoltre che la collocazione del cantante in una classe o sottoclasse – e quindi la tecnica vocale adottata – dipenda anche dal suo desiderio di ricoprire determinati ruoli così come dall'impostazione datagli dal maestro; questo, infatti, può sbagliare nel valutarlo o, come sovente accade, può tendere a plasmare gli allievi del suo sesso a propria immagine e somiglianza. Di qui i casi non infrequenti di passaggi da una classe vocale ad un'altra.

11.5.4 Registri

Si chiamano registri i caratteri timbrici e dinamici assunti dalla voce in relazione al comportamento fonatorio nelle diverse regioni tonali. Dato che, a seconda del tipo di accordo pneumofonico spontaneo, del tipo di tecnica adottata e del livello di studio, nelle diverse regioni vocali l'emissione può essere più o meno omogenea, è possibile individuare nelle voci dei diversi cantori uno solo, due o tre registri. La questione è controversa per il fatto che le descrizioni si riferiscono solitamente alla predilezione o all'osservazione di una e una soltanto delle tecniche possibili, assunta come quella canonica. In questa sede si ritiene opportuno attenersi al caso musicalmente peggiore: quello del 1° tipo di comportamento fonatorio, in cui il timbro vocale è diviso in tre regioni corrispondenti ai tre meccanismi laringei, riconoscendo alle tre regioni il valore di registri. I registri hanno avuto storicamente vari nomi: chi riconosceva l'esistenza di tre registri li ha chiamati "di petto", "di gola" e "di testa" oppure "inferiore" (o "grave"), "medio" e "superiore" (o "acuto") oppure ancora semplicemente "primo", "secondo" e "terzo"; chi ne riconosceva soltanto due sommando in un unico registro quello inferiore e quello medio li ha chiamati "di petto" e "di testa" oppure "di falsetto", probabilmente per indicare il registro in corrispondenza del quale le voci comuni adottano il falsetto (vedi oltre) come tecnica di emissione. Anche per i passaggi non vi è accordo perché chi riconosceva comportamenti fonatori differenziati fra il registro inferiore e il medio riteneva di poter parlare di un primo e di un secondo passaggio; chi invece non dava peso alle differenze fra il 1° e il 2° registro avvertiva soltanto la difficoltà del passaggio al 3° e quindi parlava di un unico passaggio: quello al registro acuto.

11.5.5 Tecniche vocali

Il modo di usare la voce nel canto è estremamente vario e dipende dai meccanismi pneumofonici messi in atto; quando l'impiego di questi si fa sistematico si parla di tecniche vocali. Le tecniche vocali sono un carattere culturale, che identifica di volta in volta l'ambito geografico, sociale, stilistico, ecc. in cui il canto si realizza. Nella tradizione colta occidentale le t. vocali variano entro un'area di esistenza i cui lati immaginari possono essere rappresentati da tre caratteristiche fondamentali, che tendono a limitarsi vicendevolmente: espressività (comprensibilità ed attitudine a comunicare le emozioni), agilità (attitudine ad emettere molte note brevi in poco tempo) e potenza (attitudine a generare suoni di grande intensità in tutta l'estensione). Le t. vocali, quali di solito le si intende, sono modi di usare la voce, intesi ad ottenere determinati risultati musicali. Trattare di voce cantata senza aver definito preventivamente la t. vocale cui ci si riferisce può condurre ad equivoci. In questa sede si descrive quella che si ritiene di poter definire "tecnica vocale naturale", corrispondente al comportamento fonatorio delle voci che nel gergo dei cantanti sono dette "naturali" o "impostate per natura"; dotate, cioè, "per natura" di grande estensione e di timbro tendenzialmente uniforme in tutta la stessa.

