LO STUDIO DELL'APPARATO UDITIVO E LE TEORIE DELL'AUDIZIONE NELLA STORIA. Fino alla fine del sec. XV le conoscenze sull'anatomia e la fisiologia dell'udito umano furono limitatissime e l'otologia fu oggetto piuttosto di ricerche speculative di carattere magico, mistico o filosofico. Non sembri sorprendente che Platone (427-347 a.C.), per esempio, identificasse nel fegato, sede dell'anima, anche la sede dell'udito. All'incirca negli stessi anni, tuttavia, Ippocrate (460 ca - 377 a.C.) descriveva per primo il timpano (De carnibus) in termini medico-razionall. Da allora, lo studio anatomico dell'orecchio non fece per lunghi secoli se non pochissimi progressi, consistenti essenzialmente in descrizioni dell'orecchio esterno. Lo stesso Aristotele (384-322 a.C.), analizzando l'apparato uditivo, si limita a descrivere il padiglione e il condotto esterno, sostenendo che il fenomeno uditivo si svolge in una cavità dell'orecchio completamente chiusa e ripiena d'aria ("aer innatus"). Due teorie aristoteliche unite - quella del funzionamento dell'orecchio e quella del suono secondo il principio dell'analogia (la vibrazione dell'aria può trasmettersi soltanto all'aria) - ebbero valore dogmatico fino a D. Cotugno (si veda più avanti). Un progresso fu segnato da Galeno (129-201 d.C.), al quale si deve l'affermazione che il nervo acustico è l'organo di "trasmissione" delle impressioni sonore al cervello; ma dopo di lui la tarda latinità e il medioevo non aggiunsero alle conoscenze otologiche che progressi insignificanti. Alla fine del '400, con l'avvio della dissezione sistematica del corpo umano, si fecero scoperte sull'orecchio di qualche valore. Il primo a raffigurare il martello e l'incudine fu Andrea Vesalio (1514-64) nei De humani corporis fabrica libri septem (Basilea, 1543). Tre anni dopo Giovanni Filippo Ingrassia (1510-80), suo allievo, scopriva la staffa. Gabriele Falloppio (1523-62) compì la prima descrizione corretta del timpano, delle sue connessioni con gli ossicini dell'udito e dell'impalcatura ossea dell'orecchio interno, nel quale distinse labirinto e chiocciola, cui diede appunto questi nomi. Realdo Colombo (1516-59) nel settimo dei suoi De re anatomica libri XV (Venezia, 1599) parlò per primo dei vasi dell'orecchio interno mentre Costanzo Varolio (1543-75) nei suoi Anatomiae... libri IV (Francoforte, 1591) descrisse il muscolo stapedio. L'olandese Volcher Colter (1534-1600) scrisse il primo trattato dedicato esclusivamente all'apparato uditivo, il De auditus instrumento. Bartolomeo Eustachio (1500/1510?-74) fu uno dei più grandi otologi di tutti i tempi: studiò, fra l'altro, la tuba che porta il suo nome. Giulio Casserio (1561-1616) trattò l'embriologia dell'orecchio (De vocis auditusque organis historia anatomica, Ferrara, 1600).
