MARCO TIELLA

L'ARCHICEMBALO


Benché esso non possa essere fatto corrispondere ad un tipo preciso di strumento a tastiera a corde pizzicate, il nome di Archicembalo coincide, per il prefisso "Archi-" con quello di altri strumenti in uso tra i sec. XVI e XVII come arci-violata lira, archi-cetera, arci-liuto accomunando, probabilmente, tra loro strumenti diversi ma tendenti ad un unico ideale identificato con il termine di perfettione. Tale perfettione distingue certamente l'archi-cembalo dal cembalo per le possibilità espressive, sia connesse con le accordature consentite, sia con la maggiore adeguatezza dello strumento a riprodurre l'antica musica. Il nome di Archicembalo è usato per la prima volta da Nicola Vicentino (1510-1576?) nel suo trattato L'antica Musica ridotta alla Moderna Prattica (Roma, 1555), il quale si dichiara inventore dello strumento che viene descritto nel trattato, trattato già da tempo pensato (forse fin dal 1535-40), cioè dall'epoca in cui il primo Archicembalo doveva essere stato se non proprio costruito, almeno progettato.(1) Nel trattato si trovano, oltre alle indicazioni per l'artefice dello strumento, anche tre disegni, in scala quasi reale, della meccanica (tastiera superiore e tastiera inferiore) e del somiere, lasciando, come dice l'autore, "al giuditio di quel piu & di quel manco che parerà al buon Prattico di far stromenti" cio che non è dettagliatamente descritto. Ma ancor prima di esaminare i dettagli di per sé interessantissimi dello scritto vicentiniano, sembra necessario premettere alcune considerazioni che traggono origine dallo studio comparato delle fonti della musicologia cinquecentesca.

Ciò che più sorprende, nella filosofia del Vicentino, è la sua posizione di eretico nei riguardi della tradizione teorica, che troverà ancora credito, persino dopo la sua morte, nell'opera di G. Zarlino. Già nel secolo precedente si era assistito alla cosi detta crisi del "numerus", di quell'elemento metaforico che era stato alla base della cosmologia medioevale: "tolle numerum in rebus omnibus, et omnia pereunt" aveva sostenuto ad es. Isidoro di Siviglia, assegnando quindi al numerus una facoltà essenziale che va ben al di là del significato di cifra.(2) Il numerus divenuto poi "numero" vero e proprio, cioè "ente costitutivo di una successione ordinata, atto a fornire un contrassegno oppure una valutazione precisa di ordine quantitativo" (3) cede il posto alla speculazione sulle "proporzionalità", cioè sui rapporti tra numeri e le loro combinazioni: proporzionalità aritmetica, geometrica, armonica, dalle quali si ricavano le basi delle strutture musicali cosmologiche e quindi umane e strumentali.(4) Da Gaffurio a Fogliano tutte le possibilità del sistema vengono esplorate e assume particolare interesse il numerus sonorus (ad es. il numero delle parti che compongono una corda) (5) nella serie 1, 2, 3, 4, 5, 6 di cui il 6 (senarius) é il perfetto, per che appartenente all'ordine binario e ternario (6). È la teoria che troverà l'ultimo grande sostenitore in G. Zarlino, il quale conserverà l'illusoria ambizione di ricondurvi la chiave della consonanza musicale: ma qui emerge la misconosciuta grandezza del Vicentino, che nel mezzo di questa certezza musicalmente vana perché astratta, porrà la forza della problematica sperimentale e di ciò che molto più con la prova che con le ragioni si manifesterà.(7) Tralasciando tutto ciò che ai suoi tempi non era utile nella prattica (8) Vicentino scrive un trattato di tecnologia degli strumenti musicali, nel quale il riferimento alla teoria degli antichi è presente solo per un indispensabile riferimento storico del quale poi non sarà neppure tenuto gran conto e la teoria vicentiniana si svilupperà su un percorso autonomo. Dal punto di vista tecnologico, lo strumento musicale più utile è l'Archicembalo, anche se non mancano accenni all'uso di liuti e viole per la musica dei generi.

