GUIDO ANGELINO

Neologismi Latini

 
Si può senz'altro affermare che noi viviamo nell'età dei neologismi. Ogni lingua è oggi costretta a «battezzare» un numero crescente di oggetti, di macchine, di istituzioni, di atteggiamenti spirituali che tecnologia, evoluzione intellettuale ed evoluzione civile offrono senza tregua ai parlanti. Mai, nel passato, una così sterminata folla di novità ha bussato alla porta delle varie lingue per esservi battezzata e accolta.

L'italiano naturalmente non fa eccezione; vogliamo assaporare un manipolo di neologismi recenti? Eccoli: settore energivoro, ferro tropicalizzato, torrentismo (sport), narcodollari, videota, superaccessoriato, cassintegrati, riforme tavolinesche, mondo perbenistico, area massmidiologica...

È dunque ben naturale che anche noi, che ci, chiamiamo neolatinisti e vagheggiamo come linguaggio veicolare per tutti gli Europei di una certa cultura, il Latino colloquiale, un latino cioè dalla lineare struttura, dalla immediata comprensibilità, lontano dunque da inversioni ed eleganze stilistiche proprie del Latino classico, sentiamo la necessità di arricchirlo di neologismi, in modo che possa essere specchio idoneo della multiforme realtà di oggi.

Ci si potrebbe chiedere con quale diritto ci assumiamo questo arduo compito di   f a b b r i c a r e   neologismi. Immaginiamo che per uno strano miracolo, Cesare e Tacito riprendano vita ai nostri giorni. Senza dubbio, dinanzi alle innumerevoli nuove realtà e macchine, per riuscire ad esprimere ì loro pensieri, sarebbero costretti ad usufruire ed adattare la loro lingua Latina sì da farla idoneo veicolo delle straordinarie realtà che li circondano

Facile obiettare: «Ma questa è una fictio irrealis!» Pienamente d'accordo, ma se non possono risorgere a vita Tacito e Cesare, esistiamo noi Europei, che siamo i loro diretti discendenti; l'uomo Europeo è stato in perenne contatto con la loro lingua e la loro cultura; c'è sempre stata una fondamentale continuità spirituale tra noi e il mondo Romano. Possiamo dunque ben a ragione dirci i loro vicarii, i loro heredes substituti e sostituirci a loro nel creare tutti quei neologismi che siano in grado di esprimere le realtà odierne in tutta la loro complessità e molteplicità.

S'intende che il delicatissimo, compito di forgiare i neologismi deve essere affidato a una specie di Senatus, composto da una pattuglia di Latinisti che a una profonda conoscenza della lingua Latina e della sua storia, uniscano una geniale capacità poietica, un raffinato buon gusto e una specie di sesto senso Latino, sicché i neologismi che escano dalla loro officina siano translucidi, cioè rivelino quasi istantaneamente al lettore il loro significato, e insieme abbiano un suono e un sapore nitidamente Latini (si pensi, ad esempio, a navis glacifraga (nave rompighiaccio), segmentulae (tagliatelle), mensa dapifera (self service), biduum festivum (weekend), tapetillum (scendiletto), amaruli (amaretti), percussionalia (la batteria musicale) maxiemporium (supermercato), gumminflatum (gommone)...

Niente vieta che anche qualche solitario latinista, a cui sembri di avere buone spalle per un simile pondo, si lasci attrarre da questa squisita operazione creativa; in questo caso, offrendo il suo neologismo in qualche scritto, lo cinga di virgolette e ne ponga il significato tra parentesi, quasi a dire al lettore: «Ecco un possibile nuovo virgulto Latino; assaporalo, ascoltane il suono e se ti pare di buona lega, accoglilo nel tuo lessico Latino».

