2. Il coordinamento pneumofonico
Stante la mia costituzione fisica di
longilineo, la mia respirazione spontanea è di tipo costo-apicale1.
Ne consegue che nella fase espiratoria della respirazione sono indotto a
contrarre la parte epigastrica della muscolatura addominale dividendo la
pressione sulla massa dei visceri in due direzioni: una orientata in alto verso
la gabbia toracica e l’altra in basso verso il bacino. Questo tipo di
comportamento respiratorio, oltre a ridurre il sostegno meccanico a tutto
l’apparato respiratorio, determina una contrattura delle corde vocali più o meno
intensa e costante2, ma analoga a quella che si forma quando ci si
mette sotto sforzo per sollevare un peso.
Nel 1962 incominciai ad insegnare
Matematica e Osservazioni scientifiche nella scuola media e cercai di farlo
parlando ad alta voce per farmi sentire bene dagli allievi. Vociferando nelle
condizioni respiratorie che ho detto, in capo ad una ventina di giorni mi
ritrovai completamente afono.
Nell’immediato feci fronte al problema
parlando con voce bisbigliata – la sola rimasta – in un microfono e rendendo
percettibili i miei sussurri con un amplificatore. Contemporaneamente mi
rivolsi alla foniatria, ma il solo specifico rimedio che mi fu dato furono
delle sedute ambulatoriali nelle quali dovevo tenere un vibratore applicato
alla laringe per rinforzare con una sorta di ginnastica forzata le corde
vocali. I risultati erano praticamente nulli.
Compresi che dovevo trovare io una
soluzione e, essendo un biologo e avendo meditato sui sotto-problemi dei quali
il mio problema vocale poteva essere composto, giunsi finalmente al Servizio di
Fisiologia respiratoria dell’Università di Torino dove conobbi Miss Gladys Storey, la docente del corso di Aggiornamento di tecnica
della riabilitazione respiratoria del Centro toraco-polmonare dell’Università
di Torino. Miss Storey mi diede una visione
completa della meccanica respiratoria e mi consigliò gli esercizi di ginnastica
presentati nel Manuale di fisioterapia toraco-polmonare di
Felice Viglione3. Praticai quegli esercizi e progressivamente la
voce tornò. Intanto, istruito da quanto avevo imparato sul manuale, andavo
esplorando il mio corpo per sensazioni, scoprivo per tentativi ed errori i
rapporti che esistono fra la meccanica respiratoria e quella fonatoria ed
imparavo a sostenere l’attività della mia laringe manovrando nel modo opportuno
la muscolatura corporea. Realizzavo cioè con il controllo consapevole l’accordo
pneumofonico spontaneo che la natura non mi aveva dato.
Nel 1973 cambiai mestiere e divenni
insegnante al Conservatorio di Pesaro4; poi, nel 1977, approdai al
Conservatorio di Parma dove dopo due anni, stante il carattere sperimentale del
Liceo del Conservatorio nel quale mi ero trovato ad insegnare, proposi al
direttore del Conservatorio, m° Piero Guarino, di istituire un corso
sperimentale di canto sulla base della mia esperienza vocale. Egli acconsentì e
dal 1979 il Liceo fu dotato di un corso denominato Pre-canto,
che ebbe caratteristiche diverse da quelle dei corsi normali di Canto, nei
quali si insegna specificamente canto lirico. Due caratteristiche distintive
del corso erano quella di ammettervi allievi iscritti al primo anno di liceo –
cioè ragazzi, sia maschi che femmine, dell’età di 14 anni mentre l’età minima
di ammissione ai corsi normali di Canto di conservatorio era ed è di 16 anni
per le donne e di 18 per gli uomini – nonché quella di non sottoporli ad una
selezione vocale di ammissione al corso nell’ipotesi di lavoro che nello
svolgimento del corso fosse possibile far loro costruire il coordinamento
pneumofonico necessario a cantare5. Mia fortuna fu quella di avere
come collega di Educazione fisica Angelo Morandi, insegnante di ginnastica in
possesso di una laurea in medicina6. Egli aveva capito perfettamente
il problema e diede piena collaborazione al mio esperimento con un corso di
ginnastica respiratoria fatto su misura per allievi cantanti7.
