MAURO UBERTI

UN ESPERIMENTO DI DIDATTICA MUSICALE:
IL CORSO DI PRE-CANTO AL CONSERVATORIO DIPARMA

in «beQuadro», bollettino trimestrale
del Centro di Ricerca e di Sperimentazione per la Didattica Musicale
Anno 6, luglio-settembre 86. Numero 23. Pagg. 10-14.

 

Dopo gli articoli di Antonio Juvarra e di Liliana Poli pubblichiamo ora un terzo intervento sui problemi della didattica del canto.

SUMMARY
In this article Mauro Uberti states the history of the Pre-singing course at the Parma Conservatory's Musical Liceo. The course - a recent experimentation attended since 1979 by prof. Uberti and his collaborators (respiratory gymnastic and physiotherapy, diction, tongues) - has pointed out the possibility of training even those voices usually considered not suitable for singing.
Ho sempre creduto nel diritto al canto. Non è vero che la voce - una voce adatta al canto - sia il privilegio inaccessibile di pochi fortunati: chiunque sia in possesso di corde vocali integre e non paralizzate può giungere ad usare la propria voce a fini musicali - anche se non necessariamente professionali - purché sia disposto a far la fatica necessaria a costruirsi il coordinamento fonatorio necessario. E' fatto che, dopo averlo sperimentato su me stesso, avevo già verificato su altri, ma al Conservatorio di Parma, dove sono titolare di una cattedra di Teoria e solfeggio, ho trovato nella persona del m° Piero Guarino un direttore particolarmente illuminato, che ha voluto darmi fiducia e che è riuscito a mettermi in condizione di applicarlo in sede scolastica. E’ così che dal 1979 sono incaricato del corso sperimentale di Pre-canto, istituito presso il Liceo Musicale annesso al Conservatorio stesso.
Il suffisso «Pre-», è il caso di dirlo subito, sta ad indicare che si tratta di un corso al quale si accede con età inferiore a quella prevista dai regolamenti per l’iscrizione alle normali classi di canto. Verificato, infatti, che avere o non avere una «voce» non è un fatto anatomico - come avere le gambe dritte o le gambe storte - ma un problema di coordinamento, non ha più senso aspettare che la voce «maturi»; avrebbe senso, invece, guidare fin dagli anni più teneri la formazione di questo coordinamento. Poiché l'esistenza di una struttura scolastica sperimentale come il Liceo Musicale lo consentiva, fu quindi possibile ottenere dal Ministero l'istituzione di un corso di canto che accogliesse gli allievi almeno dalla prima classe del liceo; classe che, come è noto, normalmente viene frequentata all'età di quattordici anni.
I presupposti per l'istituzione di un corso di canto diverso da quelli tradizionali non erano soltanto di ordine fisiologico. L'atteggiamento che va maturando oggi nei riguardi dell'interpretazione musicale è quello filologico. E’ sempre più diffusa, infatti, l'esigenza culturale di esecuzioni nelle quali il codice di lettura coincida con quello linguistico, usato a suo tempo dal compositore. Di qui l'idea di una didattica musicalmente più articolata di quella tradizionale, che tenda a formare musicisti preparati ad eseguire correttamente musiche di tutti i tempi e di tutti i generi (beninteso, nel caso del cantante, nei limiti fisiologici assegnatigli dalla natura) e la cui eventuale specializzazione sia una libera scelta anziché una limitazione tecnica e culturale impostagli dalla scuola.
Nel caso particolare del Liceo Musicale si poneva un'altra considerazione ancora. Compito istituzionale di tale corso di studi non è soltanto quello di formare compositori ed esecutori, ma anche quello di preparare insegnanti, assistenti musicali, musicologi, critici, ecc. Non si vede quindi perché chi intenda avviarsi a svolgere una professione musicale diversa da quella del musicista pratico non lo possa fare usando la voce come mezzo di studio della musica. Se poi egli intenderà fare il cantante e le sue doti naturali lo avranno favorito, tanto meglio per lui.
Stanti le considerazioni precedenti veniva a cadere anche il presupposto, solitamente considerato imprescindibile, di una selezione fondata sulle doti vocali e, coerentemente, non si videro difficoltà nemmeno nell'ammissione di allievi disfonici e stonati.
