Mauro Uberti
PAROLA E MUSICA:
LA COMPOSIZIONE COLLETTIVA
I quaderni del Teatro Zeta
(Anno 1987 n° 1, pp. 30-31)
Scuola e creatività
Le brevi note che seguono descrivono il metodo di lavoro da me adottato nel corso di due esperienze di educazione musicale, compiute in anni passati. La prima, durante l'anno scolastico 1972-73 presso la sezione staccata alla Piccola Casa della Divina Provvidenza (Cottolengo) della S.M.S. "G. Verga" di Torino; la seconda nel corso di Propedeutica, tenuto durante i due anni scolastici presso il Conservatorio "G. Rossini" di Pesaro. Nella prima avevo avuto come allievi gli alunni delle tre classi della scuola media (bisogna tuttavia osservare che, a causa della loro condizione particolare, l'età di quei giovani oscillava fra quelle del ragazzo normale, regolarmente iscritto alla prima classe e quella del più che ventenne handicappato, iscritti alla stessa classe); nella seconda, invece, mi ero trovato a lavorare con bambini del secondo ciclo delle elementari, iscritti a questo corso che, come dice il suo nome, doveva essere propedeutico allo studio di uno strumento musicale.
Tutti e due gli esperimenti scolastici si ispiravano alle mie esperienze di adolescente. Dotato, infatti, di una certa vena melodica, mi ero formato un'elementare tecnica compositiva e, in tempi in cui i magnetofoni non erano ancora diffusi oggetti di consumo, mi ero studiato da solo i rudimenti della scrittura musicale facendone poi un uso tutto personale per fissare su carta le idee che, in difetto, sarebbero andate perdute. Questa volta nella posizione dell'adulto e di insegnante mi ritrovai a percorrere gli stessi tragitti di allora in compagnia dei miei allievi e, poiché la nuova esperienza è venuta a riconfermare quella antica, mi è parso ragionevole riproporla al colleghi.
L'attività creativa di tipo fonetico del bambino si manifesta senza soluzione di continuità dalla lallazione neonatale fino all'invenzione di filastrocche sprovviste di senso compiuto, cantate durante giochi solitari o, per esempio, in dialoghi "a dispetto" fra coetanei. E' difficile, senza una seria e sistematica sperimentazione, stabilire quanto la cessazione di quest'attività sia dovuta al naturale esaurimento della vena inventiva, legato all'età e quanto invece alle frustrazioni dovute all'ambiente esterno ("Stai zitto, che non sai nemmeno che cosa canti!"). E' certo, però, che questa capacità creativa, opportunamente stimolata nelle occasioni scolastiche di cui mi trovo a riferire, ha dimostrato di essere ancora viva nell'età scolare dell'obbligo ed era motivo di sorpresa per gli stessi allievi che scoprivano di possedere doti insospettate.
I tentativi compiuti con le mie scolaresche per indurle all'invenzione di melodie di tipo strumentale hanno sempre dato risultati incerti. Più redditizia, almeno sul piano dei risultati immediati, si è dimostrata invece l'azione rivolta a stimolare l'invenzione di musiche vocali, dotate di testo letterario. E' parso chiaramente, infatti, che la preesistenza di parole - possibilmente dotate di ritmo - era un forte stimolo alla creazione musicale.
I tentativi rivolti a far musicare testi letterari preesistenti (p. es.: filastrocche di Rodari) hanno dato però risultati deludenti. Riuscirono perfettamente, invece, quelli rivolti a far comporre musica su parole degli stessi allievi.
Almeno negli intenti, il lavoro compositivo doveva coinvolgere tutta la classe, sia per evitare che qualcuno degli allievi potesse sentirsi trascurato, sia per insegnare una tecnica che avesse la possibilità di essere poi usata spontaneamente nell'attività creativa individuale.
