Dom ANSELMO SUSCA, OSB
LA VOCE
DIDATTICA NEI CONSERVATORI
NELLA CORRISPONDENZA
TRA RACHELE MARAGLIANO MORI
E ANSELMO SUSCA
anni 1973-1975
Studi e documentazioni. Rivista umbra di musicologia, n. 52, Perugia, giugno 2007, pp. 39-63.
NOTA INTRODUTTIVA
La seguente documentazione è la
trascrizione fedele di una fitta corrispondenza epistolare intercorsa tra la
Cantante e Didatta Rachele Maragliano Mori, ormai ottuagenaria negli anni '70,
ma ancora capace di guidare iniziative culturali, come quella dei Corsi sulla
Vocalità, da lei guidata nel Corsi Estivi di Pamparato (Mondovì), con la
partecipazione della Katy Berberian, per la vocalità barocca e contemporanea
del sottoscritto P. Anselmo Susca per la vocalità antica.
La presente testimonianza
scritta ha un valore documentario eccezionale per l'attestazione della grande
considerazione che la famosa cantante aveva nella formazione dei futuri
cantanti alla vocalità del Canto Gregoriano, in quanto linguaggio monodico
libero dai vincoli della misura ritmica e fondate sul legato sonoro del
fraseggio melodico.
La documentazione si estende
dalla prima lettera inviatami il 14 giugno 1973, mentre il Prof. Mauro Uberti,
organizzatore dei Corsi Estivi di Pamparato, ottenne dalla Maragliano-Mori che
si assumesse il compito di organizzare il Corso di Vocalità, fino al 22-6-'75,
allorché mi sollecitava a partecipare nel mese di settembre al Seminario sulla
Vocalità organizzato nel Castello di S. Martino Valle Candida (Benevento) dalla
Duchessa Melina Pignatelli.
Filo conduttore di tutta la
corrispondenza è stato il ripristino nei Conservatori di una solida formazione
delle Scuole di Canto.
Il primo documento che
trascrivo è una "lettera aperta al Direttore del Conservatorio di S.
Pietro a Maiella Ottavio Ziino", inviatami come allegato alla sua prima
lettera, dove sono esplicitati le linee direttive della sua didattica sulla
Vocalità, e che vorrebbe fossero instaurate nelle classi di Canto.
1)
Lettera
aperta al Direttore del Conservatorio di S. Pietro a Maiella, Ottavio Ziino
(con data dicembre 1973, data che segnala l'invio della copia dattiloscritta al
sottoscritto e doppiata con carta carbone).
Nemica dei formalismi, illustre
e caro m° Ziino, non mi sono cangratulata con Lei al momento del Suo ritorno in
continente e del Suo approdo alla sponda gloriosa di S.P.A Maiella. Le mie
cattive condizioni di salute non mi consentono di essere ora fra Voi a farlo
pubblicamente come mi sarebbe caro, ma son certa che Lei accoglierà con
simpatia il mio fervido pensiero augurale, insieme al saluto cordiale che invio
all¹assemblea dei colleghi e dei giovani riuniti intorno a Lei per discutere
ancora una volta sui problemi della vocalità, della loro collocazione nel mondo
contemporaneo e per studiare gli indirizzi da dar loro in questo contesto.
A garanzia della simpatia che
ci lega da tanti anni, caro m°, mi permetta di rievocare un ricordo, ancora
vivacissimo, la nostra collaborazione ad una delle molte battaglie che gli
eventi successivi hanno poi provato non essere andate perdute, Lei, appena
diciottenne ma già valente musicista, si prestò a collaborare magnificamente al
pianoforte ad una mia esecuzione a Palermo, composta di un ben arduo programma
per quell¹epoca: l¹intero ciclo dei ³Dichterliebe² di Schumann, delle
³Infantili² di Mussorgshj, delle ³Stagioni italiche² di Malipiero (programma
ripetuto poco dopo a Napoli con Franco Mannuno e in un Circolo Popolare (nota
bene) a Firenze con Castelnuovo – Tedesco). Quale coraggio il nostro nel
proporre tali musiche, chiudendo con un¹opera d¹avanguardia, quali erano
³allora² le Stagioni di Malipiero (colui che scriveva su carta intestata ad antica
stampa sul ³Mondo alla rovescia²). Eppure la nostra fede e la nostra onesta
passione s¹imposero ad un pubblico avvezzo a tutt¹altro ascolto e fu un
successo (presente Ester Mazzoleni, grande interprete lirica del tempo, anche
di quella verista). Perché sia Lei che io portavamo dentro il gusto di quel
³cantar che nell¹anima si sente² che ormai non si tiene più in gran conto né
nell¹insegnamento né nella pratica.
Da allora la terra l¹angelico
Bellini ha ospitato e continua ad ospitare ben altri tornei di musiche
contemporanee, all¹ideazione e organizzazione dei quali tanto Lei quanto il suo
valoroso figliuolo non sono certamente stati estranei. Ma qualche decennio
addietro quelle erano assai ardite e dure prove; e s¹io rievoco quel lontano
episodio è per aver l¹occasione di sottolineare come, in un passato non
lontano, i giovanissimi musicisti non sdegnassero di partecipare alla
propaganda che alcuni professionisti della voce conducevano in proprio, fuori
dal Teatro, in una più ampia coltura vocalistica.
Erano tempi di una sincera e
disinteressata collaborazione, di cui siamo qui ad invocare la rinascita,
all¹interno come all¹esterno della scuola di canto, tempi di generosi scambi
fra giovani e anziani che ora sembrano essere allontanati se non addirittura
polverizzatiŠ Soprattutto nell¹ambiente scolastico rimasto forse fra tutti il
più conservatore è noto purtroppo come nel mondo dei musicisti in genere, a
questo ambiente si dia poca fiducia, per l¹insistenza di troppi cantanti e
maestri ad ancorarsi ai vecchi metodi rifiutando di aggiornare le tecniche ai
programmi, nel modo di intendere la loro applicazione, in attesa della famosa
riforma da parte del Ministero, al di là da venire, mentre si potrebbe
incominciare spontaneamente a farla, cosa che alcuni fanno del resto, stanno
cioè tentando di fare.
È forse questa una delle
ragioni della deprecata decadenza della scuola di Canto Italiana, di cui i
seminari (come dal 1971 si succedono al ritmo serrato), sono chiamati ad
individuare le cause e possibili rimedi. Per parte mia credo proprio che un
certo senso di inconfessata frustrazione o di pigrizia domini infatti
nell¹ambiente della didattica ufficialmente rimasta così isolata mentre,
qualunque cosa se ne dica, una maggiore libertà di iniziativa, di azione e di
rapporti forniscono i migliori elementi al mercato della lirica, anche se non
sempre brillantissimi.
Lei giunge dunque in buon
punto, m° Ziino, non solo a dar mano alla riedificazione materiale dell¹antico
istituto napoletano incenerito (e già lei dà prova di averlo fatto rinaugurando
in così breve tempo la Sala Martucci), ma ad una rianimazione dell¹alto spirito
che vi regnava or non è molto.
Poiché ho aperto il rubinetto
dei ricordi – com¹è consuetudine di coloro cui gravano addosso molti e
poi molti anni di età – mi permetta di rievocare qualche tratto
dell¹atmosfera entusiasta e positiva che regnava a S. P. A Maiella allorché vi
giunsi nel 1932, a coprire delle cattedre di canto, F. Cilea era ancora alla
guida del Conservatorio; animatore convinto, infaticabile e sensibile in ogni
settore dell¹educazione dei giovani.
Da questa rievocazione potrebbe
uscire qualche segnalazione non inutile per il ripristino di un certo modo di
considerare alcune necessità della scuola, che soprattutto serviranno a
risvegliare l¹interesse dei giovani.
Per es. una delle usanze che mi
colpirono maggiormente era la sollecitazione del Direttore agli studenti di
composizione, (usanza ora completamente perduta) a frequentare le lezioni di
canto. Studenti di composizione che finiranno poi in maggior parte Direttori
d¹Orchestra o ripassatori di spartiti; ed è questo il punto, interessante, cioè
della necessità e utilità della loro conoscenza della voce e del modo di
trattarla.
³Perché non vi informate delle
tecniche per trattare la voce che è anch¹essa uno strumento (e che strumentoŠ),
così come andate ad informarvi di quelle degli strumenti d¹Orchestra? Suggeriva
Cilea che sia per scrivere per la voce che per dirigerla bisogna sapere che
cos¹è il canto, come si sapeva fare ai tempi passati.