Il corso di Pre-canto che venne istituito fu soggetto, naturalmente, al regolamento previsto dal decreto istitutivo del Liceo(1). Questo stabilisce, fra l'altro, che gli esami di maturità degli allievi iscritti a corsi musicali di durata inferiore ai nove anni coincidano con quello di compimento inferiore. Poiché lo stesso decreto prevede la possibilità di innovazioni e diversità nei programmi di esame, miranti a colmare lacune e squilibri di quelli ordinari, nel mettere a punto quello di Pre-canto ci si avvalse di questa facoltà e si ritenne ragionevole stabilire per lo studente liceale di Canto un programma di studio più ampio di quello tradizionale, che sfruttasse nel corso inferiore la durata quinquennale e la ricchezza culturale del Liceo e, in quello superiore, la maturità fisica dell'età post-puberale. In base a queste considerazioni il programma che fu steso inizialmente prevedeva nel corso di Pre-canto l'apprendimento di tecniche vocali pre-romantiche e rimandava lo studio e l'impiego di quelle romantiche e veriste al corso superiore(2) mentre, per quanto riguarda le musiche da far oggetto di studio, tendeva ad integrare il programma di canto ordinario, che verte essenzialmente sul repertorio lirico tradizionale. Vedremo più avanti come l'esperienza mi abbia poi indotto a modificare questa distribuzione delle difficoltà nel tempo. Il programma dell'esame di maturità conservava nella sua prima parte le prove previste per il compimento inferiore del corso di Canto:
- 1. Esecuzione di scale e arpeggi.
- 2. Esecuzione di un solfeggio corrispondente al programma del terzo corso, estratto a sorte tra sei preparati dal candidato.
- 3. Esecuzione di una composizione di musica da camera antica italiana e di un brano d'opera col recitativo.
- 4. Lettura a prima vista di un solfeggio.
Ad essa vennero aggiunte, però, le prove seguenti:
- 5. Esecuzione di un lied tedesco, di una mélodie francese e di un brano di musica contemporanea.
- 6. Abbellimento di un'aria col «da capo» (prova scritta, della durata di quattro ore).
Caratteristica dell'esame - comune a quello di tutti gli altri strumenti - è che, trattandosi di esame di maturità, della commissione non può far parte l'insegnante del candidato e che per la materia specialistica viene nominato un unico esperto, scelto dal presidente fra gli insegnanti della stessa, in R.O. presso altro conservatorio.
La realizzazione degli intenti e dei programmi descritti richiede l'articolazione del corso in più materie, distinguibili in propedeutiche e proprie. Le materie propedeutiche furono: anatomia, fisiologia, fonetica, ginnastica respiratoria, dizione e recitazione, teoria e pratica dell'improvvisazione vocale, lingua francese e lingua tedesca. Quelle proprie, ovviamente, furono: tecnica vocale, analisi ed interpretazione della letteratura vocale in relazione col programma di esame.
Per l'insegnamento del francese e del tedesco furono istituiti specifici insegnamenti che vennero affidati ad insegnanti di madre lingua. Per quello di ginnastica respiratoria e quello di dizione e recitazione ebbi la collaborazione in forma volontaria del prof. Angelo Morandi insegnante di Educazione fisica presso il Conservatorio e di mia moglie, Giulia Polacco. Il prof. Morandi, laureato in Medicina e animato da un ammirevole spirito di collaborazione - oltre che interessato alla sperimentazione a fini scientifici - mise a punto un metodo di educazione e rieducazione del coordinamento vocale, fondato sui principi della fisioterapia respiratoria(3). Mia moglie, attrice di prosa ed allora insegnante di Arte scenica presso la sezione della Spezia del Conservatorio di Genova, si fece carico finché poté - cioè per due anni - delle lezioni di dizione e recitazione, che ora, ahimè, nelle mie sole mani, sono diventate insegnamento un po' libresco.
Tutte le attività vocali e motorie furono e sono ancora svolte sotto il controllo dei medici della Clinica Otorinolaringoiatrica dell'Università di Parma, che partecipa all'esperimento.
Adesso, a sette anni dall'inizio della sperimentazione, può essere interessante dare un'occhiata retrospettiva a ciò che è avvenuto e tentare un primo consuntivo privilegiando il problema tecnico dell'educazione della voce, che è probabilmente l'aspetto più caratterizzante del corso.