tecnica vocale naturale. Si intende definire con questo termine la condotta vocale delle voci che per costituzione anatomo-fisiologica hanno un comportamento fonatorio ottimale. Il modello ottimale di espirazione, utile ad una buona emissione vocale in postura eretta, è quello che si pone spontaneamente in atto nell'emissione di una [r] apicale prolungata, mantenuta articolata agli incisivi superiori come nella pronuncia del gruppo consonantico [tr]. In questo comportamento fonatorio il lavoro dei muscoli addominali incomincia dalla loro inserzione al pube e spreme verso l'alto la massa viscerale, che a sua volta, come già detto, fa risalire i polmoni comprimendoli contro le pareti della gabbia toracica. Con essi risale la laringe il cui equilibrio di posizione, distribuito fra la sospensione al cranio ed il sostegno dei muscoli addominali, si sposta a favore di questa seconda componente. I m. sternotiroidei in particolare svolgono funzione di vincolo fra lo sterno e la parte libera della c. tiroide. In unione con i m. cricotiroidei essi inclinano quest'ultima stirando in avanti le c. vocali (3° meccanismo). L'apertura della bocca è realizzata con un atteggiamento della mandibola tendenzialmente avanzato, il cui modello è quello della pronuncia della [b] (Fig. 11.5.1(a)). Tale atteggiamento determina una trazione sui corni superiori della cartilagine tiroide, che collabora ad inclinarla (Fig. 11.5.2(b)). La lingua, che è sostenuta dai m. addominali tramite la pila di visceri interposta e che non è impegnata a sospendere la laringe, rimane morbida e nella pronuncia delle vocali la sua punta si appoggia agli incisivi inferiori. La differenziazione dei volumi delle cavità di risonanza, necessaria a produrre le vocali è ottenuta più con i movimenti verticali della lingua che con quelli della mandibola; ne consegue che il volume della cavità faringea tende a rimanere costante mentre quello della cavità orale si definisce di volta in volta nelle misure necessarie ad ottenere vocali definite. Il risultato è un buon compromesso fra l'omogeneità del timbro e la comprensibilità della parola. Questa tecnica è ottimale anche per l'estensione tonale e per l'espressione delle emozioni. È quella a bilancio energetico minimo, ma non è la più agile né la più potente.

tecniche vocali popolari. Si usa qui il termine "popolare" per indicare sia le tecniche del canto popolare vero e proprio, sia quelle a diffusione popolare come quelle della musica leggera nelle sue varie espressioni. Ad esempio delle prime si può ricordare in Italia il canto dei montanari e delle mondine o, in America, quello in uso per gospels e spirituals. In ambiente rurale il lavoro fisico conferisce al corpo uno sviluppo muscolare armonico, di tipo atletico, ottimale per l'accordo pneumofonico e ne è prova il basso numero di voci stonate che vi si incontra. Contemporaneamente, però, l'impegno costante della laringe nello sforzo muscolare abitua l'organo ad una contrazione attiva anche nella fonazione. I registri usati sono di solito il primo ed il secondo in quanto l'abitudine alla chiusura della laringe negli sforzi muscolari rende difficile il passaggio al terzo. Il fenomeno è comune agli atleti. Da tutto questo derivano comportamenti fonatori del 3° tipo, che, essendo canto di forza, sono adatti a dare dimostrazione di prestanza vocale così come a comunicare emozioni evidenti, la cui espressione implica energia fisica. Sono codificate dalla tradizione e sono in via d’estinzione come gran parte delle forme culturali tradizionali. Le tecniche vocali della musica leggera sono in continua evoluzione.

 

Fig. 11.5.1 (a) Tecnica naturale: Luca della Robbia (1400-1482), Putto cantore (Firenze, Museo di S. Maria del Fiore, particolare da un bassorilievo. (b) Inclinazione della cartilagine tiroide per trazione della mandibola sui corni superiori della stessa nella tecnica naturale, raffigurata da Luca della Robbia. (c) Azione dei muscoli inclinatori della cartilagine tiroide nella manovra "a sbadiglio"

 

Al momento in cui si scrivono queste note si osserva la tendenza a conservare nel canto le caratteristiche timbriche ed espressive della voce parlata con l’uso di comportamenti fonatori che variano fra il 1° e il 3° tipo. Dato che l’amplificazione elettrica risolve all'origine i problemi di volume, l’aumento dell’estensione è ottenuto di preferenza scendendo sotto i limiti musicalmente utili della voce non amplificata. L’effetto timbrico di acuto è raggiunto con il comportamento vocale del grido anche se l’estensione effettiva della voce tende a restare nei limiti del 2° registro. L’uso del falsetto (vedi oltre), che almeno nella cultura occidentale era pratica tipicamente maschile, si sta diffondendo come effetto espressivo anche tra le voci femminili. Nel momento attuale, inoltre, si ascoltano nasalizzazioni che talvolta sembra ragionevole ricondurre a scelte estetiche e talaltra a manovre tendenti all'inclinazione forzata della laringe per il passaggio al 3° registro.