La frequenza alle lezioni di
canto non era obbligatoria, eppure non mancava mai e in questo modo avveniva
anche nel nostro settore uno scambio fruttuoso di idee e di esperienze vitali
tra i ragazzi (usanza troppo presto venuta a mancare, quando non era ancora
maturata, insieme ad altre iniziative in corso, quando la Direzione passò in
altre mani).
Questa è una delle proposte che
le passo, m° Ziino, per l¹eventuale ripresa di una pratica fra le più
auspicabili. Mi consta che non dispiacerebbe agli studenti più sensibili, con i
quali ne ho parlato, sempre che si ³riossigenasse² l¹aria polverosa e ³
routiniera² delle classi di canto.
Dedito, com¹era senza risparmio
ai suoi compiti di educatore, Cilea era attento e aperto in ogni direzione.
Giungeva al punto di raccomandare la pratica della recitazione in prosa nella
classe di arte scenica, non solo delle poesie, come succede oggi, ma di interi
brani teatrali accanto a quelli della lirica. Di questo sistema si è discusso
appassionatamente nei precedenti seminari: esso è usato tuttora in Austria, in
Germania e altrove, per preparare a lunga scadenza dei veri e propri cantanti
– attori, avviati a sviluppare l¹estro comunicativo con cui deve operare
l¹artista sulla scena, senza perdere però quella serenità e quel distacco che spesso
le richieste ³acrobatiche² dei registi d¹oggi mettono a duro repentaglio. È un
sistema che andrebbe seriamente tenuto presente e coltivato. Cilea non impediva
agli allievi volenterosi del corso inferiore, come si fa adesso, di assistere
alle lezioni di scena in qualità di uditori, affinché fin dai primi anni si
abituassero a collegare l¹idea del gesto con quello della voce, a capire e a
seguire il significato dell¹emissione nel suo rapporto con il movimento del
corpo inserito nell¹attività del canto, sia della voce parlata (la pulsione
della parola, come ha detto felicemente il mese scorso Lanza-Tomasi al convegno
Ossini) che di quella cantata, sino all¹arte di colmare con la fantasia e la
³presenza² le pause e i silenzi.
Ma confesso che, per me, il vero
miracolo di quell¹uomo ³intero e disponibile era la curiosità, sia pure un poco
perplessa e ansiosa², con cui consentì e seguì i primi esperimenti ch¹io facevo
nel campo della fonetica, introducendoli nella mia classe di canto e osando di
portare qualche mia allieva tra le più intelligenti nel laboratorio del noto
laringologo napoletano prof. Bruzzi, insieme all¹allora giovane fonetico prof.
Scuri, per mostrar loro per via radiografica la funzione del diaframma e
dell¹organo vocale primo passo verso la conoscenza pratica di quel feticcio che
si definisce ³ugola d¹oro², e quindi avvio a quello di una didattica concreta,
ormai praticato dalle maggiori scuole straniere di cui si vantano i successi.
Era un tentativo che preludeva all¹introduzione al corso di fonetica, anche nei
nostri Conservatori, che è ormai abituale oltr¹Alpe e che venisse realizzata
anche da noi: sarebbe una valvola di sicurezza. Naturalmente so bene che molti
altri sono i fattori che concorrono alla formazione del cantante: soprattutto la
convinzione che anche il cantante è chiamato a servire la musica e non solo la
voce e che la voce è una cosa viva che nasce non solo dalla soluzione di
problemi tecnici, ma dal bisogno di esprimere giustamente l¹anima della voce e
della musica. Mentre d¹altra parte la musica è una forma di cultura che apre ai
suoi adepti orizzonti assai più vasti di quelli chiusi nel pentagramma.
La presenza in Conservatorio di
esperti razionalmente preparati faciliterebbe quel processo irreversibile di
conoscenza propria dei nostri tempi, al quale la scuola italiana di canto si è
sottratta per ogni verso, sicché siamo qui a rimpiangere le carenze e a cercare
i mezzi per combatterle. Ma non è ormai troppo tardi per farlo, m° Ziino,
conosco il suo scetticismo in merito e, in parte condivido la sua convinzione
che le classi di canto dei Conservatori non sappiano più fornire il materiale
canoro che era suo vanto. Eppure esse l¹hanno fatto fino a pochi decenni
addietro (seppure in tutt¹altro modo di quel che si richiede adesso), se da S.
P. A Maiella sono potuti uscire una Stignani e una Caniglia. Da S. Cecilia un
Gigli e una Elmo per non citare che alcuni nomi fra i più noti. Come è potuto
accadere che questa scuola si bloccasse in tal modo? È giusto di continuare a
rimbrottare senza capirne il perchè e senza tentare di mettere a fuoco metodi
più convincenti alle richieste dell¹epoca, come hanno fatto via via le maggiori
scuole nel mondo?
E per tentare di rispondere a
questi interrogativi che si è dato corso a questi seminari, della cui utilità
troppi dubitano ancora.
A questo punto è doveroso
rendere omaggio al dott. Boccia che, primo ed unico del Ministero, dal momento
che gli fu offerta l¹opportunità e sino a quando dall¹Ispettorato Artistico
ancora ha potuto collaborare, non ha risparmiato incoraggiamento morale né
aiuto materiale alla ripresa di questi contatti pubblici sulla tematica della
vocalità fra docenti e discenti, insieme a studiosi di altre materie di studio
legate alla stessa problematica, incontri che hanno favorito discussioni e
ripensamenti in un campo che sembrava ormai privo di speranze e di interessi
vivi sulle materie che le sono legate. Né va tralasciato di sottolineare che
Terenzio Gargiulo fu il primo dei Direttori dei Conservatori italiani che aprì
la porta ai Seminari di Canto senza contare il Congresso dei Maestri di Canto,
indetto dal Ministero nel ¹69 e che risultò a dir poco confuso, i seminari son
giunti ormai alla loro V edizione in soli tre anni. Ad essi va aggiunto il
Corso Straordinario di Lideristica realizzato a Mantova l¹estate scorsa da Elio
Battaglia (ispirato da uno scontro cruento avvenuto, grazie a Dio, al Seminario
di Torino sull¹argomento). Dato l¹interesse vivissimo che ha destato il
Seminario di Mantova, esso sembra avviato a ripetersi annualmente, amplificato
nella tematica, sotto gli auspici della città stessa.
Vi par poco?
A lume di questi dati sembra
dunque ingiustificato il pessimismo di molti circa l¹indifferenza degli
italiani per i temi vocalistici che non siano quelli del teatro di stampo
antico; teatro al quale portiamo il maggior rispetto, s¹intende, ma come tutte
le cose della vita e dell¹arte (soprattutto al ritmo travolgente con cui si
evolvono ora) vanno riesaminate e verificate a causa delle infinite nuove
prospettive che si sono aperte ai temi della vocalità, dai tempi del Bel Canto;
Bel Canto al quale la presente Scuola Italiana di Canto si illude di essere
rimasta fedelmente ancorata, malgrado tre secoli di vicende che l¹hanno scossa.
Essa non sembra rendersi conto
di quanto l¹indirizzo ideale e pratico dei grandi maestri – musicisti,
stilisti, umanisti, tecnici fuoriclasse – fosse in realtà ben diverso da
quello di ora, e come si sia deteriorata la stessa tradizione nel corso degli
anni.
Ciò non deve giustificare la mancanza
di fiducia nelle possibilità di un ³revival², solo che si applichi con umiltà e
buona volontà a volerlo fare studiando e cercando con curiosità, entusiasmo,
dedizione e moralità.
Il pessimismo e il timore a non
tentare altre rotte servono solo la stasi che deploriamo e che invece va
combattuta con fede in una seria ripresa. D¹accordo che i Seminari non faranno
miracoli, né saranno loro a sanare i mali in quattro e quattro otto, essendo
essi pure ancora alla ricerca di formule più valide che possono servire allo
scopo. Ma seppure non si risolveranno immediatamente (perché troppi sono gli
errori e i vuoti che si sono lasciati accumulare senza provvedere in tempo ad
affrontarli), i Seminari dovranno servire a smuovere le acque e a ³svegliare² i
dormienti.
Che ciò stia accadendo già lo
prova la partecipazione interessata e l¹apporto generoso, chiaro, avveduto che
hanno dato studiosi di chiara fama con la loro collaborazione ai nostri lavori.