Questo dei generi (diatonico, cromatico, enarmonico) é un aspetto della musicologia storica che è opportuno chiarire, non tanto negli aspetti teorici, quanto in quelli tecnologici. In ciò si fondono le ricerche sui generi con quelle sull'accordatura e non poteva essere altrimenti, se si voleva riprodurre strumentalmente gli effetti meravigliosi della musica degli antichi, oggetto più letterario che sperimentale di tutti i musici rinascimentali. Fogliano preferisce la sua divisione basata "sull'armonia naturale" dei rapporti semplici (1/1; 1/2; 2/3; 3/4; 4/5; 5/6) alle presunte visioni del monocordo secondo i generi degli antichi, che sono incompatibili con la divisione da lui proposta (Just Intonation secondo la classificazione del Barbour (9)) ma che da essa non rinuncerà a ricavare F. Salinas aumentando il numero delle note doppie a distanza di un comma sintonico (10) (Multiple Division nella classificazione del Barbour) cosi come si ridurrà a fare G. Zarlino nello Strumento Accresciuto descritto nei Sopplimenti(...) (11).
Infatti nelle Istitutioni (...) G. Zarlino non aveva proposto una soluzione strumentale chiaramente definita dei generi, ma solo la teoria dell'ispessimento del monocordo (12) con l'indicazione del tutto generica e incomprensibile del modo con cui Maestro Domenico Pesarese gli aveva costruito l'Istromento (secondo noi, un archicembalo) "nell'anno di nostra Salute 1548 in Vinegia".(13)

Nicola Vicentino impianta dunque una sua teoria, meglio una interpretazione dei generi, sulla sperimentazione e giunge ad una soluzione tecnologica certamente rivoluzionaria, anche se forse già nell'aria per altri, usando in modo appropriato lo sdoppiamento della serie dei suoni producibili. Esistono fondati dubbi che una doppia serie di suoni fosse lo scopo di altre soluzioni tecnologiche, come quella che si spera di poter documentare nell'organo di Lorenzo da Pavia (1494) in cui con una sola tastiera si potevano azionare le canne di due registri forse diversamente accordati. Ma anche se non si arriverà mai a questa certezza, dato lo stato di conservazione del materiale fonico dell'organo, l'uso di due tastiere per trasporre è documentato se non altro dallo strumento di A. Ruckers (14) e si fa strada l'interpretazione della misura diversa della scala anche degli strumenti italiani a tastiera con corde pizzicate, come una delle possibili soluzioni per strumenti traspositori. Certo è che Nicola Vicentino, oltre ad usare il complesso delle due tastiere per avere un maggior numero di intervalli nella divisione dell'ottava (31 intervalli), usa le stesse in modo da completare la perfettione, cioè in modo da estendere il numero di intervalli consonanti utilizzabili. Di ciò fa anche accenno nel trattato, quando suggerisce al costruttore d'organi di introdurre un registro "delle quinte perfette" (e con ciò riprende valore l'ipotesi che ciò sia stato già applicato nell'organo di Lorenzo da Pavia) (15) forse prima di aver progettato l'arciorgano, da lui presentato al pubblico in un pamphlet del 1561.

In sostanza, l'archicembalo è un clavicembalo a due tastiere, sovrapposte come nei consueti strumenti barocchi o prevalentemente nordici, in cui le tastiere sono accordate una "crescente" rispetto all'altra. Ciascuna tastiera è un sistema in sé completo, anche se meno perfetto, da accordare secondo la suddivisione detta "del tuono medio". Questo tipo di accordatura (mean-tone; mitteltonig), ben introdotta ora nella prassi clavicembalistica, incontra però limitazioni insormontabili se il numero dei tasti a disposizione nell'ottava è di 12. Poiché la base su cui l'accordatura si costruisce è data dalla consonanza della terza (per lo più quella "maggiore", nel rapporto di 5/4) i tasti neri hanno una precisa caratterizzazione: o sono diesis oppure bemolli, ma mai utilizzabili in senso enarmonico ottocentesco (do diesis sinonimo di re bemolle, ecc.). Nicola Vicentino parte dalla considerazione che la "tastatura communa" abbia la seguente disposizione: (fig. 1), e quindi raddoppia tutti i tasti neri (come nella tastiera superiore); (fig. 2), aggiungendo pero anche altri due tasti neri nella disposizione della tastiera inferiore: fig. 3.

Il sistema, compresi tutti i tasti spezzati, si avvale di 36 tasti per ottava (19+17) e quindi, utilizzando la cosiddetta prima accordatura (Cap. V del Libro V), composta di 31 divisioni dell'ottava, cinque tasti spezzati della tastiera superiore sono inutilizzati (o meglio: accordati all'unisono con altri della tastiera inferiore) (fig. 4).