Gli allievi passati nella classe di Pre-canto fino a tutto l'anno scolastico 1985-86 sono stati sedici. Di questi, tuttavia, soltanto sei vi si erano iscritti fin dal primo anno di liceo mentre gli altri vi approdarono in seguito a vicissitudini scolastiche varie, fra le quali vanno annoverate le situazioni patologiche, quali le tendiniti di pianisti e violinisti, le incertezze nella scelta dello strumento, dovute alla giovane età o, purtroppo, i disorientamenti causati dai cambiamenti annuali di insegnante, comuni a tutti gli ordini della scuola italiana. I percorsi di ognuno di essi furono di conseguenza diversi e in questa sede si può soltanto accennare ad alcune delle problematiche nate dalla sperimentazione ed alle conclusioni che, almeno per ora, pare di poterne trarre.
L'aspetto più appariscente dell'esperimento è probabilmente l'ammissione al corso, fatta unicamente attraverso l'ordinario esame attitudinale - previsto per ogni aspirante agli studi in conservatorio - e non in seguito ad una selezione vocale. Tale criterio di ammissione, contrario ad ogni norma tradizionale, ebbe modo di dimostrare tanto le sue potenzialità che, del resto, i suoi limiti.
L'applicazione di metodi razionali(4) su scala più larga di quanto non avessi fino allora potuto attuare ha confermato, intanto, i risultati ottenuti in altre sedi e che mi avevano indotto a tale sperimentazione scolastica. Ad esempio di ciò che è avvenuto in questi anni mi pare opportuno citare alcuni casi che mi paiono più significativi:
1. un allievo - l'unico maschio iscrittosi finora al corso di Pre-canto - notoriamente stonato e proveniente da una classe di clarinetto, manifestava una disfonia conseguente a errato studio di questo strumento.
2. una seconda allieva, passata al canto dal violino, al momento dell'iscrizione al corso presentava noduli vocali attribuibili, visti poi i risultati della rieducazione, ad una gracilità muscolare generale, che la induceva ad un comportamento fonatorio scorretto;
3. una terza, che aveva dovuto abbandonare il pianoforte per una tendinite, portava essa pure noduli, questa volta di origine psicogena;
4. una quarta, infine, dopo aver frequentato la classe di oboe per quattro anni con professori diversi, approdo a quella di Pre-canto presentando ancora noduli e scoordinamento fonatorio generale.
Tutti seguirono con molto impegno le lezioni di ginnastica respiratoria e di tecnica vocale, che vennero fortemente personalizzate. Il primo allievo in capo a due anni corresse stonazione e disfonia superando brillantemente l'esame di conferma del Liceo dove studiò ancora per un anno; poi, impaziente di ogni attesa, interruppe gli studi regolari per lanciarsi nell'agone lirico (ovviamente sotto la guida di un maestro privato) in cui sta vincendo concorsi nazionali ed internazionali mentre la critica lo indica come una delle promesse del canto italiano.
La seconda, avendo riassorbito i noduli vocali e messo a punto una vocina di soprano superleggero - invero inadeguata al repertorio lirico - riuscì a superare gli sbarramenti dell'esame di maturità nei tre anni che il Decreto Ministeriale ancora le concedeva e, dopo aver frequentato il corso superiore del conservatorio nella situazione del brutto anatroccolo, si è diplomata in Canto didattico. Ora, dotata come è di un pregevole senso della parola, ha intrapreso un'interessante attività concertistica nel campo della musica barocca.
Diversa, invece, la sorte delle altre due. L'ex pianista - della cui guarigione clinica esiste presso la Clinica O.R.L. dell'Università la documentazione fotografica - dopo alterne vicissitudini scolastiche, legate alle sue condizioni psicologiche, si è scoraggiata ritirandosi dal corso di Pre-canto e presentando all'esame di maturità quale materia specialistica la Didattica della musica. L'ex oboista, per quanto guarita dai noduli, non sarà ancora pronta, alla fine dell'attuale anno scolastico, per il compimento inferiore e risolverà il problema dell'esame di maturità seguendo l'esempio della precedente. Tutte e tre le allieve proseguono intanto (o proseguirà, quest'ultima) gli studi all'università.
I risultati descritti sono stati ottenuti applicando correttamente le attuali conoscenze fisiologiche sulla fonazione. Dal punto di vista metodologico il tutto si può riassumere come segue:
- per mezzo della ginnastica respiratoria - appresa nelle lezioni scolastiche e praticata quotidianamente a casa - l'allievo ricostituisce o perfeziona il proprio coordinamento respiratorio - e quindi fonatorio - a livello neuromuscolare;
- nei corsi teorico-pratici di anatomia, fisiologia e fonetica acquisisce una consapevolezza del proprio corpo costituita di nozioni teoriche(5) e da sensazioni propriocettive guidate;
- nel corso di tecnica vocale applica a fini musicali la tecnica corporea e la consapevolezza maturata.
Mi pare interessante, a questo punto, osservare come i tempi del processo tendano a ripetersi per tutti gli allievi indipendentemente dalle loro condizioni vocali iniziali. Ho potuto osservare, infatti, che la presa di coscienza ed il dominio neuromuscolare del proprio corpo, necessari ad emettere una voce utile a fini musicali (intendendo con questo termine la disponibilità effettiva di due ottave in una determinata tecnica vocale - qualunque essa sia - ed una prima, accettabile omogeneità di timbro) richiedono mediamente un anno e mezzo di studio. Questo tempo pare essere un limite fisiologico incomprimibile e tende ad essere lo stesso tanto nei casi in cui l'allievo si avvia agli studi vocali partendo da condizioni fisiche normali quanto in quelli in cui egli debba correggere scoordinamenti neuromuscolari o, infine, quando egli, già in possesso di una tecnica, intraprenda lo studio di un'altra.
Le diversità si manifestano invece a livello più alto, quando devono essere caratterizzati ed affinati i timbri vocali corrispondenti alle diverse tecniche. A questo punto entrano in gioco le attitudini di tipo musicale individuali con la conseguenza che tempi e risultati si differenziano a seconda di queste. Gli allievi migliori, infatti, oltre che giungere più rapidamente alla maturità vocale, riescono a dominare e gestire con più facilità le diverse «voci» che si ritrovano in gola mentre quelli meno dotati non raggiungono la stessa ricchezza di mezzi tecnici né imparano a sfruttarne tutte le possibilità espressive.
L'esperimento del corso di Pre-canto non ha raccolto, però, soltanto facili successi. Difficoltà varie, fra cui, in particolare, quelle incontrate nel guidare gli allievi dal primo, più meccanico, stadio di una tecnica a quello, più avanzato, del suo uso musicale mi hanno portato a correggere progressivamente atteggiamenti pedagogici e metodi didattici. Nei momenti iniziali dell'esperimento, memore di dolorose esperienze di insegnamenti empirici ricevuti ai tempi dei miei studi vocali, avevo ritenuto che nell'educazione della voce ci si dovesse attenere ad un rigoroso scientismo. Io, infatti, cantore poco o punto dotato dalla natura, dopo aver tentato, invano e con gravi conseguenze per la mia salute vocale, di capire maestri che - beati loro! - avevano cantato come uccelli su un ramo, mi ero dovuto ricostruire la voce a prezzo di faticose sperimentazioni. Ora, però, a mano a mano che le mie conoscenze fisiologiche (la cattedra sperimentale di Pre-canto è anche uno splendido laboratorio per lo studio della voce) e la mia esperienza didattica andavano aumentando mi ritrovavo a capire i significati biologici e fonetici del gergo vocalistico tradizionale e a rivalutarne la sapienza empirica. Accadeva, infatti, che riferimenti immaginifici, tratti da quello che avevo considerato vieto empirismo, facessero scattare nei miei allievi certi meccanismi finali, che i soli procedimenti razionali non riuscivano ad attivare. Di converso, però, accadeva anche che, raggiunta per questa via la meta desiderata, l'allievo riuscisse a razionalizzare il passo compiuto e a ricostruirlo in modo consapevole.
Il risultato pratico di tale processo è che, in buone condizioni fisiche, l'allievo ormai maturo tende ad avvalersi dei riferimenti empirici della tradizione mentre nei momenti di stanchezza o indisposizione, quando i riferimenti istintivi vengono a mancare, egli passa a fare uso dei controlli razionali, garantendosi entro larghi limiti la sicurezza delle sue prestazioni vocali.