Ad essi va il maggior merito per aver evidenziato il fatto che le ragioni
maggiori che hanno ritardato lo sviluppo di una didattica consona ai tempi è da
ricercare non solo in alcuni indirizzi errati della tecnica della voce, ma
anche nei limiti di una cultura che dovrebbe essere invece il più possibile
globale e disponibile a educare la voce in modo non avulso dagli intimi e
differenti significati umani e musicali, nel rispetto di coloro che lo
praticano, anche se con altri concetti della vocalità, tanto ciò il feticismo
della voce per la voce lo ha fatto accantonare.
Ancora una volta insisto
nell¹affermare che i nostri padri belcantisti e i grandi maestri dell¹Ottocento
quali Garcia, Lamberti, Carelli e altri usassero ben altri sistemi che non solo
quelli della cosiddetta impostazione della ³voce bella², concentrata unicamente
nella ricerca del bel suono, come se i pittori non curassero che il disegno e
il colore per avviarsi a divenire tali. Si incomincia col dimenticare la
³dimensione² diversa in cui essi, fin dal primo momento, impostavano il
problema. Tanto per cominciare i belcantisti operavano su materiali
d¹eccezione, perché i giovani che si affidavano a loro erano elementi che nella
musica e nel canto crescevano fin dall¹infanzia, e quindi erano terreni
fertilizzati ancor prima di accedere allo studio della professione del
cantante. Un sistema che anche quando fu eliminato il triste uso della
castrazione, non cessò per un pezzo nell¹Ottocento, quando vigevano ancora le
cantorie dove si coltivavano le ³voci bianche². Anche nei tempi più recenti
molti dei nostri migliori cantanti vi crebbero e furono fecondati sino alla
muta, prima di essere accolti nelle vere e proprie scuole di canto: ricordiamo
solo Schipa, Gigli, De Luca, De Angelis fra i tanti.
Al contrario cantanti stranieri
che vanno per la maggiore hanno tutti beneficiato fin dalla più tenera età
(doveri fondamentali per la formazione dell¹orecchio musicale e di rimando di
certe disponibilità e abitudine dell¹organo vocale), dell¹educazione alla
musica nella scuola dell¹obbligo sino alla Università, educazione introdotta
ormai in ogni paese civile, come dovrebbe esserlo nel nostro, perché la scuola
di canto non continui ad occuparsi di gente che, se non è superdotata per
grazia divina, raramente potrà raggiungere alti traguardi allo stato brado in
cui perviene nei Conservatori. Anche questo è uno dei temi che sono stati messi
in debita luce nei precedenti ³Seminari², ma sul quale non si insisterà mai
abbastanza, sino a che non si sarà riusciti a rendere obbligatoria e
convincente l¹educazione alla musica su tutto l¹arco della scuola italiana.
Bisogna dar man forte a chi lotta veramente per raggiungere un tale scopo.
Nel rimpiangere i risultati
dell¹epoca d¹oro della scuola di canto, occorre ancora ricordarlo, non si tiene
presente che, a quel tempo, essa era anche una efficientissima fucina non solo
di tecnici, ma quasi ³una comune² dove si lavorava a pieno tempo, secondo i
sistemi dei convitti. Negli Istituti albergavano allievi di ogni materia
musicale, per cui i cantanti si avvantaggiavano di una pratica preziosa di vita
e di esperienze continue, alle quali partecipavano anche i maestri ed alunni
strumentisti.
Da allora la situazione degli
³insegnanti viaggiatori², che ha finito per dare il colpo di grazia a quella
atmosfera di rapporti continuativi che si stabilisce con gli altri anche se non
vivendo proprio sotto lo stesso tetto, ma almeno respirando l¹aria della stessa
città e avendo l¹insegnante a portata di mano, non fosse che per chiedere un
parere attraverso il telefono. È un fattore psicologico che è stato
assolutamente sottovalutato dai burocrati ministeriali, i quali tollerano un
sistema così negativo dal punto di vista didattico. A conforto della mia tesi
potrei sottoporvi il carteggio che mantengo con alcuni giovani stranieri che
hanno frequentato i nostri conservatori, e che poi tornando in patria, mi hanno
manifestato la loro soddisfazione nel ritrovare coi loro maestri quei fraterni
quotidiani contatti coi maestri, così utili al lavoro.
Sono dunque distanze siderali
quelle che ci separano dall¹antica scuola italiana che rimpiangiamo.
Per esempio appare logico, a
quella stregua, il vero e proprio ³allenatore della voce² potesse permettersi
di tenere un discepolo per quattro anni su una pagina di vocalizzi e solfeggi,
come si favoleggia che facesse Porpora CofarinelliŠ, mentre però quest¹ultimo
veniva supernutrito di pratiche musicali e non, quali quelle di vari strumenti,
della composizione, della musica d¹insieme, della cultura generale e in un
collettivo che era già per se stesso di impareggiabile arricchimento. Così
posso capire come Porpora, lui stesso compositore sapiente e artista
fantastico, fosse in grado di rivelare al suo allievo il modo delle alchimie
vocali, che possono essere racchiuse anche in una sola pagina di note e di
sillabe ma non intese alla lettera, bensì ³nello spirito² del suono della voce,
delle sue inflessioni, sfumature, ritmi moltepliciŠ ³cose che non si scrivono²,
come dice un secentista citato da Federico Mompellio.
I segni delle altezze, dei
ritmi e delle loro durate, dei timbri, delle intensità non erano per quei
maestri che degli ideogrammi, interpretabili in mille modi, per la ricerca dei
significati multipli che può avere il suono e soprattutto quella della voce, di
cui si può comporre e scomporre l¹ordine fondamentale in tanti modi, pur
rispettando il ³suono base² e i ritmi primari.
Nella nostra scuola,
affascinata dalle regole pedisseque, quasi sempre si dimenticano queste
possibilità, ripetendo a iosa vocalizzi e solfeggi su binari fissi che, a lungo
andare irrigidiscono gli individui facendo loro perdere il gusto di esprimersi
secondo la loro natura, siaŠ (aggiunge a penna): all¹ultimo momento mi
viene l¹idea di aggiungere questo "brogliaccio" della mia lettera al
Direttore. Scusi il disordine: Forse potrà raccapezzarne qualcosa e trarre
qualche indicazione.
La Duchessa Pignatelli mi ha
detto al telefono che le ha preparato un gruppo di bambini Coristi, che forse
potranno servirle per le esemplificazioni.
Saluti cari. Il mio
indirizzo N. 399450 NAPOLI Via Nicastro 38.
Nel caso volesse mettersi in
contatto con lei.
(qui il dattiloscritto termina,
incompleto, ma sufficiente per l'argomento; seguono la corrispondenza
epistolare della Maragliano-Mori col sottoscritto, sempre sull' argomento della
formazione alla Vocalità nelle Scuole di Canto)
Dom ANSELMO SUSCA, OSB
Seguono la serie di lettere
inviatemi dalla Maragliano-Mori, secondo le seguenti date :
- Anno 1973: 14 giugno (con la
mia risposta del 17/6); 26/6/ '73; 30 agosto '73; 15/ott. '73; 23/nov. '73;
3/dic. '73.
-
Anno
1974: 30 agosto '74; - 3 nov. '74;
-
-
Anno 1975: 14/3 '75; l magg. '75; 22/6 '75;
Lettera della
Pignatelli (aggiunta in una altra lettera, perciò senza data, ma in vista del
II° Seminario da tenersi dal 15 al 25 sett. 1975)
A)
-
Prima lettera del 14 giugno 1973
Reverendo Padre,
Ieri è venuto a Roma il
Prof. Uberti il quale mi ha confermato la sua gradita partecipazione al gruppo
di studio per la Didattica della Voce che si terrà a Pamparato dal 15 al 28
luglio. Uberti ha insistito perché assumessi la guida dell'incontro. Solo (??) di responsabilità
grande ch'io vorrei assolvere diciamo... alla men peggio perché al punto in cui
stanno le cose, è vano di sperare nel meglio.
Ciò non toglie che faremo il
possibile per realizzare del nostro meglio e ciò significa di credere ma essere
d'accordo nelle direttive da dare ai lavori.
L'inserimento del Gregoriano
- da me
voluto per ragioni che avrò tempo di spiegarle a Pamparato - è cosa nuovissima per i
didatti della voce.