Dopo gli studiosi di anatomia italiani del sec. XVI la figura di maggior spicco è quella del francese Guichard-Joseph Duverney (1648-1730) che, nel suo Traité de l'organe de l'ouie, contenant la structure, les usages et les maladies de l'oreille (1683) elaborò una prima teoria dell'udito fondata sul principio della risonanza. La scoperta del liquido contenuto nel labirinto osseo, compiuta da Domenico Cotugno (1736-1822) e pubblicata nel 1760 nella sua De aquaeductibus auris humanae internae anatomica dissertatio, smantellò gli ultimi residui delle teorie aristoteliche ancora persistenti. Le ricerche di Antonio Scarpa (1752-1832) sul labirinto membranoso, l'endolinfa e il tragitto acustico dall'orecchio interno al cervello (Disquisitiones anatomicae de auditu et olfactu, Pavia, 1789) conclusero il periodo storico dello studio dell'orecchio attuato con i metodi dell'anatomia macroscopica. Con quelli dell'istologia, Alfonso Corti (1822-76) scoprì l'organo spirale che prese il suo nome (Recherches sur l'organe de l'ouie des mammifères, 1851). Le sue scoperte furono completate da Ernst Reissner (1824-78, nel De auris internae formatione, Dorpat, 1851). Sulla base di queste conoscenze H. von Helmholtz (1821-74) elaborò la sua teoria della risonanza (Trattato delle sensazioni sonore come fondamento fisiologico della teoria musicale, 1863), sostenendo che ogni singolo suono semplice fa entrare in vibrazione un determinato settore del sistema di risuonatori costituiti dalle fibre radiate della membrana basilare. Secondo W. Rutherford, invece, l'apparato cocleare svolgerebbe soltanto le funzioni di una membrana microfonica mentre le funzioni di analizzatore verrebbero svolte dal cervello (1886). Finalmente Georg von Békésy verso il 1940 riuscì ad osservare direttamente al microscopio i moti interni dell'apparato cocleare, descrivendoli come risulta dalla trattazione che segue.
Fig. 1 . Sezione dell'apparato uditivo: 1 padiglione, 2 condotto uditivo esterno, 3 osso temporale, 4 membrana del timpano, 5 cassa del timpano, 6 tromba di Eustachio, 7 martello, 8 incudine, 9 staffa, 10 apparato vestibolare, 11 apparato cocleare, 12 nervo acustico. |
ANATOMIA DELL'APPARATO UDITIVO. La funzione nervosa di relazione, che consente la percezione del suoni, viene globalmente definita come senso dell'udito. Essa si realizza in più momenti che sono: la ricezione delle onde sonore, la loro trasformazione in impulsi nervosi e, infine, l'elaborazione di questi a livello cerebrale. Gli organi necessari alla realizzazione delle prime due costituiscono l'apparato uditivo (fig. 1).
Orecchio esterno. La prima fase della ricezione dei suoni è la captazione delle onde sonore per mezzo del padiglione che le convoglia nel condotto uditivo esterno. L'insieme di questi due organi viene indicato come orecchio esterno.
Fig. 2. Orecchio medio: 1 legamento posteriore dell'incudine, 2 incudine, 3 martello, 4 timpano, 5 legamento anteriore del martello, 6 processo lungo dell'incudine, 7 staffa; con la linea tratteggiata è indicato l'asse che rappresenta il perno del bilanciere. |
Orecchio medio. Al fondo del condotto uditivo esterno - tubo cilindrico in parte compreso nei tessuti molli del capo e in parte scavato nell'osso temporale - si trova una membrana detta timpano. Essa, tesa come quella dello strumento musicale da cui prende il nome, è saldata tutto attorno al margine interno del condotto uditivo prima che esso si allarghi nella cassa del timpano, cameretta scavata nello spessore dell'osso temporale e destinata ad accogliere l'orecchio medio. È, questa, la sezione dell'apparato uditivo che ha il compito di accoppiare l'ambiente aereo esterno col nostro sistema nervoso. È composta anzitutto dalla membrana timpanica che, oltre a costituire l'elemento di confine tra il nostro corpo e l'esterno, svolge le funzioni di una membrana microfonica. Essa può vibrare liberamente sotto l'azione delle onde sonore anche perché l'equilibrio della pressione atmosferica sulle sue due facce è garantito dalla tromba di Eustachio, condotto che, partendosi dalla cassa timpanica, la mette in comunicazione con il retrobocca. Il timpano è poi collegato per mezzo di un bilanciere allo stantuffo di un sistema idraulico, capace di generare impulsi nervosi (cfr. più avanti orecchio interno). Questo bilanciere è costituito a sua volta da due ossicini, il martello e l'incudine, così chiamati da Andrea Vesalio nel 1543, il primo per la sua forma e il secondo per una supposta analogia di funzione con l'omonimo arnese del fabbro: essi sono uniti fra di loro a formare un angolo dal cui vertice si staccano in direzioni opposte due legamenti elastici - il legamento anteriore del martello e il legamento posteriore dell'incudine - che ne costituiscono il perno (fig. 2).