Utilizzando la cosiddetta seconda accordatura (Cap. VI del Libro V) il sistema diviene perfetto ovvero acquista tutte le consonanze che si possono avere dalla suddivisione dell'ottava in 36 intervalli, o meglio, unificando in un unico sistema le due accordature usate in ognuna delle tastiere. (fig. 5)

Nella prima accordatura, il sistema offre i vantaggi noti ricavabili anche con la teoria della Multiple Division estesa a 31 intervalli per ottava, dato che 1/31 di ottava corrisponde ad 1/5 di tono nella accordatura mesotonica, con buona approssimazione. Così con la prima accordatura si ottengono altri intervalli puri (o quasi) come si vede nella tabella seguente, in cui i valori sono arrotondati ad 1 cent. Quegli intervalli che "mancano" sono proprio i più caratteristici della maggior parte dei sistemi greci, ai quali è impossibile pero fare riferimento senza precisare con esattezza quale modello classico si prende in considerazione. (16) Certo è che nel sistema di intervalli derivato dall'accordatura del tuono medio (o mesotonica) manca la differenza tra il tono grande e il tono piccolo (o toni maggiore e minore, corrispondenti a 9/8 e 10/9) indispensabile per realizzare sullo strumento i generi come indicati nel Proemio della Theorica Musicale dello stesso trattato. (Appunto da tale mancata differenza tra i toni prende nome il sistema di accordatura "del tuono medio" tra il tono maggiore e quello minore).
Anche dal punto di vista della matematica delle proporzioni, ciò significa abbandonare la possibilità di rappresentare con rapporti superparticolari (cioè del tipo (n+1)/n) gli intervalli ed affidarsi a metodi del tutto differenti da quelli usuali del musico cinquecentesco: Nicola Vicentino cerca quindi empiricamente quelle soluzioni che solo la matematica dei numeri irrazionali (cioè dei logaritmi) avrebbe potuto dare, sostituendo al calcolo esatto (quello frazionario) il calcolo per approssimazione. Ma anche nell'uso saltuario di rapporti superparticolari Nicola Vicentino non esita a usare tutti i numeri generatori da 1 a 10; quantomeno il 7 era stato sempre escluso perché gli intervalli di 7/6 e 8/7 risultano particolarmente dissonanti.(17)

L'uso delle dissonanze in senso espressivo è una delle costanti ricerche di Nicola Vicentino ed anche gli intervalli apparentemente consonanti, come la terza minore e maggiore, vengono trattati con una spregiudicatezza senza confronti. Poiché la differenza tra le terze possibili dipende dalla scelta della prima o della seconda accordatura, ed in particolare dal valore dell'intervallo che separa l'accordatura delle due tastiere (da circa 1/30 di tono a circa 1/8 di tono), si possono formare terze "manco di minore", "minore" "più che minore", "maggiore", "più di maggiore" e cosi via per vari altri intervalli che sarebbe troppo lungo esemplificare. (18) Nicola Vicentino accetta tutti gli intervalli che nascono dal suo sistema in quanto capaci di produrre un effetto espressivo; cosi, ad es. il tritono (detto da sempre diabolus in musica) di cui dice: "anchora che paia fastidioso da cantare, nondimeno è molto necessario, quando avviene che nelle parole si vuol dimostrare un effetto meraviglioso". Sorprendente che sia ritenuto possibile qualsiasi intervallo "perché ciascuno potrà da sé medesimo formare gli antedetti salti & gradi, con quelle particelle di Comme, o Diesis Enarmonici minori & maggiori; & con le aggiunte di semitoni minori & maggiori" come settime "più di minori" "più di maggiori" ed anche ottave "più d'ottava". (19)