Comunque, nell'ideare neologismi, occorrerà sempre tener presente l'aureo precetto del milanese neoumanista Gian Carlo Rossi (che unisce all'attività di architetto quella di risoluto fautore della rinascita del Latino vivo e che tiene in biblioteca, mescolati ai libri moderni di architettura, il testo Latino di Vitruvio e gli Elegantiarum linguae Latinae libri VI di Lorenzo Valla): Lingua Latina sub specie quadam aeternitatis est respicienda... ut etiam posteri, volventibus annis, sensus mentis et consilia nostra intelligere queant (Latinitas, 1989, IV, pp. 289_90), siano cioè, i neologismi, dotati di una loro perenne perspicuità affinché, per i futuri lettori, in quanto composti di materiale attinto alla grande sorgiva Latina (e talvolta Greca).

C'è da dire che ormai da decenni questa eroica fatica di aggiornare il lessico Latino è stata affrontata da tutta una schiera di squisiti Latinisti, che hanno compiuto (e stanno tuttora compiendo), applicando con vigile attenzione le leggi di derivazione e basandosi sull'analogia e sull'evoluzione semantica, un imponente e originalissimo lavoro, sicché oggi il nostro neolatino, sia scritto che parlato, è in grado di trattare qualunque argomento sia di vita antica, sia di attualità, perfettamente comprensibile ad ogni Europeo che sia stato nell'adolescenza iniziato alla lingua Latina. Realizzatrici di questa esaltante impresa sono state soprattutto la Rivista Spagnola Palestra Latina, la Vaticana Latinitas, la Germanica Vox Latina; è poi da citare il Lexicon vocabulorum quae difficilius latine redduntur del Card. Antonio Bacci, il capostipite di una notevolissima fioritura di lessici, anche specifici, a disposizione di chiunque voglia oggi trattare argomenti di attualità.

Ma vediamo ora un poco da vicino questo sonoro torrente di neologismi che va a confluire e a confondere le sue acque nel gran fiume della latinità Romana, dando così origine a quello che noi chiamiamo neolatino, un ricco, ricchissimo linguaggio che accoglie in originale e audace unità l'antico e il moderno ed è in grado di farsi interprete della straordinaria complessità della vita di oggi.

Per mettere un poco d'ordine in questa variatissima moltitudine di neologismi, la divideremo in cinque classi.

La prima raccoglie quelli che potremmo chiamare neologismi adottivi e comprende tutti quei vocaboli formati da termini Greci e Latini che le lingue moderne hanno creato e accolto, piegandoli alla loro fonetica. Noi non facciamo altro che adottarli ridando loro, quando occorra, l'ortografia nativa. Ecco alcuni esempi:

hydròvora - helicopterum - telephònum - tachimetrum, - electromagneticus - bactericida - hyperglycaemia - anthropologus - microscopium electronicum - cardiologus...

Un giorno conversavo appunto sul Latino vivo col mio giovane dottore dentista, a cui l'idea di esprimere in Latino la realtà di oggi appariva poco meno che incredibile. «Ma scusi, - mi disse - come potremmo esprimere in Latino elettromagnetismo, televisione, fotogramma?» Egli evidentemente supponeva che tali realtà moderne dovessero essere espresse per mezzo di circonlocuzioni complesse e difficili.

Gli risposi sorridendo : «Nulla di più semplice! electromagnetismus, televisio, photogramma. Usando questi termini di radici Greche e Latine, noi non facciamo, in fondo, che dare a Cesare ciò che è di Cesare!»

C'è anche, da aggiungere che non infrequentemente i Romani hanno
inserito nella loro lingua parole Greche; si vedano anagnostes (lettore), barbitos (la lira), distichon, mnemòsinon (dono-ricordo), epitome, poema, aether, aer, meos, grammatica, atomus, dactylos, strategus...

E dunque, sul loro esempio, noi neolatinisti possiamo benissimo far posto nel nostro neolatino anche a termini Greci che i Romani non accolsero, ma che molte lingue moderne hanno fatto propri. Siano esempi: icasticus, acribìa, didascàlia, analysis, propaedeutica, oedèma, therapìa, phonetica....