Bisognerà dunque procedere
con il massimo sensibilità e di diplomazia e per metterci d'accordo, l'ideale
sarebbe stato di parlare un poco. Ma per Lei sarà impossibile di venire a Roma.
Non mi fido del telefono perché "per filo" mi sfuggono le sfumature
del discorso. Non ci resta che la corrispondenza.
Confido che attraverso di
essa potremo intenderci almeno in linea di massima.
Purtroppo non sono certa di
stare a Roma, se sarò a Milano a lavorare con la Berberian e gli altri
interlocutori. Comunque le do i due indirizzi, scusandomi di chiederle il piacere
di mandarmi una doppia copia della sua lettera. A Roma,0083 Via Cuma,2 - A
Milano 20144, Via Eida,6.
E veniamo al dunque. Lei
saprà bene che mentre un tempo nei Conservatori si spiegava il significato
storico del Gregoriano e si avviasse una piccola pratica, oggi perlopiù lo si
ignora e ci si occupa unicamente del ritmo "tra le stanghette" a
tempo di metronomo. L'aritmetica invece della matematica! E nessuno si rende
conto dei danni che il sistema cagiona non solo all'emissione ma al discorso
musicale. Gregoriano non si fa se non si distribuisce saggiamente il fiato e
non si segue la prosodia o il melos insiti nella sua stessa essenza. Per di più
il Gregoriano è uno stile che sintetizza l'apporto di tutto un passato...
(com'è nell'aspirazione moderna): l'orientale, l'ebraico, di cui porta tracce
evidenti.
Inutile insistere sugli
altri fattori dei quali Lei conosce meglio di me, l'importanza. Soprattutto lo
sviluppo della notazione, che parte di lì la neumatica è veramente un'alpha...
Ma i suaccennati sono in due
punti essenziali che dovrebbero risultare dal suo discorso introduttivo, per
legare con quelli che faremo da Berberian ed io, dal fiato, sulla distribuzione
degli accenti, sullo sviluppo delle tecniche in rapporto agli stili ed al loro
evolversi sino agli ultimissimi più tendenti alla spazialità che alle formule
temporali. Dopo un primo, rapidissimo giro d'orizzonte, noi vorremmo far
praticare direttamente ai partecipanti qualche brano di Gregoriano, perché lo
percepiscano con la loro stessa sensibilità. Non oso proporle nulla ma io per
es.( quando mi esercitavo per l'esecuzione delle Composizioni barocche, mi
presentai in una lunga tournée con Ugo Sesini), cantavo quotidianamente l¹ "Asperges me'' dell'extra
tempus paschale (p.s. manuale divini offici), il "puer natus est" (p.
96) del Graduale di p. 102 o quello di p. 2 opp. Quello di p. 102 ed altri. E
naturalmente il "Victimae
paschali laudes": erano una vera medicina.
Naturalmente Lei sceglierà
ciò che naturalmente le sembrerà più opportuno: ma dovrebbe segnalarci in tempo
i brani scelti per trascriverli in notazione moderna, per farne fare delle
fotocopie da dare ai presenti. Non so se sono riuscita a darle un'idea di ciò
che ci aspettiamo dalla sua collaborazione e se Lei è d'accordo.
Spero che avrà la cortesia
difarmenle sapere. Insieme all'epoca in cui potremmo programmare la sua
presenza. Ideale considereremo dal 15 (inaugurazione e giornata per discutere
tra noi il piano di lavoro, e il 21 compreso).
In attesa di un suo gradito
cenno la saluto cordialmente
Sua Rachele Maragliano Mori.
Alla suddetta lettera tien
dietro la mia risposta, del 17.6.1973
Gentilissima Maragliano Mori
Mentre la ringrazio del
dettagliato ragguaglio del come verrà impostato il ns. comune lavoro, mi trovo
pienamente d'accordo circa la impostazione del mio specifico compito, e che
avevo già cominciato a predisporre. Comunque per una migliore intesa, analizzo
qui per iscritto le linee generali del mio lavoro, seguendo le indicazioni da
lei segnalate.
1° - Un discorso
introduttivo sugli elementi ritmico-modali propri del gregoriano che
giustificano una propria estetica della Vocalità.
2° - In questa medesima
introduzione, potrei benissimo ricollegarmi al problema specifico che sarà
trattato da Lei e dalla Berberian, sulla pronuncia e la musicalità propria
dell'accento latino post-classico, che è un elemento base non solo di un
'autentica interpretazione del gregoriano, ma dell'evoluzione stessa e
formazione del repertorio gregoriano più arcaico.
3° - Non credo sia opportuno
spingere il discorso al rapporto con altri stili di estrazione orientale, se
non nei limiti in cui la modalità gregoriana ed il suo ritmo condivide con essi
la sua grande libertà di espressione. Questo perché sono personalmente
persuaso, seguendo in ciò le conclusioni dell'analisi intrinseca delle forme
raggiunte dalla Scuola di Solesmes, della relativa dipendenza del gregoriano
dalle forme musicali preesistenti. Il canto ebraico, a mio parere, costituiva
l'humus modale, in cui il linguaggio latino ha dato vita al suo canto proprio.
Ho voluto dilungarmi e
chiarire il mio pensiero su questo, perché non ci si perda in quei pochi giorni
disponibili in una sterile retorica, ma sulla base di saldi principi scaturiti
dal fatto musicale analizzato alla luce del linguaggio latino, della sua
propria accentuazione, e dell'indagine semiologia, passare alle esercitazioni
protiche.
4 ° - In quanto alla scelta
dei brani, credo opportuno farle notare l'opportunità di mettere insieme un
piccolo repertorio in cui siano presenti le varie forme (melismatica, innodica,
responsoriale, ecc.), dove le esigenze della vocalità variano, dando la
precedenza a quei brani che per la loro arcaicità meglio riflettono la purezza
melodica e la struttura modale. Naturalmente i brani da lei segnalati trovano
bene il loro giusto e degno posto.
5° - Un ultimo punto: mi
consentirà di non tradurre in scrittura moderna la grafia neumatica: il
linguaggio musicale ne viene snaturato (anche se l'attuale grafia non è
l'ideale); anche perché vorrò avvalermi dell'edizione del "Graduale Neunèe" di
D. Cardine, coi segni paleografici. Di ogni brano, con note chiarificatrici, ne
farò delle cartelle di cui ogni alunno potrà disporre. Naturalmente questo
potrò portarlo alla mia venuta. Quante copie, più o meno? Concordo con la data
del programma. Attendo consensi o dissensi sul programma presentato.
Segue la firma.
2° Lettera di risposta della
Maragliano del 24-6-'73 da Roma
Gentilissimo Maestro, la Sua
cortese ed esauriente lettera mi ha trovata ancora a Roma, dove la Berberian e
Uberti sono venuti, sicché abbiamo potuto incontrarci qui. La ringrazio molto e
aderisco pienamente al suo programma, pregandola solo, se le sembra possibile
farlo, di mettere in risalto il rapporto che esiste tra la ritmica e la
modalità gregoriana e il processo musicale della musica rinascimentale che a
mio parere ne è ancora influenzata, mentre dal '700 in poi ci se ne allontana
sempre di più, sino ad arrivare alla rottura dei nostri giorni, appunto per la
"strozzatura" del ritmo e della modalità, a cui è pervenuto il nostro
sistema. Quali sono gli elementi positivi e negativi dei due sistemi. La
ragione per cui abbiamo incluso il gregoriano nei lavori di Pamparato è stato
proprio di far notare ai giovani maestri e cantanti di oggi i vantaggi e gli
svantaggi delle due opposte concezioni e di trarre con loro le debite
conclusioni, sia pure a volo di uccello come dovrà essere fatto per ragioni di
tempo.
Detto questo son certa che Lei
intenderà a perfezione il nostro punto di vista e il nostro scopo e che sarà un
validissimo collaboratore.
Tenga presente che si rivolge a
degli "ignari", di livello culturale assai limitato, timorosi di
uscire dal loro piccolo imbuto. Si prepari perciò ad usare un linguaggio molto
semplice e a circoscrivere la sua esposizione, pur dandole quel rilievo che
dev'essere dato. E' la prima volta che si propone l'argomento nel campo dei
vocalisti.
Lo stesso per le esercitazioni.
Capisco il suo desiderio di spaziare.