Qualcosa di analogo avviene pure per quanto riguarda l'uso musicale delle diverse tecniche. Nei primi anni di studio, quando il controllo corporeo e l'indipendenza di giudizio estetico dell'allievo sono ancora in formazione, esse vengono usate in modo un po' meccanico. Il giovane studente, essendogli stato insegnato che per un certo genere e per un certo periodo storico è meglio usare una certa tecnica, tende ad applicarla a mo' di ricetta culinaria. Di pari passo con la sua maturazione fisica e musicale, però, le diverse tecniche si trasformano in un unico mezzo di espressione, variabile con continuità dall’emissione naturale alla tecnica verista più spinta e il cui uso filologico corrisponde perfettamente al senso etimologico del termine (in questo caso, ovviamente, «amore della parola cantata»). L'uso alternato di tecniche diverse, inoltre, si è dimostrato utile a sciogliere le difficoltà di alcune voci, che sono riuscite a colmare «buchi» presenti in punti vari della loro gamma soltanto grazie alla ginnastica costituita dai ripetuti passaggi dall'una all'altra.
Dopo l'esperienza insoddisfacente di un esame di maturità al quale almeno una delle allieve si era presentata avendo seguito l'intero corso di cinque anni e constatati i tempi effettivamente necessari all'acquisizione di una nuova tecnica, il mio programma di insegnamento delle tecniche vocali si è modificato come segue:
- nei primi due anni di studio l'allievo prende dominio dei propri mezzi vocali imparando una tecnica rinascimentale da camera(6);
- il terzo anno viene dedicato alla tecnica barocca da teatro descritta dal Mancini(7), che è un'evoluzione della precedente e preparatoria a quelle moderne;
- negli ultimi due, infine, viene insegnata una tecnica di derivazione romantica(8).
Come ho appena detto, il corso di Pre-canto non ha raccolto soltanto successi e fra le maggiori difficoltà incontrate si devono annoverare le verifiche cui furono soggetti gli allievi - anzi, le allieve - in occasione degli esami di maturità e del passaggio al corso superiore di Canto. Le allieve che si sono presentate finora a queste prove sono state cinque, variamente distribuite in tre diversi anni scolastici. Di queste soltanto due avevano frequentato il corso fin dal primo anno, una lo aveva frequentato per quattro e due - provenienti da altro strumento prima che le modifiche al decreto istitutivo del Liceo vietassero i cambi di strumento dopo i primi mesi del secondo anno - avevano studiato canto per due anni soltanto. Di tutte soltanto una - quella che aveva seguito il nuovo programma di insegnamento - conseguì gia all'esame di maturità la votazione di otto decimi, necessaria al proseguimento degli studi nel corso superiore del conservatorio.
Questa, come tre sue colleghe dell'anno scolastico precedente - che, a norma del decreto istitutivo, avevano invece dovuto frequentare un anno integrativo e superare un esame interno di ammissione al corso superiore - giunte a frequentare il quarto anno del corso ordinario di Canto incontrarono però una difficoltà imprevista: gli stessi insegnanti che, all'esame di ammissione, le avevano promosse con votazioni di otto e nove decimi, richiesero - e fu ottenuto dal Ministero - che tutte fossero retrocesse al secondo anno del corso inferiore a causa della immaturità fisica della loro voce.
Dopo questa esperienza il Comitato Tecnico del Liceo ha chiesto ed ottenuto dal Ministero che gli allievi di Pre-canto promossi all'esame di maturità siano sottoposti al successivo esame di una commissione di insegnanti del proprio Conservatorio, che stabilisca l'anno effettivo del corso ordinario di Canto al quale essi potranno essere ammessi. Questo in relazione al fatto che, poiché, come già detto, l'esame di maturità deve coincidere con quello di compimento inferiore, gli allievi di Pre-canto si ritrovano a dare obbligatoriamente quest'ultimo esame all'età di diciannove anni.
Se si dovesse giudicare dei risultati del corso di Pre-canto secondo il metro corrente probabilmente il consuntivo sarebbe fallimentare. A occhio e croce le «voci liriche» uscite dal quinquennio sono tre e quelle per le quali metterei le mani sul fuoco (anche se mi servono per suonare), soltanto due. Poche? Ma quanti effettivi professionisti escono dalle classi ordinarie di Canto? Si dà poi il caso che delle due voci «sicure» una sia quella dell’ex clarinettista stonato e solo l'altra appartenga ad un'allieva già dotata da natura di una bella voce come quelle che vengono ordinariamente ammesse nelle classi di Canto. Bilancio in pareggio, dunque?
