Mauro Uberti

PER UNA DIDATTICA DELLA VOCALITÀ

Bollettino dell'Istituto Musicale Stanislao Cordero di Pamparato
Anno 2, n. 1 - Gennaio-aprile 1974

Una didattica della vocalità, che abbia la dignità di scienza pedagogica è, oggi, tutta da costruire. Se è vero che non è mai esistito trattatista che non andasse rammaricandosi della decadenza della musica dei suoi tempi, è altrettanto vero che il canto, ai giorni nostri e almeno in Italia, ha cessato di essere il mezzo di espressione musicale per eccellenza e che anche la sua evoluzione, prima fatto organico e intimamente legato a quella della civiltà musicale, si è da tempo arrestata lasciando il posto soltanto a espressioni individuali, isolate, che devono lottare per trovare diritto di cittadinanza in mezzo al mondo vocale tradizionale. Assieme si è inaridita la fioritura di studi e di opere didattiche che accompagnava l'evolversi delle tecniche e degli stili.

Una spiegazione potrebbe esserci: nei tempi passati il repertorio corrente era alquanto circoscritto e quindi il cantante, risolti i problemi relativi alle musiche sue contemporanee, non ne incontrava molti altri. Le tecniche ed il gusto si evolvevano di pari passo e i maestri mettevano a punto procedimenti didattici atti a fornire la soluzione per le esigenze del momento. I metodi adottati erano empirici, ma tuttavia bastavano alla bisogna.

Il cantante d'oggi, invece, è chiamato ad interpretare composizioni tratte da tutto l'arco della storia della musica, non gli bastano più (o non gli dovrebbero bastare) una sola tecnica ed un solo stile e, di conseguenza, si fa più impegnativo il compito del maestro.

Però, mentre osserviamo che le scienze pedagogiche vanno mettendo a fuoco problemi e soluzioni per un più valido insegnamento del sapere scientifico ed artistico a livello elementare, dobbiamo constatare come i metodi di insegnamento della musica a livello superiore siano rimasti quelli tradizionali, legati ad una concezione "viscerale" dell'espressione artistica ed a procedimenti empirici, come tali antieconomici. Si può dire, infatti, che, prescindendo dalla tecnica, con la quale il maestro cura la formazione generale dell'organo vocale dell'allievo, l'insegnamento degli aspetti più squisitamente artistici dei canto avviene attraverso momenti particolari, fra di loro slegati, nei quali singoli brani vengono messi a punto esclusivamente per mezzo di esemplificazioni, imitazioni e correzioni.

Il risultato finale è l'acquisizione, sì, da parte dell'allievo di un "gusto" musicale, ma anche l'abitudine di accostarsi alla musica in modo strettamente emotivo, privo di quegli atteggiamenti critici che caratterizzano il doppio processo di analisi e sintesi, necessario per affrontare con sicurezza il momento interpretativo. E lo dimostra il basso numero di allievi capaci di intraprendere subito, al termine degli studi, un'attività artistica indipendente, avendo tagliato il "cordone ombelicale" che li legava al maestro.

Ma dire che questo stato di cose sia dovuto ai maestri come tali sarebbe errato. In realtà è la concezione diffusa della musica, intesa come attività In cui elemento essenziale sia "exhiber les entrailles", che dissuade i più dall'avvicinarvisi con spirito critico e rende ancor difficile la vita nei conservatori, per esempio, all'analisi musicale.

Per questo ci pare che pensare oggi a costruire una didattica del canto significhi anzitutto incominciare a prendere coscienza dei diversi parametri che possono concorrere ad identificare un'interpretazione. Non tanto, quindi, provvedere alla compilazione di un compendio di ricette particolari, da applicare nelle diverse situazioni stilistiche, quanto individuare le categorie generali da adottare come criterio di analisi e da usare ogni qualvolta si presentino problemi interpretativi.