Ma dopo l'introduzione non ha
che cinque sedute disponibili e varrebbe la pena di approfondire la melismatica
e magari l'innodia, accennando alla (salmodia) responsoriale. Non crede anche
Lei? Comunque dal 4 luglio può scrivermi all'Istituto Corsero di Pamparato e
possiamo approfondire.
Le fotocopie del Graduale di D.
Cardine, Uberti mi dice che si possono fare a Pamparato, dove hanno la
macchina. Non sappiamo ancora dei partecipanti che ben vorremmo che superassero
la quindicina; perciò non potrei essere preciso in proposito.
In attesa di sentirci e di
conoscerci, la saluto cordialmente.
Sua Rachele Maragliano Mori
3° lettera - Roma 30 agosto
1973
Gentilissimo Don Anselmo ho
tanto ritardato a farmi viva in attesa che Uberti mi rimandasse gli articoli di
Sesini che gli avevo dato da leggere, e che temo assai abbia smarrito insieme
ad altre cose. Se no, perché tardare tanto a restituirmeli? Ora gli ho fatto
sapere che glieli spedisca direttamente. Speriamo bene... In attesa le invio la
mia traduzione dell'articolo di Panangartner sull'appoggiatura, ma delle tante
"grazie" del bel cantismo che si sono rinnegate per l'abuso che se ne
è fattoŠ Le solite tristi vicende della storia tanto restia a discernere e a
mantenere scissi valori reali da quelli falsi.
Non è accaduto lo stesso col
"nostro" Gregoriano?
Sono felice e fiera del
successo che ha avuto il suo lavoro a Pamparato, grazie alla sua grande
preparazione, intelligente sensibilità e apertura verso i giovani. Speriamo che
l'esperienza si possa ripetere lassù e altrove. Sembra che "rigalleggino"
i valori, se perfino Paolo II pare disposto a ripristinarlo...
Ho letto con calma e grande
diletto il suo fascicolo tanto chiaro, sintetico e preciso. Vorrei che molti lo
conoscessero e lo meditassero e a questo scopo lo proporrò a quanti più posso.
Intanto la prego di farmene
mandare 2 copie in contrassegno a Via Cuma ed una alla Berberian (in
contrassegno a me lo stesso) alla quale desidero offrirlo. Sono molti e
importanti gli argomenti della musica che Lei tocca partendo da quella
"fonte primaria".
La mia salute è sempre
"aleatoria", e purtroppo penso che il traguardo degli 80 mi costringa
a limitare i miei slanci verso l'attività intensi che occorrerebbe per smuovere
l'ambiente nostro così addormentato. Ma chissà che prima o poi capiti a Bari a
tentare di convincere Rota a ripetere nel suo Conservatorio un'esperienza come
quella di Pamparato, ovvero sia un lavoro in collettivo? Lei che è dalla parte
dei Santi, preghi che mi aiutino a mantenere vitale la fiamma della fede e
dell'entusiasmo che occorrono all'impresa.
Se vede il tenorino (che
speravo mi scrivesse) e la Tadino me li saluti e il M° Giannelli. Chissà se
loro ricordano l'elettrica vecchietta che tentava di "contaggiarli"?
(forse invano!)
Se viene a Roma si faccia vivo,
per una bella chiacchierata, caro Don Anselmo: il mio tel. è 7583883, nelle ore
di pranzo; (ma fino al 15 sett. sarò in campagna).
Mi dia sue notizie ed abbia un
cordialissimo saluto da
Rachele Maragliano Mori
4° lettera: dal Policlinico
Gemelli il 15 ott. '73
Gentilissimo Padre Anselmo, con
riconoscenza ho ricevuto la sua buona lettera, i fascicoli, i francobolli,
mentre mi avviavo a questo periodo di reclusione per cercare la causa dei
disturbi che Lei sa e che si sono aggravati, mediante esami clinici
approfonditi. Per ora non hanno dato alcun risultato e resto in attesa della
conclusione.
Qualunque essa sia, sento però
che è venuto il mio turno di riposo (se pur forzato) e che ormai dovrò stare a
guardare le nostre nobili battaglie, partecipandovi spiritualmente ma non praticamente,
purtroppo!
Mi auguro che il successo di
quest'anno induca Uberti a continuare il Corso di Canto Gregoriano a Pamparato,
invitando a parteciparvi anche i Compositori. Perché Lei ha ragione: non è solo
la ritmica, ma la singolarità della modalità così affine alle ricerche dei
Contemporanei che dovrebbe attrarre l'attenzione dei giovani alla ricerca di
nuovi spazi d'espressione. Uberti ha ritrovato gli articoli di Sesini; li farà
fotocopiare e glieli manderà. Vedrà come anche lui riteneva utile che la
pratica del Gregoriano si facesse nei Conservatori, per varie ragioni. Ci si
arriverà certamente, ma ci vorrà tempo, perché in questi tempi di crisi non
sarà facile pretendere l'Istituzione di una cattedra... a meno che qualche
politico non abbia interesse a farsi dei "clienti". Comunque quando
mi metterò in circolazione non mancherò di scrivere al caro grande amico Nino e
gli ricorderò l'importanza del caso.
Intanto non crede di poter
avvicinare la bravissima Signora Pazienza, portandole i miei fervidi saluti e
chiederle se non le interesserebbe un piccolo corso (privato e gratis, tanto
per incominciare) di aggiornamento sull'argomento per i suoi allievi? E' così
aperta ad ogni nuova voce che se Lei sa convincerla della flessibilità che le
dà al cantante la pratica del canto gregoriano, forse potrebbe diventare una
sua preziosa collaboratrice. Le vie del Signore sono infinite e non bisogna
trascurarne nessuna, nevvero? Se io avessi la mia scuola fiorente di un tempo,
la chiamerei senz'altro a fare un ciclo di lezioni. Ma non la dimenticherò!
Distribuirò il suo volume e chissà che non si trovi qualche interessatoŠ A
proposito a chi devo mandare il vaglia per le tre copie? La Signora Berberian
l'ebbe a Pamparato?
Tornando a casa leggerò con
interesse il suo studio sull' accompagnamento del Canto Gregoriano. Non era il
caso di portarlo quassù. Però il mio sarà un giudizio da incompetente,
purtroppo.
Lei sa con quanta convinzione
seguo e faccio auguri per la sua battaglia, alla quale auspico il successo che
merita. Lei è giovane e pieno di fede e ne verrà a capo, speriamo. Mia figlia
ricambia i migliori ricordi, la Giovanna la ringrazio per il gentile pensiero
dei francobolli e per il bel ricordo delle foto tanto ben riuscite: sono un
caro ricordo di giorni felici.
Ricambio di cuore l'abbraccio
affettuoso.
la Sua Rachele Maragliano Mori
5° lettera: Roma 29 - 11- '73
Caro Amico, spero che le sia
ben giunta l'ultima mia, con la quale la ringraziavo per le pubblicazioni,
delle foto, dei francobolli.
Nel frattempo ho incominciato a
rigalleggiare un po' con la salute e ciò mi consente di partecipare
ufficialmente all'organizzazione del seminario che dal 15 al 19 dic. avrà luogo
a Napoli, come certamente avrà già avuto notizia.
Sono molto felice di essere
riuscita ad inserire anche un pomeriggio di gregoriano e che sia affidato a
Lei. Tutto si svolge a tamburo battente, perché i fondi destinati a S. Martino
sono improvvisamente stati stornati a S. P. a Maiella e proprio nel momento
dell'incontro dell'Istituto e dell'avvento della nuova direzione Ziino. Quindi
l'organizzazione dei Seminari ne è un po' affrettata e caotica, ma sarà sempre
l'occasione di un incontro fra le parti che gioverà a tutti.
Il programma definitivo lo
riceverà non appena stampato, ma posso assicurale che è abbastanza buono, se
pur fatto di soli 5 giorni, durante i quali verranno trattati i temi più
diversi. Quindi bisogna sintetizzare al massimo i discorsi, pur mirando a
chiarire i problemi. Non so se le avranno comunicato la proposta che io ho fatto
che Lei trattasse del "Ritmo e della Modalità nel Canto Gregoriano e loro
affinità con le ricerche nel Canto Contemporaneo": e cioè il superamento
del mensuralismo e della tonalità formalistica che ne più ne meno hanno
incatenato la voce e le sue potenzialità. Lei è maestro del tema e saprà
evidenziare anche in breve come ha fatto nel suo libro. Potrebbe avere a
disposizione un piccolo gruppo di signore romane che sotto la guida di un
sacerdote esercitano da qualche tempo il canto gregoriano. Esse potrebbero
essere a Napoli la domenica mattina (16 dic.) e Lei potrà prepararle per una
dimostrazione pratica dal suo dire del pomeriggio, come faceva magnificamente a
Pamparato. Mi sappia dire al più presto se è d'accordo, perché si possa
invitare le signore a mettersi a disposizione. E soprattutto mi confermi per
giro di posta se è d'accordo nell'impostazione del temaŠ Urge la stampa dei
programmi.