Non mi pare questo il criterio per valutare un corso sperimentale, che si poneva in partenza obiettivi diversi da quelli ordinari. Un corso sperimentale - come qualsiasi attività sperimentale che si rispetti - ha il fine precipuo di produrre conoscenze. Sarà mio dovere rendere disponibili, nei modi e nelle occasioni opportune, quelle sulla fisiologia e sulla didattica del canto, che sono riuscito ad acquisire. In questa sede mi limiterò ad esprimere la mia opinione su alcuni punti che mi pare abbiano interesse di maggiore urgenza.
- Criteri di ammissione degli allievi. Le esperienze descritte dimostrano i rischi di selezioni pregiudiziali, che precludono lo studio a potenziali, validi cantanti per far posto ad allievi dotati certamente di doti vocali naturali, ma spesso sprovvisti di quelle musicali. Sarebbe assurdo pensare di trasformare le attuali classi di Canto in altrettante classi di Pre-canto, ma una riflessione sui principi e sui metodi potrebbe essere proficua.
- Età di ammissione. Ha senso continuare a stabilire a sedici anni per le donne e diciotto per gli uomini il limite inferiore d'età per l'ammissione in conservatorio se si ritiene che debba studiare canto soltanto chi è dotato di voce per natura e che le tecniche vocali siano soltanto quelle che si sono sviluppate dal 1830 in poi. In tutti gli altri casi, a patto di fare uso dei metodi e delle tecniche didattiche opportune, appare ragionevole, come già detto, avviare i giovani agli studi vocali dall'età più precoce possibile. Rimane tuttavia l'incertezza, nel caso di un corso ad indirizzo professionale, su quello che sarà lo sviluppo fisico, musicale e psicologico dell’allievo. La mia, finora limitata, esperienza mi ha dimostrato che, esattamente come avviene per gli strumenti, il futuro degli allievi cantanti presenta incognite di segno contrario. E difficile, quando l'allievo ha quattordici anni, dire quale sarà la sua voce a diciotto (in tutti i casi non esiste soltanto la lirica e abbiamo visto come anche piccole voci possano trovare il loro spazio), ma è anche difficile dire quali saranno le sue doti musicali e, soprattutto se avrà la passione e (meglio chiamare le cose col loro nome) l'aggressività necessarie a farsi strada nel mondo dello spettacolo. Sotto questo punto di vista il giovane avviato precocemente allo studio del canto si trova nelle stesse condizioni dello strumentista; ma nessuno pensa che occorra far iniziare lo studio del violino a sedici anni per esser sicuri che il futuro violinista abbia le doti e la passione necessarie.
- Razionalità dei metodi. Le conoscenze fisiologiche e fonetiche oggi a nostra disposizione consentono una didattica vocale di tipo mirato, che permette il raggiungimento dei risultati desiderati per la via più diretta. La scelta di adottare una tecnica vocale piuttosto che un'altra e quella di fare uso di una tecnica soltanto o di tutte quelle possibili sono decisioni di ordine estetico, dipendenti dal gusto personale. Le scelte dei metodi didattici sono invece anche scelte economiche in quanto comportano impiego di tempo, di fatica e di denaro. Far ricercare per tentativi una tecnica vocale - qualunque essa sia - mentre la stessa può essere conseguita per via sicura facendo uso di conoscenze oggi a disposizione di tutti è incontrovertibilmente una scelta antieconomica.
- Ginnastica respiratoria. Il grosso contributo esterno al corso di Pre-canto è quello della ginnastica respiratoria. Nessuno dei quattro casi più gravi citati avrebbe avuto l'esito descritto - ma nemmeno altri allievi avrebbero raggiunto certi traguardi - senza l'intervento determinante del professore di ginnastica. La spiegazione e nel fatto che l'attività motoria globale riesce a fare in modo più profondo e rapido ciò che gli esercizi di tecnica vocale ottengono in tempi più lunghi e a livelli più superficiali. Questi risultati, assieme a quelli di altre ricerche che sono in corso, sia da parte dello stesso prof. Morandi che di altri ricercatori(9), schiudono prospettive di didattica musicale che non sono circoscritte alla voce, ma comprendono tutta l'ergonomia della professione del musicista(10).

