BERNARD BRAUCHLI

IL CLAVICORDO E LA SUA TECNICA


L'articolo: "Il clavicordo e la sua tecnica" è il resoconto del seminario tenuto da Bernard Brauchli il 27 luglio 1978 presso l'Istituto Musicale Comunale "Stanislao Cordero di Pamparato" durante il 10o ciclo di corsi estivi di musica antica.

Prima di cercare di isolare qualche idea fondamentale sopra l'interpretazione della musica del Rinascimento al clavicordo, vorrei presentarvi brevemente la storia di questo strumento.

Il clavicordo, come il pianoforte, il suo discendente diretto, non è che il perfezionamento di uno dei più semplici strumenti: un complesso di corde tese sopra una cassa di risonanza, che si colpiscono con dei piccoli martelli. Il clavicordo è nato certamente dal perfezionamento del monocordo, uno strumento più teorico che pratico, composto di una cassa di risonanza rettangolare sopra la quale si trova una corda unica. Nel corso degli anni, questo precursore del clavicordo fu dotato di corde supplementari e, infine, di una tastiera, probabilmente nel Trecento.

Pero, già nel Cinquecento non si conosceva il nome dell'inventore del clavicordo. Una tradizione molto dubbia l'attribuisce a Guido d'Arezzo (1000-1050). La parola "clavicordo" si trova per la prima volta nel 1404 nel "Minne Regal" di Eberhard Cersne, e la prima descrizione completa dello strumento figura nel trattato di Arnaut de Zwolle (verso il 1440). Il più antico clavicordo che si conosca è quello di Domenico da Pesaro, che data al 1543, adesso nel Museo dell'Università Karl Marx di Lipsia Il nome "monocordo" fu usato simultaneamente alla parola "clavicordo" riferito allo stesso strumento sino alla fine del Settecento e creando molta confusione per i lettori moderni.

Il meccanismo del clavicordo è semplicissimo. La coppia di corde è colpita da una piccola lama di metallo, chiamata "tangente", che è inserita perpendicolarmente alla leva che prolunga il tasto. Le tangenti sono generalmente di ottone. Compiono due funzioni fondamentali:

- 1. colpiscono le corde, e le fanno vibrare
- 2. dividono le corde in due parti (come le dita della mano sinistra del violinista).

Per evitare le vibrazioni non desiderate, la parte delle corde, che non determina il suono, viene ricoperta con una striscia di tessuto. Il tono del suono è determinato dal posto dove si colpisce la corda, e naturalmente anche dal suo diametro e dalla sua tensione.

Si possono distinguere due fasi nello sviluppo del clavicordo:

- un primo tempo, dalle origini dello strumento alla fine del Seicento. E' il periodo del clavicordo "legato", o, in tedesco, "gebunden".

- un secondo tempo, cioè il Settecento e il principio del Ottocento, nel quale si sono costruiti clavicordi "liberi", o "bundfreie Klavicorde".

All'inizio dell'evoluzione del clavicordo, più tasti colpivano la stessa corda, sino al massimo di quattro tasti per una corda, e il tono del suono era determinato dal posto in cui il tasto colpiva questa corda. Il nome "legato" proviene dalla tecnica del liuto.

Più tardi, il numero di corde fu aumentato. In questo periodo intermedio, i clavicordi avevano due tasti per corda. Più avanti, vedremo che questi saranno probabilmente i più interessanti.

E' solo nel Settecento, o alla fine del Seicento, che si sono costruiti clavicordi liberi, con una coppia di corde per ogni tasto.

Consideriamo adesso i vantaggi e gli svantaggi di questi due tipi di strumento.

E' naturalmente impossibile colpire simultaneamente con due tasti la stessa corda; ed è anche difficile colpire in rapida successione la stessa corda con tasti differenti. Perciò i compositori del Rinascimento evitano certi accordi e successioni, per esempio do-do diesis, mi bemolle-mi, fa-fa diesis, ecc., che erano sulle stesse corde. La soluzione di questo problema fu lo sviluppo del clavicordo libero; però anche questo strumento presenta alcuni inconvenienti:

- con l'aumento del numero delle corde aumenta la tensione totale che si esercita sulla tavola armonica per mezzo del ponticello e anche in modo centripeto sui due lati del clavicordo. Perciò fu necessario rinforzare la struttura di questi strumenti, che in questo modo diventarono più pesanti. Questo aumento di peso portò tuttavia pregiudizio al suono. In questo modo, ciò che il clavicordo libero aveva guadagnato dal punto di vista tecnico, lo perse nella qualità musicale. Inoltre i clavicordi, molto più pesanti e di dimensioni più ampie, erano meno facili da trasportare, e il numero maggiore di corde ha reso l'accordatura di questi strumenti più fastidiosa. Per queste ragioni, si continuò a costruire clavicordi legati fino all'inizio dell'Ottocento, contemporaneamente agli strumenti liberi.
Come ho detto prima, mi sembra che i clavicordi più interessanti siano stati gli strumenti della fine del periodo "legato", cioè della seconda metà del Settecento, e, in certi casi, dell'Ottocento. Questi strumenti erano ancora legati, però con solo due tasti per ogni corda. In questo modo, non si trovano che due semitoni cromatici sulla stessa corda. Questi strumenti permettono di interpretare un repertorio molto vasto, pur conservando dimensioni sufficientemente piccole, con un'ottima sonorità. I clavicordi costruiti in questo modo alla fine del Seicento avevano quattro ottave, compresa l'ottava corta. Nel Settecento si trovano strumenti legati con cinque ottave, fatti in Germania o nella penisola iberica, sui quali si può interpretare praticamente tutto il repertorio musicale fino alla fine del diciottesimo secolo. Siccome questi strumenti sono ancora legati, malgrado il fatto che abbiano cinque ottave, non hanno una tensione totale troppo grande, e perciò il loro suono è ancora molto bello. Hubert von Ansbach, uno dei migliori costruttori di clavicordi dell'Ottocento costruì diversi strumenti di questo tipo. Parecchi sono conservati nei musei di Basilea, di Edimburgo e in Germania.

Grazie alla sua sensibilità e alla sua forza di espressione, il clavicordo sopravvisse molti anni al clavicembalo. Il suo carattere s'adattava meglio che il clavicembalo agli ideali del "Empfindsamer Styl" (lo stile della sensibilità).

Cerco ora di presentarvi i problemi più importanti relativi all'interpretazione della musica al clavicordo.

Nel suo trattato intitolato "Libro llmado Arte de Tañer Fantasia", pubblicato in Valladolid in 1565, Fray Tomás de Santa Maria ci ha dato una descrizione molto interessante sul modo di colpire i tasti, e nel capitolo XV del suo trattato, intitolato "Del modo de herir las teclas", enuncia le sei regole seguenti:

1. - Si deve colpire i tasti con i polpastrelli delle dita in modo che le unghie non tocchino mai i tasti. Perciò si deve allungare le dita, formando una curva molto aperta. In questa maniera, le dita hanno un buon contatto con i tasti e non possono scivolare e fare dei rumori non desiderati. Inoltre, solo in questo modo il suono sarà dolce perché, come lui stesso dice, "la carne è morbida e perciò colpisce i tasti dolcemente".

2. - Si deve colpire i tasti velocemente e con slancio, in modo da ottenere presenza e spirito in tutte le voci.

3. - Le due mani devono colpire i tasti con la stessa forza.

4. - Si deve colpire i tasti da vicino e, dopo avere colpito un tasto, bisogna sollevare il dito di poco, altrimenti si perde molto tempo e non si può suonare velocemente e regolarmente. Le dita devono sempre colpire perpendicolarmente i tasti. La mano non deve muoversi. Inoltre, si deve colpire il tasto al suo estremo, cioè al punto più vicino all'interprete. Questa tecnica è molto più importante per un clavicordo che per un clavicembalo o un pianoforte; in questi ultimi, le leve sono così lunghe che se per ventura uno colpisse il tasto verso l'interno, gli rimarrebbe abbastanza spazio sino al suo punto d'appoggio per ottenere ancora una forza sufficiente.

5. - I tasti vanno abbassati tutti allo stesso livello, in modo da non cambiare il tono del suono.

6. - Si debbono lasciare le dita sui tasti con pressione costante, per le stesse ragioni.

Questi sei punti di Santa Maria sono importantissimi e ci danno una descrizione completa del tocco al clavicordo.