Il che, naturalmente, presuppone che nel corso degli studi il maestro non abbia mirato a far dell'allievo una copia di se stesso, ma abbia assunto per sé il ruolo, solo apparentemente umile, di scopritore e stimolatore delle sue capacità e ne abbia coltivato l'indipendenza di giudizio prima che il "temperamento".

Ci pare inoltre che un atteggiamento didattico di questo genere dovrebbe avere conseguenze anche sull'educazione dell'organo vocale, curata oggi, nella maggior parte dei casi, come attività in sé compiuta, più preoccupata della formazione di uno strumento dal bel suono che di un mezzo musicale, flessibile a tutte le esigenze interpretative.

Non ci nascondiamo che l'idea di por mano a costruire una didattica dei canto sia ambiziosa e che il pensare di saperne indicare la via possa apparire almeno presunzione. Ma è il caso di ricordare che la capacità di reagire alle situazioni in base ad attitudini generali anziché con comportamenti stereotipati (che è poi il succo di quanto abbiamo detto finora) è una delle caratteristiche salienti della specie umana. Se quindi giungeremo ad una didattica della vocalità, intesa come mezzo per la formazione dell'uomo prima che per quella del musicista, non potremo certo dire di essere stati noi ad averla inventata.

Non ci pare inopportuno pubblicare in questa sede un programma di ricerche sulla vocalità artistica, in corso di svolgimento a cura dell'Istituto Musicale "Cordero di Pamparato". Esso vuole essere un contributo pratico alla soluzione di qualcuno dei problemi didattici, posti e dibattuti in altre occasioni.

L'educazione vocale non può non costituire un problema particolare per chi si occupi di didattica della musica. La voce, infatti, se come mezzo di espressione artistica ha in comune con gli strumenti i problemi di carattere musicale, differisce da quelli per un fatto tanto semplice quanto fondamentale: lo strumentista cava musiche da un ordigno atto a generare suoni mentre il cantante usa come strumento musicale se stesso. 0, per dirla in termini più precisi, piega a fini musicali un'intera sua funzione fisiologica: la fonazione. Ne deriva che il maestro di canto è svantaggiato rispetto ai suoi colleghi, maestri di strumento, per l'impossibilità di vedere che cosa accade nell'allievo durante l'emissione dei suono.

Gli sarebbe possibile, tuttavia, superare questo "handicap" per via indiretta. Con una conoscenza approfondita della fisiologia della fonazione egli potrebbe avviare l'allievo nella direzione voluta e, fornendo a quest'ultimo le nozioni necessarie, portarlo nel modo più razionale a sfruttare i suoi mezzi vocali a fini artistici. Perché ciò non avvenga e l'insegnamento dei canto si svolga all'insegna dell'empirismo più vieto non è il caso di trattare in questa sede. È però doveroso osservare che, se pure i maestri di canto volessero aggiornare i loro metodi, riuscirebbe loro molto difficile il farlo in quanto il loro tipo di formazione non consentirebbe loro di mettere a frutto conoscenze di tipo scientifico, sparse nelle pubblicazioni delle discipline sperimentali più disparate e lontane dal loro tipo di cultura e dalla loro mentalità.

Eppure le conoscenze fondamentali, necessarie a realizzare un insegnamento di validità attuale sono già a nostra disposizione: la fisiologia, la fisioterapia, l'acustica, la fonetica, la psicologia, ecc. ci offrono la soluzione per la maggior parte dei problemi. Quello che manca ancora è il lavoro unificatore. Lavoro che avrebbe da essere suddiviso in due grandi branche: da un lato, la raccolta e l'organizzazione delle conoscenze scientifiche ed empiriche in nostro possesso; dall'altro, ricerche scientifiche e didattiche, atte a colmare le lacune rimaste e ad adattare a fini pedagogici quanto non possa già essere utilizzato nella forma attuale. I risultati sarebbero utili, oltre che alla scuola di canto, specifica, all'educazione musicale nella scuola dell'obbligo. Infatti la scarsa importanza data alla pratica vocale nasce dall'impreparazione degli insegnanti ad affrontare il problema in modo razionale mentre una preparazione adeguata, data nelle sedi opportune, potrebbe essere un mezzo per restituire alla nostra cultura musicale una caratteristica che la distingueva.