La seconda classe comprende quelli che potremmo chiamare neologismi autentici, quelli cioè che rendono una realtà moderna usufruendo della stessa lingua Latina (con qualche prestito Greco), genialmente adattata e manipolata; ne nascono così neologismi che ci si offrono adorni di una nitida veste Latina e di un grato sapore Latini. Qui la messe è molto abbondante. Vediamone alcuni esempi.

chiusura lampo = clusura tractilis, oppure ductilis ; un acuto Latinista di Frisinga, Heinrich Reinhardt, ha proposto nectinium arreptivum, due termini che rappresentano icasticamente il connettersi delle due falde di un qualunque capo di vestiario, afferrate da due serie di denticoli incastrantisi tra loro.

fumetti = nubeculati libelli (la caratteristica dei fumetti è infatti quella di inserire le battute dei suoi protagonisti in nuvolette che paiono uscire dalle bocche).

patente di guida = diploma autocineticum.

campione = primanus (la legio primana era composta dai legionari che si erano distinti per forza e per valore). Ad es. hodie inter maximos primanos pediludii (del calcio), est certe adnumerandus Maradona.

record = vertex. Ad es.: vertex cursus centum metrorum descendit sub decem secunda.

la batteria (mus.) = percussionalia.

il dondolo = undulum.

i guardoni (les voyeurs) = oculones (è un neologismo che fotografa gli occhi spalancati ed avidi di tali... contemplatori).

un pallone imparabile = follis imprensabilis (di contro a imprensibilis (Gell.) = incomprensibile).

ballottaggio = suffragium decretorium.

intervista = percontatatio (ad es. il campione non ha concesso alcuna intervista = primanus nullam percontationem concessit.)

La terza è la classe dei cosiddetti neologismi semantici cioè di quei termini Latinissimi, che però ai giorni nostri si sono imbevuti di un significato molto più ampio e specifico, termini dunque che, letti in un contesto neolatino, sono da arricchire di quella evoluzione semantica che ne ha locupletato il significato. Eccone alcuni esempi :

cellula in Latino vale «piccola cella, cameretta»; oggi significa l'elemento fondamentale di ogni essere vivente.

missilia vale «qualunque arma da lancio»; oggi significa quei formidabili ordigni volanti, con testate esplosive.

cultura in Latino può significare o «coltivazione» (di messi, di frutti), oppure «educazione»; si ricordino i versi oraziani
        nemo adeo ferus est ut non mitescere possit
        si modo culturae patientem applicet aures
(Ep. 1, 1, 40-41).
Oggi vale «erudizione, dottrina» oppure «l'insieme dei modi di vivere e di pensare di un popolo, di una tribù, di una classe» (vedi «cultura contadina», «cultura degli Esquimesi»).

plastica in Latino significa l'arte di plasmare con la creta o con la cera; oggi richiama quel nuovo materiale creato in laboratorio, che si presta ai più vari e sorprendenti usi.

Ecco un esempio : Hodie ploxenum (la carrozzeria) autocinetorum interdum conficitur etiam plastica.

La quarta classe raduna quelli che chiamerei neologismi derivativi, vocaboli cioè che non sono attestati negli Scrittori Latini, diciamo sino a Isidoro di Siviglia (636 d.Ch.), ma che possono agevolmente e quasi spontaneamente essere estratti dalle loro singole famiglie, rinnovando quella che altrove ho chiamato «ininterrotta germinazione della possente quercia Latina.» È senza alcun dubbio un'operazione delicata e audace, che richiede cauta e callida moderazione. Vediamo qualche esempio. inoblibilis (es. ille vere fuit inoblibilis dies); negli Autori troviamo solo il participio inoblitus, da cui è spontaneo estrarre inoblibilis. Ricordiamo che Orazio ha scritto a proposito di Ulisse quello splendido ed epico verso

        adversis rerum immersabilis undis (Ep. 1, 2, 22)

e che Virgilio ed Ovidio hanno immedicabile vulnus ed immedicabile telum aggettivi in -bilis creati con innegabile audacia.
Da chorea («danza») perché non derivare choreare e choreatrix classica, dal momento che il verbo Latino saltare oggi a noi evoca nient'altro che esercizi ginnastici?