Vediamo adesso una particolarità del clavicordo: la possibilità di modificare il suono dopo aver colpito il tasto. Siccome la tangente del clavicordo rimane in contatto colla corda durante tutta la durata del suono, l'interprete può modificare leggermente il tono del suono; per far questo, basta premere più o meno sul tasto, in modo che la tangente tenda più o meno la corda, ottenendo un vibrato simile a quello del violino (e chiamato in tedesco "Bebung"). Santa Maria e anche gli altri teorici del Rinascimento non hanno menzionato questo vibrato. Perciò, molti musicologi moderni hanno concluso che i musicisti del Rinascimento mai adoperassero questa possibilità del clavicordo. Però, come afferma Macario Santiago Kastner nel suo articolo "Interpretacion de la musica hispanica para tecla de los siglos XVI y XVII", è molto più probabile che questi autori non abbiano provato la necessità di insistere su un punto che a loro sembrava così naturale. Dobbiamo ricordarci che il vibrato è una parte essenziale dell'espressione vocale e inoltre che il tremolo fu introdotto negli organi iberici già nel Cinquecento. Perciò sembra assolutamente impossibile che i musicisti rinascimentali abbiano voluto privarsi volontariamente di un mezzo espressivo cosi importante per il clavicordo. Certo, il vibrato non era d'uso costante, ma era sicuramente considerato come un ornamento, destinato a rilevare il valore espressivo di certe note.
Nel Settecento, un segno indicante l'uso del vibrato si trova nella musica per clavicordo: tre o quattro punti sotto una legatura. A volte, il numero di punti indicava con precisione quante battute si dovevano fare, oppure in altri casi il segno indicava semplicemente l'esecuzione di un vibrato. Carl Philipp Emanuel Bach parla della "Bebung" nella sua "Versuch uber die wahre Art, Klavier zu spielen". Tûrk, nel la sua "Clavierschule", pubblicata in 1789, dice che si può eseguire un vibrato solamente su un buon clavicordo, e che non si deve esagerare con l'uso di questo ornamento. Charles Burney, il famoso storico della musica, ci descrive il vibrato di Carl Philipp Emanuel Bach, che poté osservare quando visito il compositore durante un suo viaggio in Germania. Dice: "Nei movimenti patetici e lenti, quando aveva una nota lunga da esprimere, costringeva assolutamente il suo strumento a produrre un grido di dolore e di lamento, tale che solo si poteva ottenere su un clavicordo e che lui solo poteva produrre".
E' questa leggera variazione nel tono del suono che dà al clavicordo la sua anima: il suono può vibrare come una voce turbata dall'emozione.
La Bebung si ottiene dunque con una leggera modificazione del peso del dito sul tasto, che non deve essere troppo rapida. Conviene lasciare dapprima il suono svilupparsi, e solo dopo cominciare a muovere leggermente la mano dall'alto al basso (e non lateralmente come nel violino).

Vediamo adesso un altro punto importante: l'esecuzione di note legate. Il suono del clavicordo è di durata più corta che quello del clavicembalo e naturalmente di quello dell'organo. Perciò, quando s'interpreta musica scritta indifferentemente per l'uno o per l'altro di questi strumenti, bisogna ricolpire il tasto per rappresentare le note prolungate, in modo che si possano sentire. La stessa tecnica si usa per le discordanze e le sincopi. Luys Venegas de Henestrosa menziona questo punto nel suo 'Libro de Cifra Nueva".

L'esecuzione degli accordi presenta anche un problema per il clavicordo. In generale direi che non c'è bisogno di arpeggiare così spesso al clavicordo come al clavicembalo. Infatti, una delle ragioni per arpeggiare al clavicembalo è di evitare un attacco troppo violento di più note simultaneamente, perché altrimenti non si può controllare il volume dinamico. Al contrario, l'interprete può variare l'attacco al clavicordo e con ciò può "ammortizzare" lo "choc" troppo violento di più tasti. In questo modo, l'arpeggiare diventa per il clavicordo più ornamento che necessità tecnica, in modo da essere usato solo dove l'espressione musicale della linea melodica lo richiede.

Prima di concludere questa breve presentazione dei problemi basilari dell'interpretazione al clavicordo, vorrei ancora farvi rilevare due punti essenziali: la densità dell'ornamento e il tempo musicale. Non c'è nessun dubbio che la densità dell'ornamento deve adattarsi alle caratteristiche dello strumento. In modo generale, direi che il clavicordo non richiede un'ornamentazione cosi densa come quella del clavicembalo. Il clavicordo è uno strumento soprattutto melodico ed espressivo; uno strumento sul quale l'interprete deve sentire ogni nota di musica. Non deve mai dimenticare di "pronunciare" la musica. Un'ornamentazione troppo densa tenderebbe a rendere confuso il significato del pezzo. Lo scopo degli ornamenti è di sottolineare l'espressività di una linea musicale: il clavicordo non abbisogna di tanti ornamenti come il clavicembalo.

Riguardo al tempo, Correa di Arauxo diceva che si deve suonare un pezzo a un tempo adatto alle possibilità tecniche dell'interprete e dello strumento. Il meccanismo del clavicordo non permette la velocità che si può ottenere con il clavicembalo. Il suono ha bisogno di un tempo minimo per realizzarsi. Un tempo troppo rapido si ottiene solo a detrimento della qualità sonora.


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