I processi dell'invenzione, nel caso di una composizione vocale, sono fondamentalmente tre, che potremmo definire: classico, commerciale e globale:
- quello classico prevede la preesistenza di un testo poetico che può anche essere opera dello stesso autore della melodia e che comunque il compositore riveste di note cercando di stabilire i rapporti più stretti possibili fra musica e poesia;
- quello commerciale - usato, cioè, per la composizione delle canzonette di consumo - adotta invece come spunto iniziale una melodia che, essendo pensata per essere danzata, deve essere dotata anzitutto di un ritmo ballabile. Su questo ritmo il compositore costruisce una filza di parole senza preoccuparsi che essa abbia un significato - come potrebbe avvenire per una serie di numeri o avverbi - ma curando che abbia lo stesso ritmo della melodia. Questo scheletro ritmico passa poi in mano al cosiddetto "paroliere" il quale, sulla scorta della filza verbale ricevuta - e sovente senza conoscere la musica cui essa corrisponde - compone un testo di ritmo uguale a quello dello schema di parole ricevuto. Se tutto è andato bene, la canzonetta così composta viene "arrangiata", eseguita e messa in commercio;
- quello globale, che può prevedere la collaborazione a quattro mani di poeta e compositore o essere usato da un'unica persona quando in questa coincidano le due figure, consiste nel procedere globalmente all'ideazione della composizione vocale. Lo spunto iniziale può nascere indifferentemente dal testo o dalla melodia e le due componenti sono di stimolo reciproco per l'invenzione.
Non è il caso di discutere in questa sede sul valore dei tre metodi. Ciò che conta sono i risultati, ma nella composizione collettiva in classe, come già detto, si è dimostrato più efficiente il primo.
COMPOSIZIONE DEL TESTO POETICO
Dopo vari tentativi, attuati per ottenere la partecipazione corale dell'intera classe alla composizione del testo poetico, il metodo più efficiente che io sia riuscito ad escogitare è il seguente.
Ogni allievo viene invitato a proporre un titolo per la canzone che verrà composta, essendo stato ben specificato che esso sottintende l'esistenza di un'idea la quale dovrà poi essere espressa in parole. In questo modo si riesce a dare a tutti la possibilità di partecipare alla creazione collettiva anche se, come ogni insegnante ben sa, la partecipazione effettiva che si riesce ad ottenere in questi casi è soltanto quella di una minoranza particolarmente dotata o interessata.
I titoli proposti vengono scritti sulla lavagna, dopo di che ad ognuno dei proponenti viene chiesto di dire qual è l'argomento che dovrebbe corrispondere a quel titolo. A questo punto di solito appare che dietro alla maggior parte dei titoli proposti non esisteva alcun pensiero; tuttavia qualche idea, magari a costo di un faticoso lavoro maieutico, si riesce sempre a tirarla fuori.
Ogni risposta viene atta oggetto di votazione per alzata di mano e, ovviamente, il titolo più votato è quello che viene scelto. E' superfluo dire che, soprattutto nelle classi più giovani la scelta non verrà fatta tanto in seguito alla valutazione effettiva dell'argomento proposto quanto in relazione alla popolarità del proponente. Ma tant'è: nemmeno la democrazia è un sistema perfetto.
Partendo dalla scelta collettiva compiuta l'autore del titolo viene invitato a suggerire le prime parole. Queste vengono poi riprese, integrate, variate o sostituite con proposte successive di tutta la classe sotto la funzione stimolatrice e moderatrice dell'insegnante fino alla completa composizione del testo.
A seconda delle proprie concezioni pedagogiche e didattiche quest'ultimo potrà intervenire sulla sostanza delle idee o soltanto sulla forma poetica delle parole.
Fin qui, probabilmente, niente di nuovo rispetto ad analoghe esperienze di favori collettivi. Ciò che importa in questo caso, piuttosto, è che l'insegnante curi la metrica e la prosodia del testo che viene componendo. Un testo ritmicamente e prosodicamente poco caratterizzato, infatti, rimane stimolo insufficiente per la successiva creazione musicale. Questa ricerca sarà anche una grossa occasione per uno studio approfondito degli aspetti formali della lingua.
Ad esempio pratico di lavoro compiuto riporto un esempio, tratto dalla mia documentazione superstite, del lavoro svolto nella la classe della scuola media (S.M.S. "G. Verga" di Torino, Sezione "Cottolengo") nell'anno scolastico 1972-73.