Da Obturare si derivi exturare ed exturaculum (cavatappi), termini da usare quando giocondamente si stura un ottimo spumante.

Del resto, il grande Pascoli, nel mirabile poema Fanum Vacunae non ha forse plasmato l'avverbio immemorabiliter (v. 29) proprio usando questo procedimento di attenta e ingegnosa derivazione, avverbio mai usato da alcun Autore Latino?

In questa operazione coniurent amice un sesto senso Latino, una accorta prudenza e un briciolo di audacia creatrice, operazione dunque ardua, ma non vietiamo a chi se ne senta capace, di arricchire di nuovi germogli la lingua Latina, realtà viva e dunque perennemente creatrice. Ancora qualche esempio:

desinentia da desinere - territatores (i terroristi) da territare - peculiaritas da peculiariter - dal senecano ingratitudo si derivi gratitudo. Ripeto, questo è un poco un campo minato, ove occorre una squisita sensibilità linguistica e un orecchio musicale Latino raffinato, ma non si respinga a priori una simile possibilità poietica, tanto più che nessuno può legittimamente asserire che vocaboli di tal genere, per il solo fatto di non essere documentati nelle opere superstiti Latine, non fossero nell'uso vivo della lingua.

Del resto, anche l'Italiano, come ogni lingua viva, si arricchisce di anno in anno di nuovi termini, scaturiti da derivazione.

La quinta classe consta di quei neologismi che oserei chiamare ineluttabili, come benzinium, dollarium, zerum, tabacum, gaseum, milio, miliardus... che siamo costretti, anche se obtorto collo, ad adottare. Se però il Latino vivo si diffonda per l'Europa e divenga davvero la lingua veicolare degli Europei colti, che hanno avuto in generale nell'adolescenza una iniziazione alla lingua Latina, allora essa, come qualunque lingua viva, diverrà spontaneamente creatrice e anche questi ispidi vocaboli saranno sostituiti da nuovi termini, formati da un improvviso guizzo di genialità da qualche latinista, fornito di profonda conoscenza del Latino e di brillante immaginifica fantasia. Ed è ormai tempo di ribattere a una obiezione che probabilmente è venuta sorgendo nella mente del lettore: ma questo neolatino, con la sua cartesiana linearità e con la folla di neologismi che lo impingua, merita ancora il nome di Latino?

Qui occorre chiarir bene le cose. Quando noi neolatinisti vagheggiamo la rinascita del Latino vivo, intendiamo che risorga un Latino che possa costituire un veicolo di comunicazione tra tutti gli Europei colti nel mondo di oggi, un Latino dunque che sia non solo in grado di esprimere tutte le realtà di oggi, ma che, adeguandosi allo spirito del nostro secolo, che esige limpida chiarezza e immediata comprensibilità, trascuri quella ricerca di artificiose ed eleganti inversioni e quella labirintica complessità che sono le caratteristiche del Latino aureo. Lo chiamiamo appunto neolatino per sottolinearne e l'alterità rispetto al prodigioso e aristocratico Latino classico e insieme la sua fondamentale connessione e derivazione da quello. È un Latino immerso nell'oggi e quindi con caratteristiche che l'attualità gli impone, se vuol essere veramente vivo (penso al grande antecedente storico, il Latino medievale, che ha saputo. con una accorta rielaborazione dei linguaggio di Roma, adeguarsi allo spirito e alle esigenze culturali del suo tempo e creare così un duttile strumento linguistico per tutta l'intellighenzia europea dell'epoca.)

