IL RECITATIVO MUSICALE
COME DOCUMENTO DELL'ACTIOTEATRALE
CAHIERS DE L'I.R.H.M.E.S.
3
A.D. LEGNANI, A. BEMBO ET LES PRINCES
DE SAVOIE
NOTES ET DOCUMENTS SUR L'ECRITURE
MUSICALE
sous la direction de Marie-Thérèse Bouquet-Boyer
Editions Slatkine
GENÈVE
1995
Effettivamente i valori assegnati alle note
rispettano fedelmente i valori quantitativi secondo il criterio
ancora attuale, per il quale, in italiano, le vocali toniche sono
sostanzialmente lunghe e tutte le altre brevi5. Tuttavia
c'è una particolarità della quale l'autore non fa
menzione: nelle voci di soprano, alto e basso, la nota che si trova
in corrispondenza della sillaba tonica dell'aggettivo
«soave» non soltanto è di valore - una semibreve
- ma è anche puntata. Inoltre nella parte di tenore la
sillaba tonica dell'aggettivo «dolce» sopporta una nota
puntata - una minima - che costituisce l'inizio di un brevissimo
melisma.
Per incontrare la dichiarazione esplicita dell'uso espressivo di
questo tipo di figura musicale dovremo arrivare al 1601, quando
Giulio Caccini trattando ne Le nuove musiche
dell'esclamazione - detta oggi appoggiatura -
farà riferimento implicito alla concitazione affettuosa,
implicita nelle note puntate, considerando in modo evidente queste
ultime come tratto di «affettuosità»: «le
esclamazioni, in tutte le musiche affettuose per una regola
generale si possono sempre usare in tutte le minime e semiminime
col punto per discendere e saranno vie più affettuose per la
nota seguente che non saranno nelle semibrevi, nelle quali
avrà più luogo il crescere e scemare della voce senza
usare le esclamazioni»6. Il Vicentino, che compone
cinquant'anni prima, fa uso nella notazione di valori doppi
rispetto a quelli usati dal Romano perché le convenzioni di
scrittura del suo tempo sono diverse, ma la sostanza è la
stessa: volendo sottolineare in modo affettuoso gli aggettivi
«soave» e «dolce» egli fa uso di note
puntate, che implicano il modo esecutivo indicato poi dal Caccini.
Quello della nota puntata usata per dare alla sillaba che vi
corrisponde il senso dell'esclamazione è un luogo comune in
vigore ancora oggi; si veda per esempio in Tramontata è
la luna di Goffredo Petrassi la semiminima col punto in
corrispondenza dello stesso aggettivo «dolce», presente
nel madrigale del Vicentino, in «dolce amaro
indomabile serpente»7.
Nel 1585 Andrea Gabrieli musica i
cori8 per l'Edipo Tiranno di Sofocle, che, nella
versione di Orsatto Giustiniani, viene messo in scena per
l'inaugurazione del Teatro Olimpico di Vicenza. Questi cori sono di
fatto dei recitativi ante litteram, a più voci, nei
quali si possono già individuare i mezzi espressivi del
recitativo monodico, mezzi che, a conti fatti, sono pochissimi:
- melodia della voce superiore che, a causa della rigorosa omofonia
spicca nettamente sopra le altre costruita ad imitazione della
melodia verbale di una recitazione molto espressiva;
- valori metrici non più corrispondenti alla quantità
prosodica ma determinati invece da quel «dir presto &
tardo» vigente nel movimento del tempo musicale almeno fin
dai tempi del Vicentino;
- uso frequente della nota puntata per sottolineare con
esclamazioni più o meno accentuate le immagini o gli
affetti;
- pause frequenti, poste con criterio teatrale a dare gli stacchi
fra un inciso e l'altro.
Nel breve esempio che viene proposto9 sono evidenti le
esclamazioni (note puntate) sulle parole «seme» e
«infausta» e le pause teatrali che mettono in evidenza
l'iterazione di «Piacesse al Ciel».
Nell'anno di grazia 1600 i recitativi di Emilio
de' Cavalieri10, Peri11 e
Caccini12, a parte la novità dell'essere
monodici, avranno in più, rispetto ai cori polifonici di
Andrea Gabrieli, soltanto una maggiore mobilità.