tecniche vocali dotte. Le tecniche vocali dotte odierne sono quasi sempre tributarie di quella inventata in Italia verso il 1830 forse dal tenore Domenico Donzelli (Della Corte, 1933). L'ingrandirsi dei teatri e l'ampliamento degli organici orchestrali avevano portato allo squilibrio, in seguito ulteriormente accentuatosi, fra la potenza acustica della grande orchestra e quella delle voci (Arteaga, 1783). La tecnica fino ad allora usata per incrementare la potenza della voce era quella di "incanalare" la lingua (Mancini, 1777). Con questa manovra, che impegna sia i muscoli della lingua che quelli abbassatori dell'osso ioide e inclinatori della cartilagine tiroide, il suono emesso è sensibilmente più forte di quello spontaneo. Altro modo di incrementare la potenza della voce era ed è quello di aumentare l'energia delle manovre muscolari proprie del canto d'agilità. È ragionevole argomentare che, unendole ed esasperandole, qualcuno sia arrivato all'abbassamento della laringe in modo riconducibile allo sbadiglio così come si fa nella maggior parte di quelle odierne (Fig. 11.5.1(c)). Nella sua forma originale quella tecnica, che conosciamo bene perché descritta compiutamente da Manuel Garçia (Garçia, 1847), era pericolosa per la salute vocale come fa sospettare la brevità delle carriere di molti cantanti e come risulta certamente dai documenti medici dell'epoca (Bennati, 1834). Si deve forse a quest'inconveniente e ai tentativi messi in atto per ovviarvi il disorientamento della vocalità che seguì (Della Corte, 1933).

Le differenze culturali e le evoluzioni del gusto portarono all'ulteriore invenzione di tecniche la cui varietà è in gran parte da studiare e collocare sistematicamente nonché troppo vasta perché la si possa affrontare in questa sede. Anche l’osservatore inesperto, però, può osservare macroscopiche differenze fra i diversi cantori per quanto riguarda l’articolazione della mandibola e la respirazione. La prima può variare fra la spinta in avanti come nella pronuncia della [b] e la rotazione in basso come in uno sbadiglio vero e proprio. Gli effetti sono il tipo di trazione esercitata sulla cartilagine tiroide e lo spostamento in avanti o all’indietro della parete anteriore della cavità faringea con cambiamenti evidenti nel colore del suono vocale. Le conseguenze dei diversi tipi di respirazione sono costituite dai riflessi della contrazione della muscolatura addominale su quella della laringe e sulla lunghezza del canale vocale (risonanze) in funzione dei movimenti respiratori.

falsetto. Si intende con questo termine la voce emessa con tecnica artificiosa nella tessitura corrispondente al registro di testa ottenendo, nel caso degli uomini, un timbro simile a quello della voce infantile o femminile. Sembra ragionevole far risalire il termine al significato di "voce falsa" o "voce finta" (Caccini, 1601). Il f. è pratica ancora viva in alcune tradizioni culturali, p.es. quelle dei montanari svizzeri, bavaresi e tirolesi, che ne fanno uso nello "jodler". In ambito colto questo tipo di voce, che in epoca rinascimentale e barocca, fu coltivato particolarmente in ambiente francese (Bacilly, 1679), è stato riportato in auge dalla riviviscenza della musica antica ed ha oramai diffusione internazionale. Nella musica leggera al momento in cui si scrivono queste note ne fanno uso sempre più frequente sia le voci maschili, sia quelle femminili per ottenere effetti particolari nella tessitura che supera i limiti del secondo registro. La voce di f. è ottenuta chiudendo la parte posteriore delle corde vocali con una contrazione stabile, lasciandone vibrare quella anteriore e controllando l'intonazione con il 2° e il 3° meccanismo. Fattore fondamentale di questa tecnica è la stabilizzazione dell'impedenza acustica del canale vocale, ottenuta con un comportamento fonatorio atto ad indurne valori che favoriscano la vibrazione delle corde vocali ad un'ottava sopra quella fisiologica (stabilità del volume della cavità faringea).

