Mauro Uberti
LA FISIOLOGIA NELLA DIDATTICA DEL CANTO
In Educazione musicale, luglio-agosto 1973, Angelicum, Milano, pp. 100-101.
L'educazione vocale non può non costituire un problema particolare per chi si occupi di didattica della musica. La voce, infatti, se come mezzo di espressione artistica ha in comune con gli strumenti i problemi di carattere musicale, differisce da quelli per un fatto tanto semplice quanto fondamentale: lo strumentista cava musiche da un ordigno atto a generare suoni mentre il cantante usa come strumento musicale se stesso. O, per dirla in termini più precisi, il cantante piega a fini musicali un'intera sua funzione fisiologica: la fonazione.
Che la fonazione sia un capitolo della fisiologia è cosa ben nota; ma è il caso di osservare come la voce sia il risultato di attività svolte a livelli diversi: la funzione di mantice, specifica dell'apparato respiratorio, la produzione del suono ad opera della laringe e lelaborazione di questo ad opera degli organi articolatori. Il tutto, coordinato dal sistema nervoso.
Ai fini della vita di relazione la voce può essere emessa (purtroppo) anche nelle condizioni fisiche più disastrose; ma quando si tratta di usarla a fini professionali il funzionamento ed il coordinamento degli apparati responsabili devono essere tanto più perfetti quanto più alte sono le prestazioni richieste.
Il concetto da sottolineare è il seguente: una voce è utile ai fini musicali soltanto se il coordinamento di tutti gli apparati è efficiente. E per converso diremo che la buona qualità di una voce è indice del buon coordinamento dei meccanismi nervosi e muscolari necessari a produrla, più che di una loro costituzione eccezionale.
Come si vede, parlando di coordinamento si passa dalla diffusa concezione anatomica della voce (il cantante può essere tale perché «fatto» meglio dei comuni mortali) ad una concezione fisiologica (non importa tanto la qualità degli organi vocali quanto, il modo di usarli).
È il concetto espresso da sempre da medici e fisiologi e che potrebbe portare a grosse conseguenze in campo didattico: mentre l'organo non può essere modificato, ma soltanto sviluppato con lallenamento, il coordinamento può essere ottenuto con l'educazione. È quanto ci insegna la pratica clinica quotidiana.
Per parlare di educazione della voce secondo questi criteri sarebbe necessario però che la didattica abbandonasse i metodi empirici tradizionali per farsi più simile ad una pratica fisioterapica. Se ne otterrebbero. vantaggi tanto nei risultati quanto nell'economia dell'apprendimento.
Il maestro di canto è sempre svantaggiato rispetto ai suoi colleghi maestri di strumenti per l'impossibilità di vedere che cosa accade nell'allievo durante lemissione del suono, e quindi di guidarlo e di correggerlo. È possibile invece superare questo handicap per via indiretta. Con una conoscenza approfondita dell'anatomia e della fisiologia della fonazione egli può spiegare quali siano le condizioni ottimali per lemissione della voce cantata ed indicare con buona approssimazione dove, come e quanto l'allievo debba modificare la sua condotta fonatoria. L'allievo, con un certo lavoro di introspezione e guidato dalle conoscenze acquisite, può prendere coscienza di quanto avviene nei suoi organi, correggere e sviluppare l'emissione e il controllo del proprio apparato fonatorio a seconda delle necessità, fino a trasformare il suo lavoro razionale e volontario in un abito fisiologico.
Tutto questo significherebbe rendere «attivo» linsegnamento, ridurre la frequenza degli errori catastrofici, ben noti in questo campo, portare l'allievo all'optimum del suo rendimento e ridurre i tempi di apprendimento. Da parte del maestro si richiederebbe una formazione scientifica non superiore a quella richiesta ai nostri colleghi di Educazione fisica, mentre l'intervento di specialisti risolverebbe i casi di particolare difficoltà, nei quali la sua preparazione fosse inadeguata.
Le conoscenze fondamentali, necessarie a realizzare un insegnamento del tipo proposto, sono gia a nostra disposizione: la fisiologia, la fisioterapia toraco-polmonare, la fonetica, la psicologia, ecc. ci offrono già la soluzione per la maggior parte dei problemi. Quello che manca ancora è il lavoro unificatore.
Lavoro che avrebbe da essere suddiviso in due grandi branche: da un lato la raccolta e lorganizzazione delle conoscenze scientifiche ed empiriche già in nostro possesso, dall'altro ricerche scientifiche e didattiche, atte a colmare le lacune rimaste e ad adattare quanto non possa gia essere utilizzato, nella forma attuale.
I risultati sarebbero utili, oltre che alla scuola di Canto specifica, all'Educazione musicale nella scuola dell'obbligo. Non dimentichiamo, infatti, che la scarsa importanza data alla pratica vocale nasce proprio dall'impreparazione degli insegnanti ad affrontare il problema in modo razionale e che una preparazione adeguata, data nei corsi di Didattica presso i Conservatori, potrebbe essere un mezzo per restituire alla nostra cultura musicale una caratteristica che la distingueva.