All'estremità del processo lungo dell'incudine si articola infine la staffa (così chiamata per la rassomiglianza con l'omonimo attrezzo equestre) che costituisce lo stantuffo di cui sopra. Le oscillazioni del sistema sono ammortizzate da due muscoli: il muscolo tensore del timpano, che si inserisce sul martello e il muscolo stapedio, che agisce sulla staffa (quest'ultimo, in particolare, è il più piccolo muscolo del corpo umano).
Orecchio interno. Questo complesso sistema di trasmissione dei suoni ha il suo sbocco finale nella finestra ovale, inserita sulla quale agisce a mo' di pistone, come abbiamo detto, la staffa. La finestra ovale è la via di accesso all'orecchio interno, scavato nell'osso temporale e nel quale, assieme all'apparato cocleare, costituito dalle strutture deputate all'udito, troviamo l'organo del senso dell'equilibrio, detto apparato vestibolare. In questa sede ci occuperemo esclusivamente del primo.
Fig. 3. Sezione trasversale del canale cocleare: 1 rampa vestibolare, 2 dotto cocleare, 3 rampa timpanica, 4 membrana di Reissner, 5 lamina spirale ossea, 6 nervo acustico, 7 membrana tectoria, 8 organo del Corti, 9 membrana basilare. |
L'apparato cocleare è così chiamato perché è contenuto in una galleria scavata a spirale attorno ad un asse conico, il modiolo, per due giri e un quarto; essa, rassomigliando molto alla conchiglia di una chiocciola, viene detta coclea dal nome latino dl quest'animale. Viste in sezione (fig. 3), le spire della coclea hanno un aspetto simile a quello di un tramezzino dove il "pane" è costituito dal profilo di due rampe parallele, ripiene di un liquido chiamato perilinfa (= liquido esterno) e il "companatico" da una struttura molto complessa, a sezione triangolare, il dotto cocleare, ripieno a sua volta di un liquido chiamato endolinfa (= liquido interno). Delle due rampe, quella superiore, detta vestibolare, comunica con l'orecchio medio per mezzo della finestra ovale chiusa dalla staffa: quella inferiore, detta timpanica, comunica parimenti con la cassa del timpano per mezzo di un'apertura detta finestra rotonda, chiusa da una membrana.
Fig. 4. Il meccanismo di trasmissione delle vibrazioni della membrana del timpano alla coclea: 1 le onde sonore colpiscono la membrana del timpano mettendola in vibrazione, 2 gli ossicini vibrano solidalmente, 3 la staffa si sposta avanti e indietro entro la finestra ovale, 4 le onde sonore vengono trasmesse alla scala vestibolare attraverso la mediazione della perilinfa in essa contenuta, 5 onde brevi (alta frequenza, alto periodo) agiscono alla base della coclea, 6 onde lunghe (bassa frequenza, basso periodo) agiscono all'apice della coclea, 7 attraverso l'endolinfa del condotto cocleare le onde sono trasmesse dalla scala vestibolare alla scala timpanica, 8 le onde percorrono in senso discendente la perilinfa della scala timpanica, 9 l'impatto dell'onda sulla membrana della finestra rotonda sposta avanti e indietro la membrana stessa in opposizione di fase rispetto al movimento della staffa nella finestra ovale (da Netter, modificato e ridisegnato secondo Oliverio). |
Il dotto cocleare, a sua volta, ha un tetto formato dalla membrana di Reissner e un pavimento composto in parte dalla lamina spirale ossea, che corre come un balconcino sporgente dal modiolo per tutta la lunghezza delta coclea e, per il resto, dalla membrana basilare, che giunge a collegarsi alla parete esterna della coclea. La coclea. inoltre, non è divisa in tre sezioni per tutta la sua lunghezza poiché la rampa vestibolare e quella timpanica si ricongiungono all'apice della spirale per mezzo di un'apertura chiamata elicotrema (= forame della spirale). Se le si srotola, la rampa vestibolare e quella timpanica mostrano di essere, cioè, un unico manicotto idraulico, che percorre e ricopre su due facce il dotto cocleare ripiegandosi su di esso alla sua estremità (fig. 4).