Nella seconda accordatura le sfumature divengono ancora più sottili. Usando il sistema di accordatura del tuono medio con quinte ridotte di 1/4 di comma sintonico la differenza di accordatura tra le note omologhe delle due tastiere è di appena 6 cents (circa), ovvero circa 1/30 di tono del sistema. Tale differenza nasce dal fatto che le quinte sono accordate calanti in ciascuna tastiera, ma che si accordano quinte giuste se gli estremi dell'intervallo si trovano sulle due tastiere (dal do della tastiera inferiore al sol di quella superiore si accorda una quinta giusta, e così via). Si trovano cosi quantomeno triadi maggiori perfette, se si premono i tasti di una stessa tastiera (quella inferiore) per le estremità dell'intervallo di terza maggiore e i tasti dell'altra tastiera per l'estremità dell'intervallo di quinta giusta. Il numero delle triadi maggiori (e minori) perfette che si può realizzare usando opportunamente note delle due tastiere è considerevole, cioè 15, per cui praticamente tutte le triadi usuali possono essere suonate perfettamente accordate: da qui la perfettione dello strumento. Premendo i tasti che corrispondono a note omologhe nelle due tastiere (ad es. il do della tastiera inferiore e il do di quella superiore) si ottiene un effetto di voce humana cioè un suono battente del tipo comunissimo negli organi dell'epoca; benché Nicola Vicentino non ne faccia esplicito cenno, anche questa è una delle straordinarie possibilità offerte dal suo secondo sistema di accordatura. Nicola Vicentino accenna però chiaramente al fatto dl suonare con la stessa mano note appartenenti alle due tastiere, anche se quando il tactus sarà svelto le differenze tra gli intervalli perfetti e quelli temperati passano inosservati: ulteriore riprova dell'inusitato empirismo che contraddistingue l'opera. Sempre nel campo di questa apparentemente incomprensibile indifferenza per il rispetto dei risultati ottenibili dall'applicazione della teoria, si possono ricordare i diversi valori del diesis enarmonico (in pratica, l'intervallo che separa l'accordatura delle due tastiere, pari alla metà del semitono minore secondo la prima accordatura) che non corrisponde al presunto valore medio di 1/5 di tono, perché nessun prattico avrebbe mai potuto ottenere una suddivisione in cinque parti del tono. (20) Si raggiungeva invece questo valore con un artificio semplicissimo, chiamando diesis enarmonico la differenza nell'accordatura tra due note omologhe, per mezzo della accordatura per intervalli di terza, estendendo le catene di terze "oltre" i tasti spezzati: ovvero passando da una tastiera all'altra come, ad es., da sol bem. (tastiera inferiore) a si doppio bemolle (inesistente nella tastiera) facendolo coincidere con il la naturale della tastiera superiore, che risulta pertanto crescente rispetto all'omologo la della tastiera inferiore. (fig. 6)

Questo procedimento, che Nicola Vicentino non descrive, è pero chiaramente deducibile da Fabio Colonna che lo descrive per l'accordatura della Sambuca Lincea (1618) ovvero per uno strumento cromatico-enarmonico basato pure sulla divisione del tono in cinque parti. Risultando l'unico effettivamente eseguibile senza l'aiuto di strumentazione di misura di tipo moderno, non si vede perché non debba essere usato per l'accordatura dell'archicembalo vicentiniano, dato anche che i risultati che si ottengono sono congrui con i principi enunciati da Nicola Vicentino e anzi spiegano come egli (e gli altri suoi contemporanei o successori) praticassero accordature apparentemente impraticabili, come la suddivisione in 31 parti dell'ottava a mezzo di quinte leggermente calanti.