11.5.6 Vibrato

Il vibrato è una caratteristica peculiare della voce, che consiste nella modulazione di bassa frequenza (4,5-6 oscillazioni al secondo) dell'intonazione, dell'intensità e del timbro (Fig. 11.5.3). La sua ampiezza aumenta con l'intensità del suono emesso; allora esso può essere palpato sul collo come movimento periodico d'inclinazione in avanti della cartilagine tiroide. In certi casi i movimenti corrispondenti al v. possono essere osservati come escursioni verticali del "pomo d'Adamo" e, attraverso la bocca aperta, della base della lingua. L'interazione fra l'elasticità della parete addominale e la resistenza opposta alla fuoruscita dell'aria dalle corde vocali in vibrazione dà luogo a variazioni periodiche di pressione, che determinano lievi risalite e discese della laringe. La cartilagine tiroide, trattenuta in avanti dai m. sternotiroidei, s'inclina maggiormente incrementando altrettanto periodicamente la tensione delle corde vocali (Fig. 11.5.2) e la frequenza del suono (Fig. 11.5.3). Le escursioni verticali della laringe determinano anche variazioni di forma e di lunghezza del canale vocale, che imprimono lievi modificazioni alla struttura formantica della voce. La frequenza e l'ampiezza del v. variano in particolare a seconda della tecnica vocale impiegata. Il vibrato è una componente fondamentale dell'espressione delle emozioni e, spontaneo per motivi fisici analoghi a quelli della voce negli strumenti a fiato, è riprodotto artificialmente dagli strumenti ad arco con l'oscillazione del dito sulla corda o per battimento fra due file di canne opportunamente accordate nel registro dell'organo, detto appunto "voce umana".

 

Fig. 11.5.2 Movimento periodico d’inclinazione in avanti della cartilagine tiroide nella formazione del vibrato

 

Fig. 11.5.3 Spettrogrammi delle parole "delira dubbiosa" dall’omonima arietta (battute 9-11) del Metodo pratico di Canto Italiano per Camera in 15 Lezioni di Nicola Vaccaj, recitate (esempio superiore) e cantate dallo stesso tenore con tecnica da camera (esempio medio) e lirica (esempio inferiore). Nei due esempi cantati è evidente la modulazione di bassa frequenza dell’intonazione e dell’intensità, detta "vibrato".

11.5.7 Stonazione

L'incapacità di dare alle note l'intonazione desiderata o stonazione può dipendere dall'incapacità di riconoscere l'altezza dei suoni o, come più frequentemente accade, dall'incapacità fonatoria di emettere le note desiderate. Il primo caso rientra nell'amusia o sordità all'altezza dei suoni, che è congenita; il secondo dipende da un insufficiente coordinamento fonatorio. Quando l'accordo fra i movimenti respiratori e quelli della laringe è inadeguato può accadere che tutto il lavoro muscolare, necessario al controllo fine dell'intonazione sia scaricato sulla muscolatura intrinseca della laringe. In questo caso l'organo si comporta come se non avesse la forza per intonare e si sforzasse di farlo per tentativi. Nei casi più lievi è sufficiente una rieducazione fatta dando all'orecchio il ruolo di guida principale. Nei casi più gravi l'accordo pneumofonico necessario può essere ricostituito in via provvisoria con il controllo volontario della meccanica respiratoria e l'eventuale aiuto manuale da parte di un assistente. In questi casi, superata una certa soglia di coordinamento il soggetto stonato intona di colpo. Risultati stabili si ottengono con i metodi della fisioterapia toraco-polmonare, rivolti a costituire una corretta meccanica respiratoria (Viglione, 1959).

 

Fig. 11.5.4 (a) Aree di esistenza delle vocali italiane secondo Ferrero et al. (1979): in grigio le vocali maschili, in bianco quelle femminili. Il grafico è posto in questa sezione per essere messo a confronto diretto con quello della figura seguente. (b) Triangoli vocalici corrispondenti alle vocali delle parole "delira dubbiosa", tratte dall’omonima arietta di Nicola Vaccaj (1833), recitate (linea continua) e cantate dallo stesso tenore con tecnica da camera (linea tratteggiata) e con tecnica lirica (linea puntinata), i cui spettrogrammi appaiono alla Fig. 11.5.3

 

11.5.8 Mutazioni fonetiche nel canto

La diversa tensione cui sono sottoposte le corde vocali nel canto dà luogo ad un suono laringeo a struttura armonica diversa da quello dell'eloquio; inoltre il diverso comportamento pneumofonico altera la forma del canale vocale e le sue risonanze. Nell'emissione dei fonemi cantati la voce assume quindi strutture formantiche diverse (Fig. 11.5.3) e, al variare della tecnica vocale adottata, si determinano nuovi sistemi fonetici (Fig. 11.5.4(b)). Appaiono inoltre rinforzati gli armonici di frequenza superiore a quella delle formanti vocaliche e si parla di una formante supplementare, detta formante del canto; posta fra i 2,5 e i 3 kHz; impropriamente perché in realtà vengono rinforzate e variamente spostate formanti già esistenti nella voce parlata (Fig. 11.5.3). Al cambiare della tecnica vocale si osservano inoltre dislocamenti dell'energia acustica fra le diverse zone dello spettro con cambiamenti nell'intensità e nella larghezza di banda della formante del canto. Entro certi limiti gli spostamenti delle formanti delle vocali cantate non incidono sensibilmente sulla comprensibilità anche perché la conoscenza preventiva del testo o la sua lettura sul libretto consentono l'integrazione mentale del testo da parte dell'ascoltatore. Superati quei limiti – il che accade soprattutto nelle tecniche vocali a grande potenza – la comprensibilità diminuisce suscitando o non suscitando dissensi a seconda che l'ascoltatore sia più interessato alla parola o alla potenza della voce. Alterazioni sensibili si verificano anche a carico delle consonanti in quanto la maggiore apertura della bocca nel canto allunga i tempi di articolazione alterando pure i luoghi e l'ampiezza delle superfici di occlusione.