Non ho il tempo per dilungarmi
di più, ma avremo occasione di risentirci in questi periodi. E con ciò le do la
prova del mio ricordo e della viva presenza nella mia mente della
"crociata" che ci interessa. Questa sarebbe la prima volta che in un
Seminario "ufficiale" (Pamparato non conta) in Conservatorio vien
messa sul tappeto la questione, perciò la cosa va presentata bene, se si vuol
tentare l'introduzione della materia nella scuola.
In attesa di sue notizie, la
saluto affettuosamente.
Sua Rachele Maragliano Mori.
6° Lettera del 3 dico '73
– ROMA
Caro Don Anselmo, la Sua
adesione mi rallegra molto. Penso che a quest'ora le sarà giunto l'invito
ufficiale al Seminario al quale ne son certa Lei darà un vivo e concreto
apporto alla Causa.
Io non ho da darle nessun
consiglio, perché Lei ha inteso benissimo la ragione per cui si riparla tanto
del Canto Gregoriano come valore in sè, per lo spirito di libertà interiore che
lo anima nella sostanza quanto nella forma, una libertà nella forma inebetita
dalle regole del mensuralismo e della tonalità che come tutte le tecnologie,
arrivate a un certo punto, incatenano lo spirito che vede potersi librare nello
spazio senza catene per captare le vibrazioni infinite dell'universo.
A questo più con tutti i suoi
errori aspira l'uomo moderno nel senso più alto e più vero della libertà: ed è
questo il filo che lega l'antichissimo canto, all'aspirazione del modo di
esprimersi attuale.
Disegni la musica nell' aria
come Lei faceva così bene a Pamparato con gesti adeguati, ai quali non deve
rinunciare. No so quanto un registratore possa giovare allo scopoŠ ma Lei sarà
il miglior giudice! Non credo che un piccolo gruppo del Coro dell'Abbazia
potrebbe dare maggior risultato? Ne parli col M° Rota e ne scriva al M° Ziino
(per espresso), prospettandogli la cosa e sottolineando che l' Archiv l'ha
richiesto su un 33 giri.
Me ne congratulo con Lei, così
come del Concerto.
Non credo che la mia salute,
ancora incerta, mi consentirà di venire a Napoli. M¹avrò notizie
dell"'Impresa" e son certa che saranno ottime.
Esordisca spiegando l'interesse
del Canto Gregoriano, (purché i maestri di canto capiscano perché viene incluso
nel Seminario) per la resp. (?) naturale ma dosata entro il fraseggio e
l'importanza dell'idea che si esprime nella parola e nel fervore costante della
PAROLA, che va intesa in ogni sua inflessione e modulazione, quale annuncio del
Divino che la circonfonde come un raggio.
Ma Lei non ha bisogno di
suggerimenti! La "folgorazione" le viene dall'alto.
Le auguro tante buone cose, con
tanti cordiali saluti.
Sua Rachele Maragliano Mori.
7° - lettera da Castel Gandolfo
del 30 -8- '74
Gentilissimo Don Anselmo,
l'altro ieri è passato a trovarmi la nostra Maya e mi ha dato da parte sua il
programma di Pamparato e la doppia copia delle sue dispense. Prima di rientrare
in città voglio ringraziarla di cuore. Mi son gettata a corpo morto sulle sue note
ed ho ammirato la ricchezza e la profondità delle sue cognizioni solo che sono
tante e così specifiche che senza la sua guida non è facile orientarcisi. E se
non ci riesco io che più o meno, ho qualche cognizione in merito, mi domando
come potrà riuscirvi chi è digiuno della o meglio delle questioni..
In ogni modo le manderò a chi
di ragione e vedremo le reazioni.
Maya mi ha riferito che lei è
stata un po' delusa di quelle di Pamparato. Ma non crede di aver mirato un po'
alto per un ambiente di "profani" qualeŠ però altro che essere il
gruppo che si riunisce a Pamparato, per raccogliere idee alla superficie?
Nell'affrontare il mio esame di coscienza nella solitudine di questa mia
vacanza inattiva, mi sono chiesta se non avessero qualche ragione coloro che mi
rimproveravano di fare dell'Università nella scuola di Canto. Di fatto dovrebbe
esserlo, poiché i Conservatori sono considerati a livello universitario; in
realtà sappiamo tutti che il loro livello è al massimo quello delle magistrali,
di scarsissima misura, per la maggioranza del corpo insegnante... e non
parliamo degli allievi.
Lei, io, il nostro Uberti
facciamo bene a trattare costoro da individui coscienti e maturi o non
rischiamo delle vittorie di Pirro?
Io, ormai, credo proprio di non
avere completamente centrato, proprio per aver troppo preteso. I frutti di
Pamparato ritengo che potrebbero essere maggiori se il discorso fosse fatto su
un piano a maggior portata di tutti.
Forse mi sbaglierò (ricordi la
sua perplessità nei riguardi delle lezioni di Ceccato). Però se si realizzerà
il piano da Lei proposto di contatti tra docenti e allievi per preparare il
programma futuro, tenga presente la mia segnalazione.
E discutete sull'utilità di
insistere sulla prassi più che sulle cognizioni e le ricerche storico-scientifiche,
che non servono la pratica immediata dei giovani del nostro tempo. Maya che ne
è esemplare d'eccezione, ha dovuto rincorrerla sino a Noci per realizzare
qualche cosa; i più non lo possono fareŠ né Lei avrebbe tempo di occuparsene,
secondo che mi ha detto Maya, molto contenta per il suo soggiorno.
Caro Amico, spero che lei
intenda nel giusto senso il mio rilievo e che mi scuso per averlo fatto. Ciò
non toglie nulla alla mia ammirazione per il suo sapere e il suo entusiasmo, al
quale auguro il successo che merita.
Ho saputo dalla Pignatelli che
per quest'anno non farà nulla a S. Martino... che d'altronde è molto, troppo
fuori mano. L'ho esortata ad avviare qualcosa a Napoli sia fra i
"profani" (il suo mondo) che tra gli iniziati (Conservatorio).
Scriverò al M° Ziino per
incitarlo ad introdurre la materia a S. P. a Maiella. Lei chieda a Rota di
parlargliene alla prima occasione e se ha qualche altra possibilità di far
premere su di lui, la usi.
Accolga il mio saluto
affettuoso e il ricordo migliore della
Sua Rachele Maragliano Mori
P.S. Corregga le dispense che
sono piene di errori e possibilmente aggiunga i segni calligrafici dei neumi,
alla loro enunciazione.
8° - Lettera del 3 nov. '74 da
ROMA
Carissimo Padre Susca, sapendo
come è impegnato non mi rammarico dei suoi silenzi; ma quando trova modo di
interromperli mi fa un gran piacere. Tanto più quando ha da comunicarmi delle
belle notizie come quella della sua scuola di Monopoli, distaccata del
Conservatorio di Bari.
Mi sembra che anche assente, il
nostro Rota non manchi di fare qualcosa di buono.
Ottima cosa il suo proposito di
"raccogliere" o concentrare la sua attività! Troppo e bene raro
avviene, secondo il vecchio proverbio.
Il gusto del Gregoriano non
mancherà di riemergere se qualcuno se ne occupa con amore.
Ha visto che persino a
Canzonissima ha vinto l'Ave Maria del '300 gregoriano che ancora sopravvive in
Sardegna? Importante sarebbe di uscire dalle Accademie, perciò ho esortato
Melina Pignatelli a creare un gruppo a Napoli come ha fatto la Zingone con
successo (ma il sacerdote che guida il gruppo sembra che non segua l'indirizzo
di Solesme).
Purtroppo la salute della
nostra amica non è brillante e questo limiterà la sua azione. Stiamo a vedere.
Intanto Lei prenda contatto col buon Ruggero e con gioro (?); a primavera spero
di riuscire a fare una corsa a Napoli per sostenere la causa.