Tra tante considerazioni sorprendenti, non ultime in importanza vengono quelle sull'interpretazione dei generi classici, che Nicola Vicentino cita da Pitagora (nel Proemio della Theorica Musicale) e che confronta spesso con l'interpretazione di Boezio, più che altro per sottolineare come la sua sia del tutto differente da quella che i teorici del tempo ritenevano come indiscutibile, cioè appunto quella di Boezio. In questo punto Nicola Vicentino precisa che la differenza nasce dalla diversa accordatura tra la suddivisione del tetracordo diatonico secondo "li Musici antichi" e quelli a lui contemporanei, cioè dal fatto che gli intervalli perfetti sono, per Boezio, la quarta e la quinta cosicché il tetracordo diatonico é composto di toni maggiori e un semitono minore, mentre ai tempi di Nicola Vicentino lo stesso tetracordo era composto di un semitono maggiore, di un tono minore e un tono maggiore, per poter usare terze e seste consonanti (intervalli che, nella divisione attribuita a Boezio, non si sarebbero "con la prattica accompagnate"). La diversità fondamentale sta nel fatto che (ai tempi di Nicola Vicentino) "la prattica Musicale si suona, & s'accordano li stromenti d'altra maniera, che non facevano gl'antichi Musici: perché noi usiamo li Generi & le spetie d'essi insieme, con consonanze di più di loro, cioè le Terze & le Seste" ed inoltre temperando le quinte e le quarte. "Adunque la Musica che noi pratticamo, si domanderà Musica partecipata, & mista" e a chi osservasse che il genere diatonico così composto "veramente non si potrà chiamare Diatonico si risponde che la Ethimologia del nome è detta dal Genere Diatonico" come era stato identificato anche dallo stesso Boezio, cioè "perché si muove per due gradi di toni continui & lo semitono (...) di quali proportioni esser si vogliono". Circa il genere cromatico, Nicola Vicentino sottolinea pure i punti di contatto e le divergenze con la suddivisione di Boezio, come pure per il genere enarmonico: l'Archicembalo "come primo & più perfetto de tutti gl'altri stromenti, che no li manca consonanza alcuna" guiderà Maestro e Scolare nell'uso di tutte le "divisioni" (cioè gli intervalli da cui sono composti i tre generi). Le proprietà espressive di tutti questi intervalli sono continuamente sottolineate: i piccoli intervalli, compresi i Diesis Enarmonici in cui si divide il semitono minore, si devono saper usare, perché "da questi si cava l'harmonia aspra, dolce, suave & soavissima secondo che si accompagnano le consonanze & il moto" tenendo presente che "la varietà de i gradi nella Musica molto più diletterà che non farà quella che starà sempre in un ordine di osservatione de gradi: et l'esperientia di questo ne farà chiaro et certo ognuno". In generale, l'aggiunta di un piccolo intervallo (come il Diesis Enarmonico) renderà, secondo Nicola Vicentino, ogni intervallo ascendente "incitato" mentre gli intervalli discendenti, cosi modificati, avranno "del mesto, & sarà molle". Per concludere, Nicola Vicentino raccomanda l'uso de gli accidenti da aggiungere ai gradi musicali per supplire "alle mancanze della natura"; et il buono artefice con il suo ingegno adorna tanto bene essi diffetti, che molto paiono belli & buoni: cosi aviene nella prattica Musicale, che si vede l'ordine naturale mancare in molte cose". Come è stato già riconosciuto, è il significato delle parole che conduce all'uso di modi (e generi diversi) secondo Nicola Vicentino. Il compositore "sarà obligato a dar l'anima a quelle parole, & con l'Armonia di mostrare le sue passioni, quando aspre & quando dolci & quando allegre & quando meste, & secondo il loro suggietto; & da qui si caverà la ragione che ogni mal grado, con cattiva consonanza, sopra le parole si potrà usare, secondo i loro effetti. Da qui nasce la prova che gli intervalli comunque compresi nella divisione dell'Archicembalo, che comprende "li Generi & le spetie d'essi insieme", vanno tutti sperimentati nella prospettiva di una interpretazione che si basa sull'effetto espressivo delle discordanze di accordatura rispetto ad una serie di intervalli precostituiti astrattamente (di tipo mesotonico): dato che tali discordanze vengono oggi identificate come stonature (cioè come inconvenienti espressivi) lo scopo espressivo della suddivisione dell'Archicembalo rischia di restare inutilizzato perché antitetico all'indirizzo estetico assorbito nella nostra cultura musicale dal l'appiattimento dei valori dei differenti intervalli ricondotti ad un sistema "equabile" che li rende tutti parimenti "iniqui". L'instabilità dell'accordatura (tale è l'effetto psico-acustico dell'uso dei microintervalli) è quindi per Nicola Vicentino il più perfetto mezzo espressivo, ovvero "il contrario" di ciò che ai suoi e ai nostri tempi si ritiene essere lo scopo della precisione dell'accordatura (più comunemente intesa nella denominazione di "intonazione"). Nicola Vicentino induce quindi l'esecutore all'Archicembalo a togliere persino l'ultimo dei riferimenti musicali che l'ascoltatore moderno (ma anche quello dei suoi tempi) è abituato a rispettare: il riconoscimento della coincidenza degli intervalli usati dall'esecutore con quelli che la cultura musicale gli ha precostituito nella sua memoria. Dopo la liberazione dall'isocronismo ritmico obbligato, pur tenendo conto della differenza che passa tra la musica da suonare e quella da cantare, l'esecutore è sollecitato a liberarsi dalla monotonia della accordatura.