Adagiato sulla membrana basilare e disteso su di essa per tutta la sua lunghezza si trova l'organo del Corti (fig. 5), sovrastato e ricoperto per la maggior parte della sua larghezza dalla membrana tectoria, che si protende come una pensilina "incernierata" tutto attorno all'asse della coclea, come, del resto, la membrana basilare (l'immagine della "cerniera" è utile ai fini esplicativi, ma in realtà si deve parlare più correttamente di flessibilità delle due membrane).
Fig. 5. Organo del Corti: 1 membrana reticolare, 2 cellule acustiche esterne, 3 ciglia acustiche, 4 cellule acustiche interne, 5 membrana tectoria, 6 membrana basilare, 7 lamina ossea, 8 fibre del nervo acustico. |
L'organo del Corti ha la struttura cellulare che appare schematicamente dalla figura 5. In essa, tuttavia, si deve osservare la presenza di un doppio ordine di cellule acustiche ciliate, interne ed esterne, il cui numero complessivo si aggira sulle 20.000. Le ciglia o peli acustici di queste cellule attraversano la membrana reticolare che costituisce lo strato superficiale dell'organo del Corti e vanno a toccare la faccia inferiore della membrana tectoria. Le cellule acustiche, infine, sono in contatto con cellule nervose poste all'interno del modiolo, le cui diramazioni attraversano lo spessore della lamina spirale ossea fino a raggiungere l'organo del Corti. Queste cellule fanno parte del nervo acustico (VIII paio di nervi cranici) che, passando per il foro acustico interno, attraversa la parete del cranio e raggiunge i nuclei acustici del bulbo dell'encefalo. Di qui ha inizio la via acustica centrale che, dopo vari passaggi, giunge finalmente all'area acustica della corteccia cerebrale.
FISIOLOGIA DELL'UDITO. Torniamo ora a prendere in esame l'apparato uditivo nel suo comportamento fisiologico.
Orecchio esterno. L'orecchio esterno non si limita alla captazione passiva dei suoni: il padiglione favorisce la valutazione della direzione di provenienza mentre il condotto uditivo esterno, comportandosi da risuonatore, rinforza le frequenze attorno ai 3000 hertz (cioè alle 3000 vibrazioni complete al secondo), regione tonale che corrisponde a quella di massima sensibilità dell'udito umano.
Orecchio medio. L'orecchio medio è destinato a trasmettere le vibrazioni acustiche dell'aria all'orecchio interno accoppiando l'ambiente aereo esterno a quello idraulico dell'orecchio interno e ciò può avvenire perché gli ossicini, appesi alle pareti della cassa timpanica per mezzo dei vari legamenti e dei due muscoli, oscillano a loro volta come precedentemente descritto. Tuttavia, poiché la densità della perilinfa, su cui agisce la staffa, è molto maggiore di quella dell'aria che agisce sul timpano, gran parte dell'energia acustica che preme sulla finestra ovale verrebbe riflessa se l'orecchio medio non si comportasse da adattatore di impedenza, compiendo due importanti trasformazioni: a) la catena degli ossicini riduce l'ampiezza delle oscillazioni del timpano con un'azione riconducibile a quella di una leva di primo genere, motivo per cui i movimenti della staffa sono da 1,3 a 3 volte più piccoli di quelli della membrana timpanica; b) poiché il timpano ha un contorno ellittico, i cui assi hanno in media le dimensioni di 12 x 16 mm, mentre quelle della finestra ovale si aggirano sui 2 x 5 o 6 mm, la pressione agente su questa risulta aumentata fra 15 e 30 volte. A questo aumento di pressione si deve aggiungere, inoltre, quello derivante dal comportamento da leva della catena degli ossicini. Quando, nonostante la riduzione di ampiezza delle oscillazioni della staffa, l'orecchio interno deve essere protetto da intensità sonore troppo forti, il muscolo del martello e lo stapedio entrano in contrazione aumentando la rigidità del sistema e comportandosi da meccanismo di protezione.
