MAURO UBERTI
Come individuare e ripetere i caratteri acustici altrui
Una laringe duttile il segreto dell'imitatore (*)
(*) Il titolo, redazionale, contraddice evidentemente a quanto detto poi nel testo.
Basta l'andamento finale dell'intonazione di una frase a cambiarne il significato. Ogni persona ha però un modo caratteristico di intonare il discorso, che l'imitatore coglie e riproduce a orecchio. Nel disegno a sinistra, la rappresentazione grafica convenzionalmente adottata negli studi di linguistica. Nel disegno di destra, la stessa rappresentazione trasformata in grafico continuo. |
Passeranno molti anni prima che sugli schermi televisivi ricompaia un altro Alighiero Noschese. Gli spettacoli di rivista continuano a proporre volonterosi imitatori della sua arte di imitatore, ma tutti si fermano al giochetto dello scimmiottamento derisorio del personaggio del momento senza giungere, attraverso l'approfondimento psicologico del singolo, alla creazione di caratteri universali, di stampo goldoniano, come egli sapeva fare.
Parlando di imitatori in genere e prima di
passare ai problemi di ordine artistico è inevitabile,
però, che ci poniamo quello più ovvio della loro
capacità di imitare la voce altrui. Dobbiamo forse
pensare che la Natura, avara e capricciosa, abbia dato a pochi
fortunati mortali una laringe capace di produrre più
voci lasciando a tutti gli altri la miseria di una voce
soltanto? Di primo acchito si direbbe di sì, ma forse
è il caso dì studiare più a fondo il
problema.
Ciò che colpisce più
immediatamente in un buon imitatore è la capacità
di contraffare il colore della voce; tuttavia non occorre molto
per verificare che il timbro è il tratto più
superficiale dell'identità vocale. È esperienza
quotidiana, per esempio, scambiare per un'altra la persona che
risponde al telefono, salvo accorgersi dell'errore dopo qualche
parola.
Viceversa è possibile non riconoscere
per tutta una telefonata il timbro di una voce, distorto dai
mezzi di trasmissione, ma identificare tuttavia l'interlocutore
dagli altri tratti della sua parlata. Il timbro, infatti, non
è che uno fra i quattro parametri del suono assieme
all'altezza tonale, all'intensità e alla durata.
Nella comunicazione verbale, però, le
quattro dimensioni acustiche assumono un valore linguistico. La
melodia prende valore sintattico (si pensi all'intonazione
ascendente finale di una frase interrogativa o discendente di
una frase affermativa), ma può variare a seconda della
provenienza regionale, degli stati emotivi e delle altre
condizioni psicologiche e fisiologiche di colui che parla.
Le variazioni di intensità, quali
sono gli accenti dinamici, assumono il compito di contribuire a
dare significato alle parole (si pensi all'opposizione fra
àncora e ancòra) e di dare enfasi a
parole e frasi importanti. La durata, poi, dei singoli fonemi,
sia vocali che consonanti, pur dipendendo dalla rapidità
generale del discorso, può prendere valore significativo
come nel caso di certe vocali inglesi (p. es.: bit (=pezzetto;
pron.: bit) e beat (=battito; pron: biit) - o delle
consonanti italiane semplici e doppie (p. es.: opposizione fra
cade e cadde).
Finalmente le variazioni del timbro
fondamentale della voce, realizzate secondo stereotipi
caratteristici per ogni lingua, (vedi "Il canto è un
accento straniero" in "Tuttoscienze,, n. 193 del
13-11-1985) vengono percepite come vocali o partecipano alla
complessa struttura acustica delle consonanti.
È dunque inevitabile identificare
l'abilità di un imitatore come l'attitudine, di tipo
tutto musicale, a individuare i caratteri acustici del discorso
altrui e a riprodurli come si riprodurrebbe una canzonetta
piuttosto che come a una dote eccezionale, di natura anatomica.
Del resto è un'abilità che, in misura maggiore o
minore, mostriamo tutti di possedere quando, nel raccontare una
favola a un bambino, alteriamo la voce per fare il Lupo.
Ciò non toglie che in realtà
qualcuno sia veramente avvantaggiato proprio dal punto di vista
vocale. È facile, ad esempio, per un uomo imitare una
donna parlando in falsetto mentre è impossibile per una
donna parlare con voce di basso come Sparafucile. Una voce
media - baritonale, cioè, o da mezzosoprano - può
più facilmente delle altre percorrere tutta (o quasi) la
gamma delle altezze tonali alzando a volta a volta il tono o
parlando come il "babau.
Queste attitudini fisiche e musicali non
bastano però a fare di un imitatore un artista. Questo
più alto livello estetico sarà raggiunto quando,
attraverso l'osservazione e l'indagine psicologica, egli
sarà riuscito a vedere l'oggetto della sua imitazione
come il personaggio di un copione teatrale, nel quale
identificarsi.
A questo punto, però, è
opportuno ridimensionare un po' la sua figura per prendere in
considerazione quella dello spettatore che, a questo tipo di
spettacolo, partecipa a sua insaputa come protagonista.
Bisogna ricordare, infatti, che, a
differenza di quanto avviene in una rappresentazione teatrale -
nella quale è scontato che il personaggio rappresentato
assuma i caratteri fisici e psicologici dell'attore - nel caso
dell'imitazione avviene il contrario. Anzi, è
indispensabile che il personaggio imitato sia già
conosciuto dallo spettatore in modo da poter poi essere
riconosciuto.
Il riconoscimento comporterà il
confronto dell'imitazione - presente agli occhi e alle orecchie
- con l'originale impresso nella memoria e la verifica dei
tratti comuni; poi sopravverrà l'integrazione dei
fenomeni visivi, acustici e mnemonici per ricostruire alla
mente l'illusione di qualcuno che, in realtà, sul palco
o sullo schermo non esiste.
Accadrà quindi che l'imitatore
apparirà tanto più bravo quanto più bravo
sarà lo spettatore a integrare i messaggi.