Lei da me venga quando vuole e
sarà sempre il benvenuto: se potrò esserle utile ne sarò felicissima.
Convocheremo anche Guaccero che potrà esserle di validissimo aiuto forse più di
me, perché lui è sicuramente al corrente delle pubblicazioni sulla ritmica più
attuali. Le notizie che le ho date nel mio libro, le ho desunte da Ansermet e Bruno
Walter, pubblicazioni non specifiche che ho citate in bibliografia. Per di più
ho vivo nel ricordo i suggerimenti di Ugo Sesini, che in riferimento alle
musiche trovadoriche ha trattato ampiamente l'argomento ritmica spaziale in
contrapposto alla ritmica censurale, principio che è alla base del Gregoriano,
se non sbaglio.
Ed è stata come una radice che
ha fecondato tutti gli stili anche a loro insaputa. Definire però i termini è
un compito che richiederebbe studi appropriati, che io mestamente, le confesso
di non aver fatto. Avendo studiato "un po'" di gregoriano a S.
Cecilia con il M° Kangler, avendo lo un po' praticato con Liuzzi e con Sesini,
me ne è rimasto il gusto: e l'intuizione che in linea di massima, la maniera di
trattare "melopeicamente" il ritmo, sia applicabile a qualsiasi
genere di musica e ne nobilita lo stile, dandole un "respiro" che il
mensuralismo limita: ma di qui a indicarle precisamente dei brani o
specialmente dei recitativi ai quali applicare specificamente il sistema
gregoriano ce ne corre.
Non occorre insistere sul fatto
che per tutto il '600 è ancora presente l'influenza della ritmica gregoriana in
qualsiasi autore si affronti, pur che si tenga in conto anche l'incisività
della parola in questo periodo e della fluidità del discorso, che i più
intendono metronomicamente (o forse mi sbaglio?). Sono d'accordo sulla
necessità che questo discorso andrebbe fatto su attuazioni concrete, come, se
ben ricorda, io ho tentato di avviare nelle mie poche lezioni di Pamparato, ma
su qualsiasi testo mi capitasse o libri, perché per me è divenita una prassi
naturale che nasce da un fatto culturale frutto di una scelta e di una
educazione.
Perciò ritengo che a Lei, che
non ha grande pratica di altri stili, non gioverebbe insistere sui particolari,
e meglio sarebbe attenersi al suo proprio rilevando in linea generale la
traccia che il canto gregoriano ha lasciato nella storia. L'averla trascurata
non ha giovato. Resta però il fatto che i grandi interpreti ne hanno intuito e
rispettato tutti il filo conduttore e che i Compositori d'avanguardia ricercano
tutti "la spazialità". Persino la Chiesa l'ha rifiutata introducendo
i testi musicali vigenti che di peggior gusto non potrebbero essere. La
propaganda quindi andrebbe incominciata dall' interno:
Caro Amico, proseguita
all'esterno a livello più popolare direi. Certo che un attacco alle vecchie
putride istituzioni va fatto perché i giovani che le frequentano siano messi
sull'avviso: compositori, pianisti, cantanti... e soprattutto maestri (per così
dire). Ma importante sarebbe raggiungere strati più popolari, in fondo
disponibili e che hanno in mano il futuro. Non so se è al corrente
dell'esperimento di un teatro d'avanguardia danese, svoltosi proprio in Puglia.
Sono andati a lavorare nei paesi, eccitando e incitando uno scambio che ha
arricchito entrambe le parti. Con il gruppo della sua scuola Lei potrebbe fare
altrettanto e incominciare a portare il canto gregoriano nelle messe dei paesi
circostanti, come fa la Zingone a Roma. Vanno a Pietralata a S. Cosma e Damiano
e alla mia Chiesetta di quartiere... tanto per cominciare. Naturalmente non è
il caso di tralasciare l'altro filone, il quale però va sempre più a rilento.
So della Ribatto, glielo ho
suggerito io e speriamo che vada in porto - a Modena adesso c'è la Maya (Via
Lama, 5 - Pansano di Campogalliano - Modena), gran "maneggina" nella
provincia più aperta d'Italia: le scriverò, lo faccia anche Lei. E così la
Uberti per Pesaro, dove sembra contare e dove c'è direttore Carmignani, giovane
attento e curioso. Batta pure all'Aquila con Costarella (Guaccero non c'è più):
anche quello è un centro avanzato e attivo. Le auguro buona fortuna.
Io sto benino, a patto di
alternare città-campagna, perciò vado e vengo da Castel Gandolfo. In gennaio
però avrò un periodo stabile a V. Cuma, può organizzare una sua visita me ne
avverta per tempo affinché possa prenotare l'amico Guaccero per fare insieme un
bel summit. Sarebbe bellissimo.
Intanto le faccio i miei auguri
per la sua bella attività: e sin da ora per Natale e Capodanno, ormai così
prossimi.
Con molti affettuosi pensieri e
un abbraccio "donnesco", mi abbia
Sua Rachele Maragliano Mori
9° - Lettera del 14 - 3 - '75 -
da Roma
Buona Pasqua, caro Padre
Anselmo Dopo anni di vane richieste Uberti mi restituisce gli articoli di
Sesini dei quali le avevo parlato e che mi sembrano di una attualità
impressionante. Perciò li ho fatti fotocopiare e ne mando un'esemplare a Lei,
ma al nostro "fantomatico" Rota ed una a ZiinoŠ perché le vogliono e
possono, ne traggano le debite conseguenze.
Oh! Questi 81 (anni) quanto mi
pesano, caro Amico. Con la forzata inattività a loro inerenti!!! Il cervello e
il cuore bollono come sempre, ma la "macchina" è in pessime
condizioni e mi tien ferma a forza, se no saprei ben dare i debiti scrolloni a
tutto questo gran fanfaroni, "que molt promet e ren noŠ garia", dice
un verso di Bernard de Ventadorn.
Con Pamela, che sta facendo
progressi - la ricordiamo spesso. Ma alla poverina hanno tagliato gli aiuti
dall' America, perciò non viene a trovarla. Perché non viene Lei una volta? Ci
sarebbe tanto su cui discutere.
Andrà a Pamparato? Ho
l'impressione che no e me ne duole. Quel cervellone piemontese pretende troppo
dalla sua "sapienza" e ho paura che anche lui faccia naufragare
un'iniziativa che avrebbe potuto dare frutto. Dove andrà? Me lo faccia sapere.
Buona Pasqua e molti affettuosi
pensieri dalla sua vecchia amica
Rachele Maragliano Mori.
10° Lettera del 1 -5 - '75 -
Caste! Gandolfo.
Caro don Anselmo, Può
immaginare il piacere che mi ha fatto il ricevere sue notizie e il Suo
bell'articolo, per il quale la ringrazio molto. La sento un po' scoraggiato ma
Lei non deve dimenticare che il nostro paese attraversa una crisi drammatica
che assorbe l'interesse e le energie per le cose dell'arte, soprattutto per
quelle situate in epoche tanto lontane, come il Gregoriano, del quale la sua
grande Madre si disinteressa a tal punto.
Se Lei riesce a mantener vivo
l'interesse in Conservatorio presso alcuni giovani fa già molto ed è seme che
darà frutto. L'amica Pazienza ha avuto una educazione così esclusivamente
vocalistica di tipo '800, che si spiega il suo disinteresse. Purtroppo non è la
sola tra didatti! D'altra parte l'intensa attività dei Conservatorio
contemporanei, nettamente antimensuralistici arriva per altro per altra via a
rompere gli schemi e costringe a molte costruttive riflessioni, i contatti dei
quali non pochi fanno miracoli. Mia figlia che gira e ascolta molto mi riferiva
le esecuzioni di ottimo livello che si sentono non di rado in "alti
lochi" ma anche a livelli minori.
Come Lei sa le vie del Signore
sono tante e non è escluso che si arrivi con altri meglio là dove non vogliamo.
Con ciò non bisogna cessare di usare l'apporto dovuto, ma senza illusioni e con
la fede che il buono e il giusto si farà strada.
Comunque ho appena scritto alla
Pignatelli perché non fa una settimana di gregoriano a S. Martino. Le
iniziative pullulano ma chissà che non possa rientrarci anche quella. Le
scriverà per proporle di venire al posto di Pamela, la quale a fine maggio va
in Germania, come le avrà scritto.
La duchessa canta bene e
potrebbe fare un bel programma. Sarebbe l'occasione per discutere di S.