Aspetti generali delle ricerche in corso

Partendo da queste considerazioni si è venuto sviluppando un programma di studi sulla voce umana e sulla didattica dei canto, appoggiato a due organismi diversi ma complementari: l'istituto Musicale Comunale - Stanislao Cordero di Pamparato " e la Cattedra di Antropologia dell'Università di Modena. In attuazione dei lavoro di raccolta e adattamento delle conoscenze scientifiche, utili a fini musicali, ci si è rivolti a diverse cliniche ed istituti universitari, presso i quali i singoli problemi fossero oggetto di ricerca specializzata (e.g.: il Centro di Chirurgia Toraco-Polmonare di Torino per la respirazione). Sulla base delle conoscenze acquisite ed attraverso una lunga serie di lezioni di canto sperimentali, nelle quali il ricercatore fungeva contemporaneamente da sperimentatore e da allievo, si è giunti a chiarire e razionalizzare il processo dell'emissione della voce nel canto artistico e, almeno nelle grandi linee, delle diverse tecniche vocali. Questi risultati hanno già trovato conferma alla loro validità in occasione di quattro corsi di aggiornamento per insegnanti di Educazione Musicale nella scuola media oltre che su di un discreto numero di allievi cantanti, per un totale complessivo di casi che supera il centinaio.

Collateralmente, in sede antropologica, la voce veniva presa in considerazione come carattere fisico, alla ricerca dei rapporti esistenti fra la costituzione anatomica e fisiologica dell'uomo e la sua voce. i due ordini di ricerca hanno finito con l'indicare concordemente il " canale vocale " - la sua architettura, cioè, la sua attività, il suo comportamento e la sua risonanza - quale oggetto principale di studio, utile a chiarire i fenomeni della vocalità, tanto dal punto di vista antropologico quanto da quello musicale.

Da quest'ultimo punto di vista l'argomento è venuto articolandosi in più capitoli:

- Didattica dei canto - Le diverse tecniche vocali hanno caratterizzato le diverse epoche musicali come carattere stilistico esecutivo e corrispondono a diverse condotte fonatorie da parte dei complesso di organi costituenti il canale vocale. Qualunque sia l'occasione della loro adozione (scelta definitiva o criterio stilistico, relativo alle musiche da eseguire) necessitano di una chiara conoscenza dei meccanismi necessari a realizzarle senza danno per gli organi vocali dei cantante. Le ricerche in corso mirano a mettere a disposizione dei maestri di canto i mezzi didattici necessari a raggiungere le mete artistiche desiderate.

- Classificazione delle voci - Dai primi risultati, questo, che appare fra i più delicati dei problemi che si pongono al maestro di canto pare avviato ad una soluzione semplice e di facile applicazione pratica. L'analisi elettroacustica della risonanza dei canale vocale, attuata su di un numero sufficiente di soggetti già sicuramente classificati (esame dei componenti di diversi complessi corali professionali) e studiata con criteri statistici dovrebbe fornire un "prontuario" delle risonanze, corrispondente a tutta la gamma delle estensioni vocali, sufficiente a permettere la soluzione rapida dei casi dubbi con un margine di errore molto ristretto.

- Voce infantile - Il discorso sulla classificazione delle voci professionali si allarga inevitabilmente alla voce infantile ed alla sua auxologia.

L'educazione musicale dovrebbe avere inizio fin dalla scuola materna e trovare nella voce il mezzo più spontaneo ed economico per la sua realizzazione. Solo la conoscenza sicura dello strumento "voce", però, può metterlo veramente a disposizione come mezzo didattico nella scuola dell'obbligo. Le caratteristiche della voce infantile nel due sessi e alle diverse età sono invece pochissimo conosciute, soprattutto in conseguenza degli attuali rivolgimenti sociali (miglioramento economico generale e migrazione interna) che vanno determinando cambiamenti profondi nel l'accrescimento fisico delle nuove generazioni.