Titolo scelto: "L'autunno";
- prima proposta: "Siamo in autunno. Le foglie secche incominciano a cadere. Ma poi verrà di nuovo la primavera e le foglie torneranno ad essere verdi. Ma poi verrà di nuovo l'autunno e le foglie seccheranno di nuovo. E verrà il vento e le porterà via. E le porterà, in un paese che non si sa";
- versione metrica finale:
Siamo in autunno.
Le foglie secche cadono già;
ritorneranno
ad esser verdi
a primavera.
Ma presto, molto presto
l'autunno tornerà;
l'ultimo sole le disseccherà.
Il vento freddo le porterà
in un paese che non si sa.
Lo sviluppo in questa forma poetica, ricordo, era stato dettato dall'osservazione che "Siamo in autunno" e "Le foglie secche" possono costituire versi quinari senza bisogno di ulteriori adattamenti.
COMPOSIZIONE DELLA MELODIA
Il metodo è legato all'uso di un registratore portatile a cassette. Sarà importante, per l'agilità del lavoro, che tale apparecchio sia dotato di un contagiri per poter ritornare velocemente e con precisione al punto desiderato per l'ascolto.
Dopo che il contagiri è stato azzerato il testo poetico viene ripresentato verso per verso e, uno alla volta, gli allievi vengono invitati a cantarlo sulla melodia che le parole avranno suggerito loro. Ogni proposta viene registrata. Alla fine del giro il nastro viene riavvolto fino a che il contagiri torna a segnare zero e, ripartendo da questo punto, tutta la registrazione viene riascoltata.
Come era avvenuto per il testo poetico, le proposte vengono fatte oggetto di scelta e di votazione per alzata di mano. La melodia preferita viene ripetuta da tutta la classe fino all'apprendimento e registrata. Viene allora proposto il secondo verso e, avendo questa volta come punto di partenza l'inciso musicale precedente, la composizione continua con gli stessi procedimenti. La melodia, composta adesso di due incisi, viene di nuovo memorizzata, cantata e registrata da tutta la classe e il lavoro continua fino ad esaurimento del testo poetico.
E' evidente che, facendo uso del registratore, la trascrizione della melodia in notazione musicale non è operazione indispensabile.
A questo primo stadio dell'esperienza compositiva la forma della composizione musicale dipenderà strettamente da quella poetica. E' ovvio che se il testo letterario avrà forma strofica anche la melodia verrà ripetuta stroficamente; se invece i versi si susseguiranno senza struttura definita, probabilmente anche la melodia proseguirà senza ripetizioni. Quando la tecnica compositiva, sia poetica che musicale, si sarà affinata sarà possibile affrontare problemi di forma, che, ovviamente, non ci si può porre ai primi tentativi.
Il discorso di tecnica musicale si ferma per ora a questo punto. Nell'occasione eventuale della continuazione in quest'esperienza potremo prendere in esame le possibilità di ammonizzazione e strumentazione a livello elementare delle melodie composte così come quelle di un'alfabetizzazione musicale degli allievi, che consenta di fissare su carta le musiche composte. Per ora mi limito ad indicare un semplice accompagnamento di chitarra e il raddoppio delle melodie con strumenti didattici (flauto dolce, strumenti "Orff", percussioni , ecc.).
Vorrei invece suggerire qualche applicazione di questo tipo di attività compositiva, che vada oltre la semplice esperienza musicale:
- brani cantati possono entrare nei testi teatrali quali componenti organici dell'azione o come musiche di scena;
- il testo teatrale può diventare una vera e propria commedia musicale o, addirittura, un'operetta;
- uscendo decisamente dal teatro di prosa si può pensare alla composizione di una brevissima opera in musica partendo dalla stesura del libretto e continuando poi con la composizione musicale.
- lavorando in collaborazione con l'insegnante di religione è possibile scrivere parafrasi, dell'ordinario della messa e, magari suddividendo il lavoro fra diverse classi, comporre una messa propria della classe o della scuola (da eseguire, per esempio, a Pasqua).
- analogamente a quanto si fa con mostre di disegno e di pittura scolastiche, si possono organizzare rassegne di composizioni individuali o collettive degli allievi o delle classi.