11.5.9 Intensità della voce in funzione dell'altezza tonale

L’attitudine della voce ad emettere suoni di intensità variabile sulla stessa nota cambia a seconda dell’altezza di questa. Tale variabilità può essere inscritta in un fonetogramma che è la rappresentazione dei valori minimi e massimi dell’intensità vocale, tracciati in funzione della frequenza della fondamentale sulle diverse vocali. I valori minimi e massimi si dispongono lungo due ellissi grossolane, una concava ed una convessa, che si intersecano delimitando un’area di esistenza della voce dall’aspetto approssimativo di un fuso sferico (Fig. 11.5.5). Genericamente si può dire che l’attitudine ad emettere suoni di intensità variabile è massima al centro dell’estensione vocale e minima ai due estremi. L’inclinazione del suo asse maggiore rappresenta bene l’attitudine a cantare piano anche negli acuti: quanto più la linea tende ad essere orizzontale tanto maggiore è questa attitudine nel cantore in esame. La dinamica vocale

 

Fig. 11.5.5 Fonetogramma

rappresentata dal fonetogramma e la sua collocazione nell’area vocale statistica dipendono dalle caratteristiche anatomo-fisiologiche del soggetto, dal suo stato di salute, dal suo addestramento al canto e dalla tecnica vocale adottata.

11.5.10 Direttività della voce

L'attitudine della voce umana a propagarsi in una direzione preferenziale o direttività è funzione della sua struttura acustica. La direttività dei singoli armonici è tanto più alta quanto più alta è la loro frequenza, motivo per cui quella della voce cambia a seconda della vocale sulla cui è emessa. La direttività complessiva della voce, infine, è data dalla media delle direttività delle vocali del testo (Fig. 11.5.6). La composizione spettrale delle vocali è determinata sia dalle caratteristiche antropometriche del cantore (spettro del suono laringeo e volume delle cavità di risonanza) che dalla tecnica adottata. La direttività, inoltre, ha effetti sulla riverberazione. Ne consegue che, prendendo come riferimento l'ascolto in un teatro tradizionale a ferro di cavallo, le voci delle classi vocali basse giungono all’ascoltatore con un suono più avvolgente mentre quelle delle classi vocali acute giungono in modo più direttivo. Sono particolarmente direttive le voci emesse con tecniche rivolte segnatamente a rendere il timbro squillante.

 

Fig. 11.5.6 Direttività della voce in funzione della frequenza

 

11.5.11 Portanza della voce

In gergo teatrale è detta "portanza" l'attitudine della voce a propagarsi nello spazio. L'intensità del suono vocale diminuisce progressivamente nello spazio per assorbimento, ma gli armonici acuti si attenuano prima di quelli gravi. La distribuzione dell'energia acustica nello spettro della voce incide quindi sulla sua udibilità alle diverse distanze nel senso che, a parità di energia iniziale, le voci con armonici gravi più intensi giungono più lontano ("portano" di più). Il fenomeno interferisce con quello psicoacustico della variabilità del livello di sensazione sonora al variare della frequenza; fenomeno per il quale, a parità di energia totale e di condizioni di ascolto, le voci con energia concentrata negli armonici acuti sono percepite come più forti. È da ricordare inoltre che la banda di frequenza della "formante del canto" coincide con la zona di massima sensibilità dell'udito. Di qui il caso frequente di voci emesse con tecniche rivolte a renderne il timbro particolarmente squillante, che sono ben percepite in tutto il teatro quando la dinamica del brano musicale è a livelli bassi o medi e che quando invece i livelli dinamici sono alti, ascoltate da lontano risultano sovrastate dall'orchestra benché il direttore, che le sente da vicino, abbia la sensazione di un giusto equilibrio musicale.