In base a questa considerazione si sta attualmente studiando un primo campione omogeneo di 178 bambini di un circolo didattico di Parma (21 ciclo della scuola elementare) per ricavarne una serie di dati sicuri. I primi risultati dei programma di ricerche sulla voce infantile sono apparsi nella tesi di laurea discussa recentemente dalla Dott.ssa Mirella Martinelli (relatore il Prof. Melchiorre Masali): "La voce come carattere antropologico: messa a punto di una metodica per lo studio delle relazioni tra parametri vocali e caratteri antropometrici".

- Didattica nella scuola dell'obbligo - Mentre le conoscenze acquisite, o in fase di acquisizione, hanno un valore didattico intrinseco quando vengano sfruttate nella formazione dei cantante (l'età post-puberale dell'allievo dovrebbe essere garanzia della sua collaborazione attiva), lo stesso valore non hanno quando si tenti di applicarle nella stessa forma all'educazione musicale dei fanciullo. Di qui la necessità della riduzione a forma ludica dei metodi accademici di educazione della voce, onde prevenire e correggere le condotte fonatorie errate e coltivare invece il mezzo vocale a fini musicali.

Metodi

- Didattica del canto - I primi risultati ottenuti fanno intravedere questo problema come disciplina autonoma piuttosto che come capitolo di un'altra. Si è visto infatti chiaramente come ognuna delle tecniche di canto dia come risultato, dal punto di vista fonetico, una stilizzazione particolare e ben definita della voce e dell'alfabeto parlato. Si va delineando quindi una "fonetica musicale", che non interessa il fonetico tradizionale, in quanto non riguarda il linguaggio parlato, ma il cui interesse scientifico è tuttavia evidente e tale che troverebbe applicazione pratica ed immediata nella scuola di canto.

I metodi degli studi in corso sono quelli della fonetica sperimentale (analisi elettroacustiche, palatografie, ecc.), abbinati a quelli descritti nel paragrafo seguente.

I primi saggi in questa direzione sono stati fatti grazie all'ospitalità di istituti di ricerca, dotati di attrezzature del tipo "visible speech".

Alla determinazione delle caratteristiche acustiche ed articolatorie delle diverse tecniche vocali farebbe poi seguito la messa a punto, coi metodo delle lezioni sperimentali, sopra descritto, dei sistemi necessari a riprodurle. L'obiettivo finale è infatti quello di porre il cantante nella possibilità di cambiare di tecnica vocale a seconda delle esigenze stilistiche delle musiche da eseguire.

- Classificazione delle voci - L'abbinamento ormai definitivo delle classi vocali ai ruoli ha fatto sì che il timbro conti nella classificazione delle voci ancor più dell'estensione. Accade sovente, così, che l'allievo cantante, attratto da un certo ideale vocale, menta inconsciamente a se stesso e mascheri il suo timbro naturale per mezzo di atteggiamenti atti a "schiarire" o "scurire" la voce, sviando maestri anche esperti. Altrettanto sovente accade che i maestri, attratti dal loro ideale vocale, tendano a riconoscere negli allievi caratteristiche diverse da quelle oggettive. Le conseguenze sono "declassamenti" verso il basso o verso l'acuto e rovina dell'organo vocale a scadenza più o meno breve.

Sulla base di queste considerazioni è stato messo a punto un metodo strumentale, che si sta rivelando capace di ovviare a questi inconvenienti. Dell'allievo da classificare vengono registrati tre suoni diversi, emessi a lingua estratta come per un esame laringologico. Questo per avere un atteggiamento dei canale vocale, comune a tutti e, soprattutto, esente da influenze psicologiche e culturali. Le note sono: quella spontanea, la più bassa possibile ed il La centrale (220 Hz per gli uomini e 440 Hz per le donne). La prima indica il centro naturale dell'ambitus di voce dei soggetto; la seconda il massimo volume dei canale vocale; la terza permette un esame comparativo delle risonanze del canale vocale (e quindi dei timbro) all'interno dei due ordini di voce, maschile e femminile.

