MAURO UBERTI
L'affascinante cammino della parola nell'uomo
Quando si alzò in piedi
scoprì di avere una voce
Nel momento in cui il canale vocale si
è piegato,
la produzione di suoni ha cominciato a sostituire i segnali
mimici
"Tuttoscienze", La Stampa - Anno 116 - n° 16 - Mercoledì 20 gennaio 1982
Dai tempi di Cartesio in poi il linguaggio era stato considerato con orgoglio una delle caratteristiche esclusive della nostra specie, ma oggi anche l'uomo della strada è stato disilluso sulla conservazione di questo privilegio - che era uno dei pochi motivi di orgoglio razziale che ci restassero - dai recentissimi articoli apparsi sui giornali a proposito della capacità di comunicazione delle Scimmie.
Sappiamo, infatti, che un seguito di esperienze, condotte a partire dagli anni Trenta con criteri diversi, ha dimostrato nello Scimpanzè una certa capacità di astrazione e di comunicazione a gesti o per mezzo di simboli grafici. Parallelamente altre ricerche dimostrano che questa Scimmia è in possesso di una discreta abilità fonetica. Tuttavia lo Scimpanzè, benché a versacci sia di una loquacità quasi umana e benché dimostri di arrivare a capire un centinaio di parole, non parla. Perché?
La spiegazione più semplice e di ordine neurologico. Nell'uomo, ancora nel secolo scorso, furono identificate due aree deputate rispettivamente al controllo dei movimenti della lingua e delle labbra e al collegamento fra parola e concetto. Queste acquisizioni sono state poi confermate e ampliate e oggi si sa che nel cervello umano esistono dei centri specificamente linguistici, collocati nell'emisfero dominante. Nelle Scimmie, invece, questi centri non si sono formati e, di conseguenza, manca loro la possibilità di tradurre in linguaggio fonetico le capacità di comunicazione di cui, come si è visto, sono in possesso.
Questa spiegazione, tuttavia, non fa che spostare il problema e non dice quale sia la spinta evolutiva che ha portato, nell'uomo, alla formazione dei suoi dispositivi neurali mentre non è avvenuto altrettanto nelle Scimmie. La risposta che cerchiamo può però essere trovata nell'evoluzione dell'apparato buccale in seguito al passaggio alla stazione eretta, tenuto conto della funzione del canale vocale nella produzione della parola.
Le vocali non sono altro che modificazioni del suono generato dalla laringe. La voce percorre il canale vocale e questo, che in bocca e nella gola si allarga in due grandi cavità, la modella a seconda della loro risonanza che, a sua volta, dipende dall'ampiezza che l'atteggiamento della lingua ha loro dato. Le consonanti poi, sono costituite da ulteriori alterazioni, date da occlusioni del canale vocale, che modificano per tempi brevissimi le vocali così prodotte.
Perché un sistema di segnali possa essere usato come codice in modo economico occorre anzitutto che questi siano distinti e invariabili. In effetti i segnali vocali emessi dall'uomo rispondono a queste esigenze. Con il passaggio alla stazione eretta il canale vocale si è piegato ad angolo retto dividendosi, come si è detto, in due grandi cavità mentre quella faringea in particolare si e ampliata sensibilmente. Queste condizioni consentono all'uomo la produzione spontanea e senza sforzo di suoni distinti e costanti. Basta, infatti, per esempio, spingere in avanti o retrarre completamente la lingua durante l'emissione di un suono per ottenere, anche senza volerlo, una "i" e una "u".
È ragionevole pensare che la disponibilità di un materiale fonetico di questo tipo, a così buon mercato energetico per quanto riguarda lo sforzo intellettuale, sia stato stimolo ad affiancare, dapprima, e a sostituire, poi, i segnali mimici con quelli acustici. Gli esseri capaci di produrre questi suoni stabili, devono aver avuto un vantaggio su quelli che non lo potevano e vi deve pertanto essere stato un fenomeno di selezione che favoriva gli individui i cui centri nervosi consentivano una maggiore abilità fonetica.
Tutto questo nelle Scimmie non è avvenuto benché le potenzialità nervose necessarie esistessero. Da esperimenti fondati sulla stimolazione, per esempio, si sa che la stessa area del cervello che nell'uomo presiede ai movimenti articolati in esse è connessa alla laringe e alla lingua. Ma chi ha modo di osservare uno Scimpanzè allo zoo, può verificare come il suo repertorio fonetico sia povero e davvero poco stimolante. Il profilo del suo canale vocale e la geometria del suoi muscoli articolatori non gli consentono di più e probabilmente questo suo limite fisico lo è anche per la sua evoluzione nervosa e intellettuale.
Schema del canale vocale di uno Scimpanzè adulto. Il canale non è ancora diviso in due cavità ben distinte. Inoltre risulta quasi rettilineo, soprattutto tenendo conto che emettendo dei suoni lo Scimpanzè tende ad alzare il capo. Il repertorio fonetico risulta perciò molto povero non potendo differenziare i suoni. |
Schema del canale vocale di un Uomo adulto. La stazione eretta ha determinato nell'Uomo il piegamento del canale vocale ad angolo retto e la discesa della laringe nel collo fino a determinare un'ampia cavità laringea, che con quella buccale, consente la formazione di vocali ben differenziate l'una dall'altra. |