Nei primi anni ’80 del secolo scorso fui
invitato dal prof. Melchiorre Masali, titolare
della cattedra di Antropologia ed antropometria dell’ISEF8 di
Torino, a tenere dei seminari sulla ginnastica respiratoria in relazione alla
voce e ne seguì un incarico quale relatore di un certo numero di tesi
sull’argomento. Le tesi, tutte a carattere sperimentale, prendevano di volta in
volta in esame specifiche e diverse categorie di professionisti della voce:
insegnanti, cantanti, attori, ecc.9Anche in questo caso i risultati
pratici delle tesi contribuirono a mettere in evidenza i vantaggi di un
corretto accordo pneumofonico nell’uso professionale della voce.
Avendo collaborato, dal 1982 al 1988,
con «Tuttoscienze», supplemento settimanale di divulgazione scientifica del quotidiano La
Stampa, che pubblicò una serie di miei articoli
sulla voce, fui richiesto da alcuni lettori di interventi di vario tipo –
seminari, corsi di aggiornamento o vere e proprie lezioni individuali –
nell’ambito dei quali ebbi modo di fare ulteriori e più varie esperienze.
Intanto procedevo nell’esplorazione del
mio corpo per sensazioni; esplorazione che si andava estendendo perché, sia la
sperimentazione metodica con i miei allievi, sia gli spunti per l’osservazione
che avevano origine da eventi occasionali, mi portavano a scoprire aspetti
nuovi del coinvolgimento di tutto il corpo nell’emissione della voce.
Come la medicina dello sport ha
perseguito e persegue conoscenze utili anche nella medicina ordinaria
osservando il comportamento del corpo in condizioni di impegno particolari,
così l’osservazione e la sperimentazione nell’ambito dell’insegnamento del
canto – attività, questa, nella quale l’emissione della voce è il risultato di
comportamenti muscolari più impegnativi di quelli in uso nella voce parlata –
possono mettere in evidenza fatti e comportamenti fisiologici che nella
quotidianità sfuggono. Fondamentale, nel mio caso, la comprensione
dell’interazione fra la muscolatura articolatoria e quella respiratoria nella
produzione della voce nonché, di conseguenza, degli effetti di tale interazione
sulla struttura acustica di questa.
1. Devo aggiungere di aver scoperto più
tardi di essere anche affetto da reflusso gastro-esofageo, ma a quei tempi
nessun medico prese nemmeno in esame questa possibilità. Del resto, se devo
giudicare dalle date delle pubblicazioni mediche che trattano degli effetti del
riflusso gastroesofageo sulla voce, la foniatria si occupa della relazione tra
queste due funzioni fisiologiche soltanto da poco più di una trentina d’anni.
2. Contrattura detta in foniatria
«ipercinesia vocale».
3. Viglione (1959); Storey (1979).
4. Parallelamente alla mia attività
scientifica e didattica avevo intanto svolto attività concertistica come
direttore di un sestetto madrigalistico e l’avevo accompagnata con ricerche nel
campo della vocalità antica.
5. Sul perché di questa scelta cfr.
Uberti (1986).
6. Angelo Morandi, studente di medicina
in tempo di guerra, aveva perso l’udito per le lesioni ai timpani subite a
Voghera dove i tedeschi l’avevano portato a scaricare un treno di munizioni
che, mentre lui lavorava, era esploso per un bombardamento. Era riuscito
tuttavia a laurearsi, ma, essendo rimasto sordo, dato che a quei tempi la timpanoplastica era una pratica ancora rudimentale,
non aveva potuto fare il medico. Si era quindi riciclato come insegnante di
Educazione fisica occupandosi comunque della riabilitazione dei bambini
mutilati di guerra. La ricostruzione chirurgica dei suoi timpani era avvenuta
quando era ormai tardi per mettersi a fare il medico.
7. Cfr. Morandi (1985).
8. L'ISEF (Istituto Superiore di
Educazione Fisica) era l’istituto di istruzione superiore che, a partire dal
secondo dopoguerra, formava gli insegnanti di Educazione fisica tramite corsi
triennali che rilasciavano un diploma post-secondario. A partire dal 1998, dopo
la riforma che ha reso obbligatoria la laurea per insegnare nelle scuole, ne
hanno assunto le funzioni i corsi di laurea in scienze motorie.
9. Cfr., e.g., Bottero (1983).