NOTE

(1) - Il più recente studio sulle opere e l'attività di Nicola Vicentino è probabilmente in: Studi Musicali, Anno V, 1976, Olschki, Firenze dove è pubblica la commemorazione di Nicola Vicentino tenuta all'Accademia Olimpica di Vicenza nel 1976 da don Giulio Cattin. Per quanto riguarda l'Archicembalo e i problemi della ricostruzione si veda: M. TIELLA, la ricostruzione dell'archicembalo di Nicola Vicentino (1555) in : Strumenti e Musica, no 1 e no 2, 1980, Berben, Ancona.

(2) - Per chi intendesse estendere l'esame di questo argomento, si segnala, tra gli altri: B. HAMMERSTEIN: Die Musik der Engel, Francke Verlag, Bern, 1962 e le opinioni di chi scrive espresse più dettagliatamente in: M. TIELLA: Indirizzi di ricerca su strumenti prerinascimentali, in: Studi Musicali, Anno VI, 1977, Olschki, Firenze.

(3) - G. DEVOTO - G. C. OLI, Dizionario della lingua italiana, Le Monnier, Firenze, 1971, pag. 1515 col. 2a.

(4) - Già in F. GAFFURIO, Theorica Musice, Milano, 1492 l'argomento è oggetto di dettagliata discussione sulla base delle fonti storiche.

(5) - Con questa definizione inizia infatti L. FOGLIANI, Musica Theorica, Venezia, 1529 il suo trattato, nel quale, a dire dello stesso autore, si contengono varie speculazioni originali (non prius tentatae) sugli intervalli armonici.

(6) - F. GAFFURIO, op. cit., Libro secondo.

(7) - N. VICENTINO, L'antica musica ridotta alla moderna prattica, Roma, 1555, Libro della theorica, p. 6 v.

(8) - N. VICENTINO, op. cit., p. 6 v. in cui sono elencate tutte le argomentazioni trascurate ne L'antica musica (...) che pur erano usuali negli scritti musicologici contemporanei.

(9) - J. MURRAY BARBOUR, Tuning and Temperament, Da Capo Press, N. Y. 1972, p. 89.

(10) - F. SALINAS: De Musica Libri VII, Salamanca 1577, Cap. VIII.

(11) - G. ZARLINO, Sopplimenti musicali (...), Venezia, 1588, p. 156.

(12) - G. ZARLINO, Istitutioni Harmoniche (...), Venezia, 1558, p. 133.

(13) - G. ZARLINO, op. cit. p. 171.

(14) - Clavicembalo di Jean Ruckers, 1638 nella Collezione Russel, Edimburgo (V. anche G. GRANT 0' BRIEN, Ioannes and Andreas Ruckers, in: Early Music, vol. 7, nr. 4,1979.

(15) - M. TIELLA, L'organo di Lorenzo da Pavia, in: Bollettino dei Musei Civici Veneziani, nr. 1-2, 1972.

(16) - P. RIGHINI, Il pensiero musicale di N. Vicentino (...) in: Rassegna di studi musicali, A. I., nr. 3, 1974, ed. "Il Gerione", Abano Terme, dal quale risulta chiaro che non tutti gli intervalli proposti dai teorici greci sono compatibili in un'accordatura di uno strumento musicale di tipo meccanico.

(17) - Tra gli intervalli superparticolari di uso eccezionale, ma non rifiutati da Nicola Vicentino, c'è il semitono di 21/20 e quello di 14/13; il tono di 8/7 é definito "di proporzione quasi sesquisettima, come sono da 7. a 8. con qualche poca differenza" (p.144).

(18) - Nel Libro quinto della sua opera, Nicola Vicentino elenca tutte le Dichiarationi sopra gli intervalli a partire da Ala mi re nel cap. VIIII; ma anche nel Libro primo gli intervalli dal semi tono alla quinta sono accuratamente passati in rassegna.

(19) - N. VICENTINO, op. cit., p. 26 r.

(20) - Sembrò infatti, anche negli esegeti storici di Nicola Vicentino, di aver risolto ogni problema con l'uso di una suddivisione dell'ottava in 31 parti per mezzo di un calcolo matematico reso semplice dall'applicazione del calcolo logaritmico, come fece per primo LEMME ROSSI (in: Sistema Musico (...), Perugia, 1666, p. 86) tanto che il sistema di accordatura con 31 intervalli per ottava venne più volte "reinventato" (C. HUYGHENS, "Novus cyclus harmonicus" in Opera varia, Leyden, 1724; Q. V. BLANKENBURG, Elementa Musica, The Hague, 1739).