NOTE

(1) Decreto M.P.I. 1 marzo 1977 successivamente modificato con D.M. 25 giugno 1981.

(2) Sulle caratteristiche delle tecniche vocali si veda il mio studio: Caratteri della tecnica vocale In Italia dalla lettera sul canto di Camillo Maffei al trattato di Manuel Garçia, in «XV Convegno Europeo sul Canto Corale - La situazione attuale degli studi e della ricerca sulla tecnica vocale e sulla didattica della vocalità con particolare riferimento al canto corale (Gorizia, 29-30 agosto 1984) -Atti e Documentazion»i, Associazione Corale Goriziana «C.A. Seghizzi», Gorizia.

(3) MORANDI A., Un esperimento di ginnastica respiratoria in conservatorio, in «Foniatria e canto: confronto di conoscenze, obiettivi, strategie. Atti del 1° Convegno Nazionale - Salsomaggiore Terme, 4-5 Ottobre 1985», Terme di Salsomaggiore S.p.A., 1986.

(4)UBERTI M., La fisiologia nella didattica del canto, in «Educazione Musicale», X, 4, 1973, pp. 98-99.

(5) Le informazioni teoriche necessarie e sufficienti alla realizzazione del procedimento didattico descritto sono quelle contenute nella mia appendice: La voce, in «La Nuova Enciclopedia della Musica Garzanti», pp. 812-818, Garzanti, Milano, 1983.

(6) UBERTI M., Vocal techniques in Italy in the second half of the l6th century, in «Early Music», 9.4, 1981, Oxford University Press, London.

(7)MANCINI G., Riflessioni pratiche sul canto figurato, Terza edizione, Milano 1977.

(8) GARÇIA M., Traité complet de l'art du chant, Paris, 1847. Ed. italiana: Ricordi, Milano, s.d.

(9) BOTTERO A., La rieducazione della voce attraverso la ginnastica respiratoria, Opera Universitaria dell'l.S.E.F., Torino, 1983.

(10) UBERTI M., L'ergonomia nella professione del musicista, in «Giornata di studio su: Aspetti ergonomici della postura - Torino, 22 aprile 1977. Atti», I.S.E.F. - Torino, Soc. It. di Ergonomia - Milano.