E non si dica che, usando questo nostro neolatino, ci si troverà irrimediabilmente contaminati, sì da non essere più in grado di comprendere e di gustare fino in fondo le splendide pagine dei Classici. Ognuno di noi neolatinisti per esperienza personale sa che anzi il neolatino, oltre ad essere una straordinaria propedeutica per accedere al gran patrimonio classico, ci permette di afferrare più distintamente e di degustare più acutamente la mirabile e complessa architettura del Latino classico. Come ho già notato altrove, chi parla una lingua, anche se con piana semplicità, è per ciò stesso penetrato nell'anima di essa, ed è quindi preparato a fruire della bellezza e della musicalità dei suoi Scrittori. Nello stesso modo i nostri studenti liceali, che parlano un Italiano piuttosto grezzo e disadorno, ricco di barbarismi e che sta lentamente ripudiando il congiuntivo, non per questo non sono in grado di degustare i Classici Italiani che vengono loro presentati in classe, anzi per il contrasto dei due linguaggi ancor più vivamente percepiscono la purezza e la forza e l'eleganza dei nostri grandi Autori.

Non dimentichiamo poi che il neolatino risponde a una odierna e precisa esigenza storica: è ormai giunto il tempo, se vogliamo veramente che l'Europa divenga una casa comune per tutti i suoi figli, di pensare ad una lingua che possa servire come mezzo di comunicazione per intendersi tra loro. Una casa comune esige ineluttabilmente una lingua comune. E qui la soluzione può essere triplice: o adottare una lingua parlata moderna (vedi l'inglese), o una lingua artificiale, nuova di zecca (vedi l'esperanto) oppure ricorrere a una lingua che fu già vivissima, quindi già ben collaudata, ma che è in più ampiamente presente, come notevole, e a volte amplissimo, sostrato linguistico in buona parte delle lingue Europee (vedi il Latino). Sono tre soluzioni accettabili, anche se ognuna ha qualche suo aspetto negativo.

Quale potrebbe prevalere? Secondo alcuni, l' inglese   h a   g i à   p r e v a l s o.

Una gran parte delle relazioni intereuropee (e intermondiali) si svolge in inglese, e dunque impadronirsi dell'Inglese è oggi, per ogni Europeo, un importante obiettivo da raggiungere. Giusto, ma non dimentichiamo il rovescio della medaglia: stiamo allegramente marciando verso una colonizzazione culturale (e non solo culturale) del l'Europa da parte dell'America proprio tramite la lingua angloamericana (la lingua è il veicolo per eccellenza di trasmissione di valori spirituali, di modi di vivere, di valutazione del reale).

Per gli Europei che vogliano tentare di opporsi ad essere fagocitati pian piano dalla mentalità e dalla civiltà americana, il gran mezzo è proprio ricorrere a una seconda lingua comune che, oltre ad essere di lineare struttura come l'Inglese e, diversamente dall'Inglese, di fonetica chiara e semplice, ci riallacci nello stesso tempo alle grandi sorgive della nostra civiltà Europea.

Tale è il nostro neolatino, sottomesso alle fondamentali leggi grammaticali e sintattiche della lingua di Roma e insieme dotato di lineare struttura e ingegnosamente arricchito di neologismi.

Ed è finalmente tempo di eliminare l'accusa ormai rancida che il Latino è una lingua difficile: è difficilissimo il Latino letterario, strana e affascinante creazione linguistica, ma non il nostro neolatino colloquiale, gemello dei nostri linguaggi romanzi, e che non ha assolutamente bisogno di quel gigantesco corredo di regole grammaticali e sintattiche con cui, per quasi due secoli, la lingua Latina è stata offerta alle scolaresche Europee, gigantesco corredo che è da trasferire alle classi superiori ed universitarie, dopo che gli studenti abbiano raggiunto, seguendo una didattica nuova, una discreta competenza attiva nell'uso del Latino vivo. Ma di questa didattica nuova, alias est uberius disquirendum.