Per l'annullamento delle variazioni dovute a differenze successive di atteggiamento nell'emissione da parte dello stesso soggetto viene adottato il metodo di Tarnoczy modificato da Bordone e Sacerdote: otto emissioni distinte vengono registrate e miscelate fra loro. Facendo l'analisi delle - medie " così ottenute è possibile porre a confronto fra di loro un numero sufficiente di voci già classificate e ricavarne, come detto sopra, un prontuario delle risonanze, corrispondente a tutta la gamma delle classi vocali. L'esame viene perfezionato con l'analisi dei suono glottideo, ottenuto col metodo di Fabre. Questo A. pone due elettrodi sul collo dei soggetto, ai lati della laringe e la fa attraversare da un'onda portante ad alta frequenza e debole intensità. Quando la glottide entra in vibrazione si hanno delle variazioni nell'impedenza dei sistema e l'ampiezza dell'onda portante viene modulata. Con un dispositivo appropriato la modulazione viene rivelata e trasdotta nei modi che si ritengono più opportuni: oscilloscopio, nastro magnetico, "visible speech", ecc.

Questo metodo è di aiuto pure nello studio delle tecniche vocali in quanto, fornendo la struttura acustica dei suono non ancora articolato, completa la serie dei dati acustici necessari.

- Voce infantile - I metodi descritti per la classificazione delle voci professionali valgono anche per lo studio della voce infantile. Si aggiungono i problemi relativi ai registri che le sono propri, all'estensione, alla muta ed alla sua variabilità alle diverse latitudini italiane, ecc. Le conoscenze a nostra disposizione sono frammentarie o sorpassate (si pensi soltanto all'aumento della statura media e alle conseguenze sull'estensione). Ad esempio grossolano ci limitiamo a segnalare il fatto che agli autori dei libri di testo mancano i dati per la scelta e la trascrizione di canti nell'estensione e nelle tonalità opportune, tenendo conto della diversa età della muta, e.g., nei fanciulli calabresi e friulani.

È il lavoro prezioso che vanno svolgendo gli studenti di Antropologia dell'Università di Modena. Essi stanno completando la raccolta di dati a carattere specificatamente antropologico con registrazioni su nastro, che permettono poi agli esperti di rilevare le caratteristiche musicali ed acustiche della voce di ogni soggetto.

- Didattica nella scuola dell'obbligo - Il problema della didattica, impostato come appare nell'introduzione, trasportato nella scuola dell'obbligo muta aspetto. Mentre nella scuola a livello di conservatorio la collaborazione attiva e razionale dell'allievo è presupposto indispensabile, nell'età scolare e prescolare l'insegnamento di una corretta emissione della voce non può avvenire che per mezzo di attività ludiche, atte a correggere le deviazioni della condotta fonatoria dalla norma fisiologica oltre che a coltivarla quale mezzo di espressione artistica. In questo senso sono già stati sviluppati metodi interessanti da parte dei logopedisti. Giochi come il far le bolle di sapone, la gara a chi consuma prima il lecca-lecca, ecc. per arrivare al controllo della respirazione o ad una sufficiente mobilità della lingua, ecc., sono esempi di esercizi di tecnica vocale trasformati in gioco ad uso dei più piccoli. Soluzioni di questo tipo, elementari ad una osservazione superficiale, sono invece il risultato di lunghi sforzi rivolti alla semplificazione delle soluzioni pratiche. In questo senso sta lavorando un gruppo di maestri elementari e di insegnanti di Educazione Musicale nella scuola media, diplomati in canto. La loro ricerca è rivolta a trasformare i metodi di educazione vocale, messi a punto per il conservatorio, in metodi didattici, adatti ai diversi ordini scolastici.