Martino.
Con vivo interesse ho letto il
suo articolo, come sempre ricco di spirito e notizie interessanti. Spero che
Uberti lo pubblichi sul bollettino se lo avrà raggiunto in tempo. Quindi per
questa volta va benissimo così. Ma se riprende la penna per altri lavori,
vorrei permettermi di suggerirle una maggiore dialettica col movimento degli
studi musicali in atto. Perché la vera importanza dello stile gregoriano sarebbe
quello di essere inserito nel gran discorso comune non quello di erigergli un
bel altare e soprattutto bisognerebbe insistere ed arricchire il rilievo dei
rapporti con la modalità, che sta riprendendo il sopravvento sulla tonalità
chiusa nelle formule grandi e piccine.
Ho l'impressione che questo sia
il punto, la chiave per ravvivare l'interesse del rapporto vitale con il gran
fiume di studi dei gironi nostri. Se ne tiene un po' al corrente o è troppo
assorbito dalla sua attività di insegnante? Mi rendo conto che non è facile
farlo, benché mi rattristo di non partecipare ai lavori in corso, ringrazio il
cielo di essere fuori della mischia, perché è un vero problema abbracciare
l'interdisciplinarietà dal momento che sta facendo i conti col passato, mentre
apre e cerca di aprire le vie dell'avvenire! Un'ora "colossale"
veramente! Spero che a Pamparato avrete un buon pubblico. Non ne so nulla di
nulla e conto su di lei per avere notizie di ciò che avverrà lassù.
La mia salute non è brillante e
conto sulla sua preghiera perché Dio mi aiuti a sopportare serenamente gli
acciacchi e la vitarella a cui mi costringono. Guidatemi anche voi giovani
amici antichi e nuovi e siate certi che con lo spirito son sempre fervidamente
fra voi ad incitarvi, ad augurarvi la buona semina ed il miglior raccolto.
Con cordiali saluti la tua
vecchia amica Rachele Maragliano Mori.
Le canzoni trobadoriche le
trova ancora sicuramente da Dongiovanni e ritengo che possa avere anche
l'appassionante Romana Cantilena. L'altro non so.
11° - Lettera del 22 - 6 - '75
Gentilissimo dom Susca, la
duchessa Pignatelli mi chiede di informarla che nel mese di settembre (in data
da stabilire) si propone di organizzare nel suo castello di S. Martino Valle
Candida (Benevento) un incontro in piccolo formato, sul tipo di quello di
Pamparato e dei precedenti seminari sulla vocalità, dei quali Melina Pignatelli
è stata come Lei sa, la più valida animatrice a Napoli.
Con mobilissimo intento essa si
preoccupa di tener desto l'interesse sull'argomento anche nel meridionale e a
questo scopo vorrebbe dare il via all'incontro di S. Martino.
In questa occasione della
sezione specifica della voce si occuperebbe Lucia Vinari, nota nei maggiori
teatri italiani, e che ha già insegnato a S. Cecilia. Degli abbellimenti e loro
significato si occuperebbe il prof. Cavicchi dell'Università di Bologna o
Benedetti-Michelangeli di S. Cecilia. Del gesto e del ritmo la dott. Glats
della Scuola Orff-Dalcroze, che ha già partecipato al l° Seminario di Napoli
nel '71. Un piccolo gruppo d'èlite al quale il Prof. Colarizi del Ministero
delle P.I. non mancherà di venire a dare il via o a trarre la conclusione dei
lavori.
A tale incontro si vorrebbe che
non mancasse il suo apporto dato che sempre più evidente si fa la necessità di
rivalorizzare lo studio del Canto Gregoriano, del quale Lei solo, in Italia a
nostra conoscenza, è l'apostolo riconosciuto ed apprezzato.
Le saremmo grati se volesse
informare al più presto la Duchessa Pignatelli (V. Nicotera 38, Napoli) se è
disposto a dare ancora una volta la sua preziosa collaborazione all¹iniziativa
in corso, col consenso dei suoi superiori, i quali apprezzeranno la stima
sempre crescente che circonda la sua opera di divulgazione.
In attesa di sue notizie che
vorrà dare direttamente alla duchessa Pignatelli, la ringrazio e la saluto
cordialmente.
Rachele Maragliano Mori
Lettera della Duchessa
Pignatelli, - senza data né provenienza di recapito.
Gentilissimo Professore, nel
venire a Lecce ho sentito che non stava bene in salute, dalla Malaguzzi
Valerio, fermarmi a Noce (sic!) ma poi non è stato possibile. Dunque il nostro
corso a S. Martino va delineandosi. Certo sarà una cosa modesta e per ora
privata. Vorremmo cominciare proprio dal Gregoriano. La S. Vinari, allieva
anche lei della Maragliano ed ormai insegnante di Conservatorio farebbe la
musica da camera (da noi a Napoli è un gran fiorire di queste cantanti che
desideranoŠ delle basi!) Si farebbe anche un po' di Lied tedesco con alcuni
buonissimi pianisti.
Al più presto le mando il programma.
Per il suo corso ci orientiamo su quello svolto nel 1974 a Pamparato, semmai un
po' meno vasto? La data: dal 15 (lunedì) settembre al 25, così non si capita
con altri corsi ed anche i Conservatori non sono in attività.
Non ho ricevuto il programma di
Pamparato '75.
Molto cordialmente
Melina Pignatelli
12° Cartolina senza data né
recapito di partenza.
Caro Dom Anselmo, mia figlia mi
ha portato quassù la sua bella lettera da Pamparato che mi ha fatto grande
piacere! Immaginavo che l'atmosfera di lassù fosse cambiata, peccato! Si
apriranno altre porta. Spero che la Pignatelli sarà riuscita nel suo intento e
che S. Martino si avvii degnamente.
Chi sa che non ci si riveda
laggiù: A settembre andrò a Mantova vedrò di non stancarmi troppo.
Con mia figlia e nipote, la
saluto cordialmente.
Rachele Maragliano Mori.
Qui e così si chiude la
corrispondenza tanto importante con la Rachele Maragliano Mori e con Melina
Pignatelli, circa la mia attività nei Corsi estivi di Pamparato (1973 /74/75) e
nei Seminari di Napoli e S. Martino degli anni 1974/75.
Ciò che emerge è la rilevanza
che la Maragliano Mori dava al canto gregoriano come conoscenza indispensabile
per la riscoperta della Vocalità sgraziata dalla schiavitù del Ritmo mensurale
e dalla ristrettezza della tonalità ottocentesca, non più sufficienti per
affrontare la spazialità sonora delle nuove forme compositive.
Devo dare atto della (forse
eccessiva) stima nei miei riguardi, fino a qualificarmi (nella lettera n° 11)
per "lo studio del Canto Gregoriano, del quale Lei solo, in Italia a
nostra conoscenza, è l'apostolo riconosciuto ed apprezzato." Comunque
questa corrispondenza segna una pagina importante del rinnovamento del Canto
Gregoriano, non solo nella ricerca della conoscenza della originario interpretazione
attraverso il serrato confronto delle notazioni antiche (con la scuola di D.
Eugéne Cardine), ma anche alla rivalutazione della libertà ritmica e
vocalistica insita nella lingua latina cantata, su cui si è modellata tutta la
più genuina tradizione del Canto, fino alla lideristica ottocentesca.
Era questo l'obbiettivo che si
proponeva la Maragliano Mori coi suoi Corsi e Seminari da lei sostenuti e
incoraggiati.
A questo fine aveva impegnato
alcune Cantanti più qualificate, sue allieve, quali Katy Berberian, Chiara
Stella, Lucia Vinari, e una schiera di suoi amici musicisti, quali Ziino,
Costarella, N. Rota, Cavicchi, Porena, Mischiati, ecc. coi quali mi sono
trovato personalmente coinvolto a collaborare nel settore del Canto Greg.
Affidare alla memoria questo
documento, non solo è un dovere, ma si colloca in quel filone di conoscenze su
cui si sta evolvendo il rinnovamento musicale e vocale contemporaneo, anche se
nella pratica corale il canto gregoriano è ancora bel lungi dall'essere
riconosciuto degno del suo ruolo centrale, e non esclusivamente specifico. Così
lo avevano concepito i grandi del '900, quali Respighi, Malipiero, e la grande
scuola organistica del tempo, fino a Messiaen.
Dom ANSELMO SUSCA, OSB