Le attuali conoscenze acustiche ci consentono di considerare il
rigo musicale come un diagramma a due dimensioni, nel quale
sull'asse delle ascisse sono indicate in forma simbolica le durate
dei suoni e su quello delle ordinate le loro altezze; ma se
interpretiamo lo stesso pentagramma come un grafico fonologico
della quantità e dell'intonazione, l'informazione che
riusciamo ad ottenere sulle intenzioni espressive del compositore
si fa molto maggiore in quanto dei quattro parametri del suono -
frequenza, durata, intensità e timbro - i primi due
risultano inequivocabilmente determinati. Intensità e timbro
sono troppo finemente variabili perché possano essere messi
in notazione, ma se il sistema di note e parole costituente lo
spartito viene analizzato alla luce dell'esperienza verbale
quotidiana, risulta agevole individuare i significati espressivi
corrispondenti all'oppinione del Compositore in quanto le
possibilità di dare senso compiuto all'espressione di una
frase musicale vocale - della quale siano già determinate
l'andamento melodico e la quantità sillabica - sono
pressoché univoche.
Vediamo quale esempio le prime parole del famosissimo monologo del
Tempo dalla Rappresentatione di Anima, et di
Corpo13.
Il basso continuo dà l'intonazione sul
tempo forte della battuta, ma soltanto dopo una lunga pausa
teatrale - e si sottolinea il «teatrale» - il
personaggio allegorico prende a parlare facendo pesare le parole ed
iterando il concetto-immagine del Tempo. Il prolungamento della
sillaba atona della parola «Tempo», seguito da un'altra
pausa prima della ripetizione delle parole «Il Tempo»,
costituirebbe una patente infrazione alla regola dettata a suo
tempo dal Vicentino; ma se invece si considera questo fatto come
l'indicazione di un modo - magari da predicatore quaresimale -
d'incatenare l'uditorio strascinando la parola e gonfiando il suono
per interromperlo bruscamente (pausa di croma) e iterando poi con
un'esclamazione (minima puntata) lo stesso concetto-immagine del
tempo, valori e pause assumono un significato inequivocabile.
Sarebbe infatti difficile trovare un diverso modo esecutivo, dotato
a sua volta di significato rappresentativo.
Le note dedicate alla sillaba tonica della parola
«fugge» sono un melisma costituito da una semiminima
puntata ed una volatina di quattro velocissime biscrome, un topico,
posto in tutti i tempi a rappresentare fughe di ogni genere. La
sillaba atona si prolunga ancor di più e il discorso
riprende: «la vita si distrugge», dove la
«vita», sostantivo pregnante, è di nuovo fatta
oggetto di esclamazione mentre il prolungamento della preposizione
«di» su una nota puntata prepara l'immagine concitata
della distruzione, espressa da una croma sulla sillaba atona cui
seguono due minime (la seconda delle quali calcata espressivamente
col prolungamento di un punto).
Sull'ultima sillaba di «distrugge» compare un nuovo
segno: .S.. Emilio De' Cavalieri apre
qui esplicitamente un orizzonte che, di solito, non viene nemmeno
preso in considerazione, quello della gestualità: «Il
segno .S. significa incoronata, la
qual serve per pigliar fiato, & dar'un poco di tempo à
fare qualche motivo»14 (dove
«motivo»ha evidentemente il significato di: movimento
del corpo, gesto, movenza e simili). Verosimilmente - i trattati di
oratoria sacra coevi sono peraltro espliciti -
l'espressività vocale barocca era sempre integrata da un
gesto la cui ampiezza e varietà sono splendidamente
descritte da Giovanni Bonifacio15.
La chiave di lettura generale che si può ricavare dalle
analisi di questo tipo è estremamente semplice:
-la melodia - a contorno lineare, ascendente o discendente -
corrisponde ad intonazioni di tipo teatrale od oratorio, di
significato rappresentativo ben determinato;
- le parole considerate importanti dal compositore vengono fatte
pesare allungando i valori, abbellendole con brevi melismi o
esclamandole con note puntate;
- frequente e solo apparente eccezione è quella costituita
dall'uso della nota puntata su sillabe atone o su parole
monosillabiche prive di significato autonomo (articoli,
congiunzioni, preposizioni, ecc.). In questi casi appare in modo
sistematico ed evidente che il prolungamento della sillaba atona
è inteso a dare concitazione alla parola seguente
sottolineando a volta a volta il carattere anacrusico della prima
sillaba, se atona, o quello tetico se la stessa prima sillaba
è invece tonica;
- le parole o le sillabe che devono scorrere veloci sopportano
valori brevi;
- le pause, che spezzano sovente il discorso in incisi di valore
affettivo contrastante, devono essere intese come pause teatrali,
da rendere anche mimicamente come tali e destinate a mettere in
evidenza il contrasto degli affetti.
Sarà l'integrazione fra il senso delle parole e i due
parametri musicali messi in notazione - altezza e durata - a
suggerire all'interprete l'intonazione dinamica e timbrica
migliore. Per il modo di muovere il tempo varrà quanto
suggeriva Girolamo Frescobaldi pochi anni dopo nell'avvertimento
Al Lettore del suo Secondo Libro di Toccate:
«rimettendosi al buon gusto è fino giuditio del
sonatore il guidare il tempo; nel qual consiste lo spirito, e la
perfettione di questa maniera, e stile di
sonare»16.