Orecchio interno. Nell'orecchio interno le oscillazioni della staffa si traducono in altrettanti movimenti della perilinfa. Ciò è possibile, nonostante la minima compressibilità dei liquidi, grazie all'elasticità della membrana della finestra rotonda, che, cedendo, ne compensa gli spostamenti. Il comportamento elastico dell'apparato cocleare cambia, però, al variare della velocità delle sollecitazioni. Le vibrazioni della staffa, infatti, determinano nel liquido perilinfatico delle onde che raggiungono ampiezza massima a distanza diversa dalla finestra ovale a seconda della loro frequenza. Si ha, cioè, che le alte frequenze (= onde corte) determinano delle onde che raggiungono il massimo della loro ampiezza vicino all'entrata della rampa vestibolare mentre le basse frequenze (= onde lunghe) ottengono lo stesso effetto soltanto in cima alla spirale, vicino all'elicotrema. Tale fenomeno si spiega con il comportamento della perilinfa alle sollecitazioni della staffa. Quando le frequenze sono acute, la staffa si muove molto rapidamente imprimendo al liquido impulsi altrettanto veloci. Poiché questo ha una certa inerzia, la porzione del dotto cocleare, posta vicino alla finestra ovale, cede deformandosi prima che la perilinfa abbia avuto il tempo di scorrere lungo le due rampe cocleari fino alla finestra rotonda, dove gli spostamenti del liquido vengono assorbiti dall'elasticità della membrana. Se, invece, i movimenti della staffa sono più lenti, come avviene in presenza di suoni bassi, l'onda generata dalla pressione della staffa sulla finestra ovale riesce a raggiungere il suo massimo di ampiezza più avanti, in prossimità dell'elicotrema, prima che lo spostamento della perilinfa smorzi la sollecitazione. In tutti i casi l'onda formatasi nella perilinfa provoca la deformazione del dotto cocleare nel suo insieme e quindi anche della membrana basilare, sulla quale poggia l'organo del Corti, che porta le ciglia delle cellule acustiche, in esso impiantate, a premere contro la membrana tectoria. La deformazione che ne consegue è causa di scariche di eccitazione, che, raccolte dalle terminazioni nervose che avvolgono le cellule acustiche, vengono incanalate lungo il nervo acustico.
TEORIE DELL'AUDIZIONE. La capacità dell'orecchio di analizzare le frequenze dei suoni ha avuto diverse interpretazioni:
a) teoria dei risuonatori di Helmholtz: le fibre della membrana basilare, diverse per lunghezza e tensione, entrerebbero in vibrazione per risonanza a seconda della frequenza dei suoni ricevuti;
b) teoria microfonica di Rutherford: l'apparato cocleare svolgerebbe soltanto la funzione di un microfono, mentre le funzioni di analizzatore verrebbero svolte dal cervello;
c) teoria idrodinamica o spaziale: corrisponde alla descrizione fisiologica precedente e, attualmente, è la più accettata. Le vibrazioni della staffa generano delle onde che si propagano lungo la chiocciola deformando la membrana basilare e provocando la formazione di scariche di eccitazione, dovute all'impatto delle ciglia acustiche contro la membrana tectoria. La regione della membrana basilare, che entra in vibrazione dipende dall'altezza delle frequenze: iniziale per quelle acute, media per quelle medie e apicale per quelle basse.