Ed è per avviare questa didattica viva e nuova del Latino che l'on. Fiandrotti ha presentato al Governo una diecina di anni fa la sua mozione per la reintroduzione del Latino nelle Medie, da insegnarsi come una lingua viva, e che, nell'Aprile del 1998 undici Senatori hanno presentato al Parlamento un disegno di legge, contenente le norme per l'inserimento della lingua Latina viva nella scuola di base. In tal modo, le giovani generazioni avranno uno strumento indispensabile in più di conoscenza e di maturazione per il pieno e consapevole inserimento nella società moderna. Nel sistema. scolastico Italiano, le riforme che si sono succedute nei tempo hanno assegnato il Latino un ruolo sempre più marginale e tale disegno di legge vuole invece ripristinare quanto perduto attraverso l'insegnamento di questa dottrina, con una didattica rinnovata per l'uso della lingua viva che serva anche, ad incentivare lo studio, dei Classici e che serva a far rivivere il Latino, e proporlo come lingua Europea ... Bisogna ridare ai ragazzi la chiave di preziosi scrigni contenenti tesori che a loro appartengono... Il Latino non è di per sé una lingua morta, ma viva ed elastica, precisa ed adattabile ai bisogni dei tempi moderni.

E noi tutti neolatinisti ci auguriamo che presto in Italia vi siano scuole ove si sperimenti finalmente una nuova metodologia per l'insegnamento del Latino e ove il professore, parlando un limpidissimo Latino, opportunamente mescolato, specie negli inizi, con l'Italiano, pian piano inizi gli studenti ad ascoltare e, in un secondo momento, ad usare con cauta lentezza la lingua di Roma, sino a raggiungere un discreto livello di competenza attiva. Sarebbe davvero magnifico che entro alcuni anni, tramite l'insegnamento della lingua Latina come lingua viva, il Latino riprendesse a percorrere le vie d'Europa, ma non come un solenne personaggio, avvolto dalle ampie volute della toga, ma come un agile e gagliardo giovane, vestito di una semplice tunica, pronto a dialogare con gli Europei in un linguaggio di translucida chiarezza.

So bene che da alcuni questo nostro neolatino, dalla struttura lineare, dalla attenta obbedienza alle flessioni grammaticali e alle norme sintattiche e ampiamente arricchito di neologismi, viene sbrigativamente definito Latino maccheronico.

È bene ricordare a costoro che il latino maccheronico, sia quello letterario, sia quello popolaresco, è una folle e lepida mistura di Latino classico e di vocaboli Italiani e dialettali, sottoposti umoristicamente alla flessione Latina, è un Latino che nasce da un intento di pura comicità e di paradossale deformazione. Ecco alcuni saporiti esempi, tratti dal notissimo poema giocoso, il Baldus di Teofilo Folengo, nel quale una rigorosa osservanza della metrica dell'esametro è sposata con la più pazza e allegra latinizzazione di termini italo-dialettali:

Quo fugis? Unde venis? Quis facit te ire galoppum? (111, 382)
Exspectant pivae quis danzam chiamet un'altram (VII, 228)
          ... facilis cosa est descendere bassum,
sed tornare dretum bracas bagnare bisognat
(XXIII, 54-55)
0 màcaro, màcaro, quae te mattezza piavit? (IV, 285)

Come è evidente, tutt'altra cosa è il neolatino (che spesso io amo chiamare «Latino cartesiano» per la sua limpida evidenza), rigorosamente sottomesso alle leggi grammaticali e sintattiche del Latino classico e insieme sottomesso alla esigenza di piana struttura e di immediata comprensibilità, e sottomesso pure alla inesorabile necessità, cui oggi tutte le lingue vive sottostanno, di un cauto e razionale arricchimento neologistico.