Il confronto fra le esecuzioni odierne e quanto risulta da analisi
di questo tipo mette in evidenza i cambiamenti profondi avvenuti
nell'espressività fra l'epoca di cui ci occupiamo e oggi.
Sempre per esprimerci con un esempio citiamo, in quanto molto
conosciuto e comunque più eseguito di qualsiasi recitativo
coevo, il primo dei madrigali che compongono la Sestina di Claudio
Monteverdi Lacrime d'Amante al Sepolcro
dell'Amata17. Benché in modo meno evidente
che nei Cori dell'Edipo Tiranno, il madrigale ha una
struttura tendenzialmente omofona e comunque molto accordale, che
si presta bene per il tipo di analisi che ci
interessa18.
E' facile verificare come nella quasi
totalità delle interpretazioni d'oggi il peso espressivo
venga dato di preferenza ai sostantivi, soprattutto se concreti
(«spoglie», «tomba», «sole»,
«cielo») mentre dall'analisi appare invece come
Monteverdi sottolinei con esclamazioni (note puntate) le sillabe
toniche degli aggettivi «incenerite» e
«avara», del sostantivo «Sol» - che,
espresso con una nota acuta, si pone in alto come immagine luminosa
- dei verbi «vegno» e «inchinarvi»che
implicano la partecipazione spirituale e fisica del cantore, ecc.,
descrivendo, prima che i funebri oggetti - «spoglie»,
«tomba», ecc. - il loro valore immaginifico e
soggettivo: «incenerite», «avara», ecc.
Da questa e da altre analisi si ricava in termini più
generali che le parti del discorso sentite come importanti nel
linguaggio odierno sono diverse da quelle che venivano sentite come
tali in epoche passate. Nei recitativi il modo di esprimere il
diverso peso espressivo delle parti del discorso è
evidenziato ancora meglio che nei madrigali e, poiché le
melodie e le durate espresse in notazione costituiscono di fatto
precisissime note di regìa, un'analisi sistematica della
storia di questo genere musicale potrebbe servire anche a
ricostruire la storia dello stile di recitazione sia nel teatro
d'opera che in quello di prosa.
1. In G. Caccini, Le Nuove musiche..., Firenze, Marescotti, 1601.
2. N. Vicentino, L'antica musica ridotta alla moderna prattica, Roma, Antonio Barre, 1555, lib. IV, cap. XXXXII, f. 94r, segnato per errore come f. 88.
3. Ibid., cap. XXIX, f. 85v.
4. Ibid., «Dichiaratione del modo di comporre una compositione Enarmonica con l'essempio à Quattro voci.», cap. LI, f. 67r.
5. Z. Muljacic, Fonologia generale e fonologia della lingua italiana, Bologna, Società editrice il Mulino, 1969, (paragrafo) 149, pag. 473.
6. Ibid., quarta pagina della prefazione.
7. G. Petrassi, Due liriche di Saffo, Milano, Edizioni Suvini Zerboni, 1942.
8. Chori in musica composti da M. Andrea Gabrieli, sopra li chori della tragedia di Edippo tiranno..., Venezia, Gardano 1588. Trascrizione in L. Schrade. La représentation d'Edipo Tiranno au Teatro Olimpico, Paris, C.N.R.S., 1960.
9. Ibid., Choro [Quarto], vv. 55-58.
10. E. de Cavalieri, Rappresentatione di Anima, et di Corpo, Roma, Nicolò Mutij, 1600.
11. J. Peri, Le musiche di Iacopo Peri nobil fiorentino sopra l'Euridice, Firenze, Giorgio Marescotti, 1600.
12. G. Caccini, L'Euridice composta in musica in stile rappresentativo da Giulio Caccini detto Romano, Firenze, Giorgio Marescotti, 1600.
13. E. de' Cavalieri, op. cit., pag. II.
14. E. de Cavalieri, op. cit., «Avvertimenti particolari per chi cantarà: & per chi suonarà».
15. G. Bonifacio, L'arte de' cenni con la quale formandosi favella visibile si tratta della muta eloquenza che non è altro che un facondo silenzio, Vicenza, Francesco Grossi, 1616.
16. G. Frescobaldi, Toccate e partite d'intavolatura di cimbalo... Libro primo, Roma, Nicolò Borboni, 1615.
17. C. Monteverdi, Il sesto libro de madrigali a cinque voci..., Venezia, Ricciardo Amadino, 1614.
18. Testo della quartina completa:
Incenerite spoglie, avara tomba
Fatta del mio bel Sol terreno Cielo,
Ahi lasso, i' vegno ad inchinarvi in terra.
Con voi chiuso è il mio cor e ha marmi in seno.